Patricia

di Patricia Mtungila

La prima volta che ho sentito il termine ICT4D (Tecnologie della Comunicazione e dell’Informazione per lo sviluppo) è stato a maggio 2014 durante la Terena Networking Conference a Dublino. Uno dei partecipanti aveva dichiarato di occuparsi di ICT4D e a me, che non ero certo una smanettona, era sembrata una “cosa da nerd“. All’epoca i discorsi legati alle ICT mi suonavano del tutto nuovi. Avevo appena iniziato a lavorare come responsabile della comunicazione per UbuntuNet Alliance, un’organizzazione locale che si occupa della gestione e utilizzo di reti di dati ad alta velocità. Il desiderio d’imparare il più possibile sul mio lavoro, sulle ICT e sul mondo di Internet è stato il motore che mi ha spinto a candidarmi per il corso Technological innovation for social change in the Global South, realizzato da ONG2.0. Così, quando a febbraio 2015 mi è stata offerta una borsa di studio, ho fatto i salti di gioia. Nonostante non avessi ben chiaro cosa avrebbe comportato seguire questo corso, ero sicura che fosse l’occasione giusta per approfondire la mia conoscenza delle ICT e crescere nel mio lavoro di responsabile della comunicazione per Allience.

Come per ogni impresa degna di questo nome, le sfide non hanno tardato a presentarsi. I miei colleghi mi avevano avvisato che la mia connessione in Malawi, lenta e poco affidabile, non mi avrebbe consentito di seguire i 5 mesi di formazione online previsti. Il mio sogno di diventare un’esperta in ICT4D rischiava di svanire come una nuvola nel cielo del Malawi. Ma io ho deciso di mettercela tutta e di seguire il corso a ogni costo.

Cinque mesi dopo, il 28 luglio 2015, Serena Carta, coordinatrice del corso, mi ha inviato il certificato.  Sono sopraffatta dalla gratitudine e spero che non suoni scontato quando dico: grazie Ong 2.0. Grazie per avermi permesso di passare dall’ignorare il significato di ICT4D e dal non aver mai partecipato a un webinar a oggi che sono in grado d’individuare e valutare le esigenze d’innovazione della mia organizzazione e di realizzare un piano di lavoro per rendere il nostro intervento più efficiente. Io davvero mi chiedo se esista un altro corso in grado di fare tutto questo.

Non ho ancora la piena conoscenza di tutto ciò che è necessario sapere sulle tecnologie ma ho un’idea chiara di ciò che le organizzazioni non dovrebbero fare nello sviluppare progetti per promuovere l’agricoltura, la salute, la democrazia e l’apprendimento. Attraverso i diversi moduli teorici ho acquisito la capacità di progettare monitorare e valutare i progetti di sviluppo che integrano l’uso di diversi tipi di tecnologia come le radio, i telefoni cellulari, gli smartphone e le piattaforme internet come ComCare.

Grazie alle esercitazioni pratiche organizzate dagli esperti Paola Fava e Maurizio Bricola, ho sviluppato competenze pratiche di progettazione con le ICT. Sono stata molto ispirata dal vedere come questi innovatori siano riusciti a intervenire e rivoluzionare il settore della sanità pubblica nel mio Paese, trasformandola da trappola mortale a punto di riferimento per la regione per i settori di ehealth e mhealth. Oggi so che le ICT4D possono avere un impatto reale.

Scoprire come l’invio di SMS attraverso la piattaforma TextIT stia aiutando le future madri a ricordarsi di fare le visite preparto è entusiasmante. Sono molto colpita da come queste nuove tecnologie siano in grado di salvare le vite di molte donne e bambini in Malawi. Ne colgo a pieno l’importanza, in quanto purtroppo conosco personalmente molti casi di donne che sono morte di parto o a causa di complicazioni prevedibili insorte durante la gravidanza.

Dalla partecipazione a questo corso, posso affermare che le ICT sono una via per impegnarsi per lo sviluppo. Le organizzazione non dovrebbero quindi rifuggire queste tecnologie ma piuttosto sfruttarle e considerarle come un modo per accelerare i propri sforzi. Alle organizzazioni “assetate di tecnologia“, pronte a tutto pur di utilizzare l’ultimo ritrovato tecnologico, ricordo ciò che altri hanno già detto, ovvero che “le ICT non sono fini a se stesse“.

Quindi sia che si tratti di un progetto che implica l’utilizzo dei droni o della telefonia mobile, come quello di cui mi sto occupando ora, sono entusiasta e fiduciosa di sapere che son in grado di gestirlo al meglio e per il bene comune. Per me è stata una grande vittoria. Vorrei che fosse data la possibilità al maggior numero possibile di persone provenienti dai paesi in via di sviluppo di seguire al più presto questo corso.

Da parte mia non vedo l’ora di condividere il mio entusiasmo per questo tema, coinvolgendo la mia nazione, il Malawi, e tutta la regione africana nel cammino verso l’innovazione tecnologica e l’uso consapevole delle ICT.

 

Scritto da Patricia Mtungila. Traduzione di Viviana Brun.

LVIA

LVIA, Associazione Internazionale Volontari Laici, è impegnata con progetti in Africa e in Albania per garantire la sicurezza alimentare attraverso il rafforzamento delle filiere locali, la difesa della biodiversità e il sostegno all’agricoltura familiare. In Italia LVIA è impegnata nella promozione di stili di vita sostenibili e di politiche e azioni efficaci per la lotta allo spreco alimentare.

Grazie al supporto di Ong 2.0 per un utilizzo più diffuso e consapevole delle tecnologie nella cooperazione, nel 2015 abbiamo ideato “Scendo in campo. Le ICT contro lo spreco per il diritto al cibo“, un progetto di LVIA (ancora work in progress) che coniuga la nostra esperienza decennale nell’ambito dello sviluppo agricolo con l’uso avanzato del web e delle ICT.

Nell’anno del cibo e delle azioni concrete per la nutrizione, questo progetto vuole agire in particolare per lottare contro lo spreco alimentare nelle fasi di raccolta e post-raccolta della filiera alimentare, ancora poco prese in considerazione dalle numerose e valide azioni di lotta allo spreco nel nostro paese.

L’originalità di questo progetto sta proprio nella novità dell’approccio al tema della lotta agli sprechi alimentari: più spesso ci si concentra sulla destinazione delle eccedenze per evitare che si trasformino in spazzatura, mentre l’idea alla base di  “Scendo in campo” è quella di agire cercando di prevenire l’eccedenza in campo, tramite azioni di  spigolatura sociale per raccogliere quanto normalmente resterebbe sul terreno.

Il web ha il ruolo di facilitare l’incontro fra produttori con un surplus agricolo ancora da raccogliere, consumatori/spigolatori e organizzazioni del Terzo Settore, rafforzando le reti che già esistono “offline” a livello europeo. Gli attori coinvolti nel progetto impareranno così a comunicare e a scambiare informazioni in modo più semplice e diretto grazie a una piattaforma web o a un’applicazione per smartphone che consentirà:

  • a chi coltiva d’inserire la qualità e quantità di prodotto non raccolto, le condizioni e i dettagli per la raccolta;
  • a chi vuol spigolare/raccogliere di consultare la piattaforma e decidere se e quale produttore contattare per effettuare (da solo o in gruppo) la spigolatura in campo;
  • alle organizzazioni del Terzo Settore di mettersi in contatto diretto con gli spigolatori per permettere alla propria utenza di beneficiare del surplus che da scarto diventa così prodotto valorizzato.

Il progetto risulta quindi essere innovativo sia per il tema, sia soprattutto per l’apporto dato dalla tecnologia. Oltre alla piattaforma è previsto un ampio uso dei social media e delle ICT per valorizzare gli aspetti sociali d’interazione durante la spigolatura. Attraverso il progetto, LVIA ambisce a strutturare un’alleanza stabile e duratura tra il mondo della produzione agricola e quello della solidarietà, avviando una moderna modalità d’incontro sul web tra agricoltori, spigolatori e utilizzatori finali del prodotto.

Il seminario, organizzato il 28 aprile 2015 da LVIA, è stata la prima opportunità per far incontrare gli esponenti del mondo ICT, gli agricoltori, i loro rappresentanti (Ortofruit Italia e Confcooperative Cuneo) e gli altri stakeholder che ruotano attorno alla filiera produttiva del cibo. Tutti gli attori coinvolti hanno dimostrato un vivo interesse nel costruire nuove partnership per rafforzare il loro impegno nella lotta allo spreco.

La collaborazione con Ong2.0 anche in questo caso si è rivelata fruttuosa e ci ha dato la possibilità di coinvolgere nel seminario Simone Sala, ricercatore nell’applicazione delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione per lo sviluppo rurale e formatore che abbiamo avuto modo di conoscere e apprezzare nel modulo “ICTs for agriculture and water”, nel quadro del corso sulle ICT4D Technological innovation for social change in the global south, organizzato da Ong 2.0.

Qui trovi lo storify del seminario “Scendo in campo: le ICT contro lo spreco, per il diritto al cibo”.

Valeria Sanguineti

La mia avventura con Ong2.0 è cominciata un po’ per caso nel 2012 quando, appena rientrata dal Brasile con il pallino per la cooperazione internazionale, mi è stato proposto uno stage in redazione.

È iniziata così la mia formazione, ricca di nozioni del tutto nuove: da come scrivere un articolo giornalistico a come fare una ricerca approfondita sul web; da come usare Joomla a come gestire al meglio i social network, passando per i molti webinar che ho avuto modo di seguire e coordinare. Un utilissimo bagaglio di conoscenze è cresciuto pian piano grazie all’esperienza diretta e ai corsi con i docenti esperti. Tante nozioni che di giorno in giorno trovavo sempre più interessanti e alla mia portata. I tre mesi di stage si sono dilatati a tal punto da essere eletta “la stagista più vecchia della storia”, con all’attivo più di un anno di permanenza in redazione.

La mia passione verso la comunicazione per il no profit, i social media e la cooperazione internazionale era cresciuta così tanto che, appena è stato possibile, sono partita destinazione Pasto, sud della Colombia, al confine con l’Ecuador. Lì ho lavorato per l’Asociación para el Desarrollo Campesino – ADC, partner di Cisv e Ong2.0 e mi sono occupata di sistemi di informazione e comunicazione, sia a livello istituzionale che locale, collaborando direttamente con le comunità rurali. Il mio compito era quello di migliorare la strategia di comunicazione, potenziando sia il lavoro di squadra all’interno di ADC, che i rapporti con le comunità contadine e indigene appoggiate dall’organizzazione.

Sebbene questa associazione colombiana sia costituita da un piccolo team di lavoro, da anni porta avanti progetti di agro ecologia, “bienvivir” e educazione sociale con più di trenta comunità sparse qua e là per la regione. Prendendo spunto da “La valigia del cooperante“, il toolkit per coordinarsi e lavorare insieme, abbiamo visto come poter migliorare l’organizzazione interna.

 

Gmail

Molti dei collaboratori di ADC possedevano diversi account email, a seconda dei progetti nei quali erano coinvolti. Il volume di posta che ricevevano ogni giorno era tale da rendere la lettura e la ricerca delle informazioni molto complicata. Insieme abbiamo creato un account gmail personale per tutti, abbiamo fatto confluire li tutte le mail provenienti dai vari indirizzi e, attraverso l’uso di filtri e cartelle, abbiamo suddiviso la posta a seconda dei progetti e delle necessità. Per semplificare ulteriormente il lavoro, ho spiegato loro il Metodo Inbox zero, che avevo scoperto proprio grazie al corso per social media strategist di Ong2.0.

 

Google Calendar

Una volta al mese tutto team di ADC era solito riunirsi per programmare il calendario delle attività da realizzare nel mese successivo. La programmazione veniva realizzata su un foglio Excel che veniva poi inviato via mail a tutti i collaboratori. Come è normale che accada, in tutti i posti del mondo, gli appuntamenti venivano modificati di giorno in giorno a seconda delle diverse esigenze e questo file Excel veniva corretto e rinviato a tutti, creando confusione e malintesi. Insieme abbiamo creato un calendario condiviso tramite Google Calendar nel quale ognuno di loro poteva accedere, modificare e aggiornare qualsiasi evento, rendendo le modifiche immediatamente visibili a tutti i colleghi.

 

Google Drive

La maggior parte dei documenti di lavoro venivano inviati come allegato alla mail o salvati su memorie esterne, il più delle volte contenenti virus che provocavano danni irreparabili ai computer di tutti i colleghi. Attraverso la creazione di cartelle condivise su Google Drive, è stato possibile lavorare e aggiornare documenti contemporaneamente, avendo sempre a porta di mano l’ultima versione salvata.

 

Google Hangouts

Con Google Hangouts abbiamo creato delle occasioni d’incontro virtuale tra il personale ADC e quello di CISV in Italia, per scambiare opinioni ed idee rispetto a tematiche d’interesse bilaterale.

 

Prezi e Power Point

ADC basa gran parte del suo lavoro sulla formazione teorico-pratica e molte volte viene chiamata a partecipare a eventi o congressi istituzionali per presentare il lavoro svolto con le comunità della zona. Per questo motivo abbiamo imparato a rendere più semplici e attrattive le presentazioni, in modo che fossero il più possibile comprensibili anche da persone scarsamente alfabetizzate.

 

Sempre con l’appoggio di ADC, ho realizzato corsi di digitalizzazione base e per un corretto uso del computer e dei social network per contadini e comunità indigene. Ho lavorato soprattutto con i giovani, dando molto peso ai casi di cyberbullismo, problematica purtroppo in forte espansione nel Paese.

Sono stata formatrice per un corso sulle ICT, come mezzo per poter dar voce e visibilità alle comunità più remote. Qui un video realizzato da alcuni alunni del corso “Manejo de Herramientas TIC para los Procesos Locales de Conservación y Desarrollo”.

Seguendo il corso Technological innovation for social change in the global South, organizzato da ONG2.0, ho approfondito le mie conoscenze nel settore delle ICT4D e, durante il barcamp di fine corso ho presentato il progetto “Digital Young”. Il progetto prevede l’utilizzo dei social network come mezzo di prevenzione dei casi di cyber bullismo, narcotraffico, reclutamento giovanile e gravidanze precoci nei giovani compresi tra i 12 ed i 18 anni. L’idea alla base del progetto è di coinvolgere e rendere i giovani protagonisti e portavoce di questa campagna di prevenzione.

 

Se vuoi saperne di più, mi trovi su Twitter @valeriasangui e su Linkedin.

Stefania Guida

Ho un master in mediazione intermediterranea e una laurea in cooperazione e sviluppo. Dopo anni di studio e stage all’estero, ho concluso da poco una collaborazione con Oxfam in Palestina. Grazie alla partecipazione attiva ai corsi e a una breve collaborazione con il team di Ong2.0, mi sono appassionata alla tecnologia e ai nuovi strumenti di comunicazione per la cooperazione e ho deciso di mettere in pratica le mie conoscenze nei progetti di cooperazione in cui lavoro. Credo che connettere le persone e condividere le conoscenze sia più facile attraverso le ICT. Durante l’esperienza in Palestina ho usato alcuni degli strumenti della Valigia del Cooperante per selezionare i beneficiari e per realizzare un baseline di progetto.

Proverò a raccontarvi il mio lavoro attraverso gli strumenti che ho sperimentato.

 

Kobotoolbox
Ho realizzato dei questionari attraverso l’utilizzo di tablet per selezionare i gruppi di donne produttrici di formaggio che avrebbero partecipato alle attività del progetto. Ho creato il questionario, ho realizzato le interviste e ho visualizzato graficamente sulla piattaforma Kobotoolbox i dati raccolti. I vantaggi? Non più carta e penna per lunghi questionari ma un aggiornamento facile e immediato dei dati raccolti sul campo, oltre alla possibilità di mappare le comunità beduine e di visualizzare in arabo e inglese le domande del questionario. Qui trovi una breve presentazione dello strumento.

 

Open Data Kit

Incuriosita dalle differenze con Kobotoolbox ho provato anche opendatakit e ho collaborato con GVC, partner del progetto, per realizzare un baseline, monitorando l’efficacia del progetto prima, durante e dopo la sua implementazione. Alcuni colleghi si sono dimostrati scettici (la vecchia guardia), altri molto incuriositi e pochi (ma buoni) sono stati estremamente collaborativi, soprattutto i colleghi palestinesi di GVC. Uno di loro, informatico, ha usato i dati raccolti in ODK e Kobotoolbox (strumenti compatibili) per realizzare una piattaforma online di analisi dei dati del progetto, che verrà pubblicata a luglio 2015.

 

QGIS

Appassionata di mapping opensource, ho seguito i corsi di Maurizio Foderà e Giuliano Ramat sui GIS, e ho imparato a usare QGIS. Durante il tempo libero ho collaborato con l’associazione Grassroots Jerusalem per realizzare delle mappe aggiornate di Gerusalemme.

 

Openstreetmap

Collaborando con Grassroots Jerusalem ho imparato a usare Openstreetmap per realizzare il nuovo sito dell’associazione che nasce come piattaforma dinamica per organizzare e unire il lavoro di 80 organizzazioni locali che lavorano a Gerusalemme.
In questi mesi sto collaborando con l’Ong ACRA CCS in Burkina Faso, dove ho conosciuto una realtà locale che mi appassiona molto: Ouagalab, il primo Fablab in Africa occidentale. Seguendo il corso in ICT4D organizzato da ONG2.0 ho approfondito le mie conoscenze sul tema e, durante il barcamp di fine corso, ho presentato un progetto di Ebus per mappare le zone a rischio di Malaria, implementando il lavoro che i giovani di Ouagalab stanno realizzando con cartomalaria.

 

Se vuoi saperne di più, mi trovi su Twitter @stefyguida e su Linkedin.

CCM Burundi

Il CCM – Comitato Collaborazione Medica, presente in Burundi dagli anni ’90, lavora nel paese dal 2011 con l’obiettivo di ridurre il fenomeno delle violenze sessuali e migliorare la protezione e la cura delle vittime. Il CCM opera in partenariato con ISV – Initiative Seruka pour les victimes de viol, una ong locale specializzata nel settore, e con le autorità locali preposte. Alla fine del 2013 il CCM aveva condotto una ricerca approfondita sul fenomeno delle violenze in 5 province del paese. La ricerca aveva evidenziato la necessità di strumenti che favorissero la condivisione di esperienze e l’aumento dei canali di contatto con i centri di accoglienza per le vittime, garantendo l’anonimato, la messa in rete delle informazioni e l’opportunità di un sistema di raccolta dati sul fenomeno. Inoltre, ISV aveva condiviso la volontà di dotarsi sia di migliori strumenti di advocacy per segnalare la gravità del problema alla società, ai media e alle istituzioni, sia di materiale di sensibilizzazione utile a sfatare miti e percezioni errate sul fenomeno.

Alcune persone del team del CCM avevano partecipato a un corso introduttivo di ICT4D organizzato da ONG 2.0 durante il quale era stata presentata l’esperienza di Harrasmap, realtà egiziana, basata sulla mappatura online di eventi di molestia e violenza sessuale che aveva ottenuto risultati interessanti in termini di sensibilizzazione, advocacy e opportunità di informazione sui servizi per le vittime. Harrasmap combina le tecnologie di Frontline SMS e Ushahidi, entrambe gratuite e relativamente semplici da applicare, con l’obiettivo di raccogliere testimonianze di vittime e operatori, riportarle su una mappa online e infine utilizzarle per analizzare il fenomeno, sensibilizzare e fare pressione per cambiamenti in termini di politiche. In accordo con ISV, abbiamo pensato di riadattare l’idea ai bisogni dell’organizzazione e provare a sperimentare la mappatura partecipata in Burundi. A tal fine abbiamo chiesto l’appoggio di ONG 2.0/CISV che, attraverso due missioni in loco e il supporto a distanza, ha formato il personale di ISV, configurato il sistema per la ricezione di segnalazioni via SMS e online, creato la mappa, programmato e avviato un piano di comunicazione per la sua diffusione.

Vittime, testimoni e operatori possono segnalare via SMS, email o social network un caso di violenza. Gli operatori di ISV inviano un messaggio di risposta, dove sono indicati i contatti dove chiedere assistenza e, dopo un paio di settimane, riportano alcuni dati essenziali sulla mappa. Questo permette di visualizzare a colpo d’occhio la situazione a livello geografico e la tipologia di evento. Con ISV sono state messe in campo azioni di informazione e segnalazione della mappa, anche con il coinvolgimento dei media, che oggi sono sospese a causa delle recenti evoluzioni politiche nel paese. L’augurio è che la situazione sia sufficientemente stabile per permettere la diffusione della mappa così come pianificato, ma anche che lo strumento possa essere un’ulteriore canale di comunicazione in un periodo dove gli spostamenti, anche all’interno della capitale, possono essere difficili.

Sicuramente l’esperienza, ancora in corso, è stata occasione di crescita anche per il CCM. La nostra organizzazione ritiene sia utile promuovere l’utilizzo di nuove tecnologie laddove queste possano portare soluzioni appropriate a gap identificati e che questo tema sia un’occasione per attivare collaborazioni e mettere in rete partner e attori diversi.

Photocredits: CCM, staff Burundi

ICT4D course… 5 mesi dopo

Si conclude dopo 5 mesi il corso sulle ICT4D, Technological innovation for social change in the global south: 24 partecipanti dai cinque continenti, 14 docenti, 12 moduli, 40 sessioni, più di 60 ore di training online.

di Serena Carta

Siamo partiti chiedendoci che cosa sono le tecnologie per lo sviluppo, perché contano così tanto al giorno d’oggi e quali cambiamenti è possibile innescare con il loro utilizzo. Abbiamo analizzato i passi da seguire per portare l’innovazione nelle organizzazioni che si occupano di cooperazione internazionale, a partire dall’adozione del metodo dello human center design (per saperne di più, leggete l’articolo Why is human-centered design important t ICT4D?). Ci siamo quindi interrogati sulle strategie da mettere in campo affinché le tecnologie siano appropriate e sostenibili ai contesti e alle comunità di intervento. Abbiamo poi passato in rassegna strumenti e casi studio esemplari in agricoltura, finanza, sanità, educazione, democrazia, mappatura e georeferenziazione. Abbiamo infine concluso con una riflessione sugli open data e la trasparenza nella cooperazione internazionale e sui modi di raccogliere e visualizzare i dati, anche per obiettivi di monitoraggio e valutazione.

Una community su Google Plus con più di 60 membri ha accompagnato per tutti e 5 i mesi l’apprendimento, favorendo lo scambio continuo di risorse – libri, articoli, esperienze – e spunti di riflessione. Il Barcamp finale, infine, ha fatto salire sul palco i partecipanti per presentare i lavori finali, ovvero le simulazioni di progetti di sviluppo in paesi e aree tematiche a scelta .

[Clicca sull’immagine per leggere lo Storify del Barcamp, ultima sessione del corso]

BARCAMP(1)

 

I generosissimi partecipanti ci hanno già inviato i primi feedback, che ci fanno essere ottimisti su una futura edizione del corso…

Stefania, Italia

Il corso sulle ICT4D è stato di grande ispirazione. Ho trovato estremamente utile e stimolante fare parte di una classe multiculturale: è stato un piacere lavorare per mesi con compagni così motivati al punto da alzarsi di notte per seguire dal vivo le sessioni! I docenti, poi, oltre che bravissimi sono sempre stati disponibili a rispondere alle nostre domande.

Shahriar, Iran

Questo corso mi ha permesso di diventare propositivo nel mio Paese. Ho imparato tantissime nuove cose, che spero di essere in grado di trasmettere a chi lavora con me.

Claudia, Italia

L’aspetto che ho apprezzato di più di questo corso è stato l’ambiente multiculturale della classe. Credo sia stato importante connettersi con persone provenienti da quei paesi in cui, come cooperanti, lavoriamo. Ho inoltre trovato utile studiare casi studio di progetti ICT4D già testati, per vedere da vicino come funzionano. Il mio modulo preferito? Quello sull’agricoltura. Grazie Ong 2.0 per questa incredibile opportunità!

Rao, India

Le cose che mi sono piaciute del corso sono state due: i docenti esperti di ICT4D, che ci hanno fornito una conoscenza appropriata della materia, e la possibilità di imparare virtualmente insieme a persone provenienti da tutto il mondo.

Come start up e tecnologia stanno rivoluzionando l’agricoltura in Africa?

Sooretul, che in wolof significa “non troppo lontano”, è un progetto lanciato nel 2014 da una start up di ragazze senegalesi con l’obiettivo di fornire uno spazio online alle donne impegnate nella trasformazione di frutti e cereali locali e aiutarle a trovare un mercato dominato dalle importazioni di prodotti Europei. Awa Caba, co-fondatrice della start up, ha 27 anni ed è nata e cresciuta a Dakar. Dopo avere frequentato l’Università nella capitale, diventando ingegnere informatico, ha conosciuto altre ragazze appassionate di tecnologia e sviluppo e, insieme, hanno fondato le Jjiguène tech hub, una associazione che ha dato avvio a diversi progetti nell’ambito dell’agricoltura e della formazione nel campo delle ICT (Innovation and Communication Technologies) per le donne senegalesi.

Amadou Sow appartiene a una famiglia di pastori e allevatori di etnia Peul nella regione di Fatick in Senegal ed è uno dei protagonisti della rottura tra il mondo tradizionale africano e la rivoluzione digitale contemporanea. Dopo aver compreso le problematiche che affliggono il settore dell’allevamento in Senegal, Amadow decide di fondare Daral Technologies, una start up digitale in grado di riempire il vuoto istituzionale. “In tutta l’Africa non esistono ancora delle statistiche affidabili in qualsiasi settore” racconta Amadow “fattore che impedisce l’intervento efficace dei diversi governi e l’attuazione di buone politiche”.

Awa e Amadow sono solo due esempi di giovani africani che stanno rivoluzionando il settore dell’agricoltura grazie all’innovazione digitale e l’imprenditoria. Secondo Ken Lohento, coordinatore del programma ICT4D al Technical Centre for Agricultural and Rural Cooperation (CTA) di Wageningen (Olanda), le ICT possono offrire una soluzione a questo gap di conoscenza tra agricoltura e mercato e i giovani possono essere i portatori di questo cambiamento.

Piattaforme web per la creazione di network di contadini, sms per facilitare l’accesso all’informazione sui prezzi del cibo sul mercato e telefonia mobile per risparmiare denaro e accedere a finanziamenti al di fuori del sistema bancario. Sono queste alcune tra le molteplici funzionalità di start up e organizzazioni giovanili africane che siamo andati a scoprire in Africa con Agritools, un progetto di ricerca giornalistica vincitore del Journalism Grant, finanzato dalla Bill and Melinda Gates Foundation (come già accennato in un altro articolo di AgriRevolution). Il progetto descriverà cinque mesi di viaggio tra Olanda, Italia, Senegal, Kenya, Uganda e Ghana, alla scoperta di queste realtà locali che tramite la tecnologia mobile e digitale stanno cercando di rilanciare il settore dell’agricoltura, della pesca e dell’allevamento, e di risolvere tutta una serie di problematiche legate a esso.

Agritools comprende una mappa interattiva, che raccoglie storie e testimonianze incontrate sul campo e suddivise per categorie, e una parte di crowdsourcing di storie dall’Africa realizzata in partenariato con e-agriculture, il programma della FAO dedicato alle ICT e agricoltura. Start up, organizzazioni e giovani locali impegnati a portare avanti delle iniziative tra agricoltura e ICT hanno così oggi uno spazio per raccontarsi ed essere pubblicati nella mappa insieme ai progetti visitati per il progetto.

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Quella che per decenni ha rappresentato la politica di azione di ong, organizzazioni internazionali e governi donatori che, tramite assistenza tecnica, prestiti e aiuti, volevano risolvere il problema della “fame nel mondo”, comincia ad incontrare delle alternative valide locali. E’ giunta l’ora, per i media internazionali occidentali che da sempre hanno contribuito a creare un’immagine dell’Africa negativa e sofferente, di raccontare gli sforzi di una nuova generazione che sta rivoluzionando il modo di concepire e pensare lo sviluppo del continente. In questo panorama, l’innovazione digitale può rappresentare un fattore significativo e trasformativo. Secondo una ricerca condotta dalla Banca Mondiale nel 2012, l’apertura di nuovi scenari di consumo resi possibili tramite l’utilizzo delle ICT e della tecnologia mobile sta generando, in termini economici, un incremento del PIL del 5% annuo in tutto il continente.

L’Africa rappresenta un modello all’avanguardia nella sperimentazione delle ICT nel settore primario e non è un azzardo pensare che proprio la necessità impellente di risolvere problematiche croniche costituisca una spinta determinante capace di generare risultati effettivi sul lungo termine. Una nuova generazione di giovani leader che non viene (ancora) raccontata sta già cambiando, dal basso, le sorti dei propri Paesi e noi cercheremo di capirne di più e di condividere con i lettori le nostre scoperte.

[Agritools è vincitore del Journalism Grants, un progetto finanziato dall’European Journalism Center con il supporto della Bill & Melinda Gates Foundation.]

Open Badges e Bestr: uno nuovo modo per valorizzare le tue skills

Corsi e formazioni forniscono ogni giorno competenze e nuove capacità nelle persone che li frequentano. Ma come vedere riconosciute e valorizzate le skills acquisite in modo che esse diventino note e condivisibili? Con Open Badge e Bestr ecco che arriva il certificato 2.0.

Di Eloisa Spinazzola

Nell’era dell’informazione oltre a essere sempre maggiore il numero di dati che acquisiamo ogni giorno, crescono in maniera costante le competenze che accumuliamo attraverso partecipazione a eventi, corsi online, formazioni specifiche, spesso su argomenti a cui siamo affezionati, anche se non fanno sempre parte del nostro lavoro. Senza contare che è sempre maggiore è la possibilità di venire a conoscenza di summer school, workshop, weekend intensivi.

A volte, però a fermare la nostra voglia di imparare è la necessità di un riconoscimento che molto spesso manca.
Ed ecco che arriva Bestr a risolvere il problema. Un progetto firmato da Mozilla e Cineca che aiuta gli utenti non solo a condividere le proprie skills e le proprie capacità con il resto del mondo, ma che rilascia una serie di attestati – chiamati Open Badges – che affermano l’acquisizione di competenze attraverso la frequenza a corsi o formazioni – non necessariamente formali – di enti consorziati con il progetto.

Il lancio del progetto
Il progetto vede la luce oggi, in occasione della presentazione del “Giardino delle imprese” un progetto educativo volto a rinnovare il tessuto produttivo del paese. A seguito di questo percorso non formale, i partecipanti riceveranno i primi Open Badges rilasciati dalla piattaforma per poter condividere con coetanei e interessati le nuove conoscenze.

Open Badges, cosa sono e a cosa servono
Se gli open badges fossero solo degli attestati non ci sarebbe nulla di nuovo. In realtà sono delle schede elettroniche sotto forma di immagine, condivisibili e contenenti una serie di metadati legati all’ente di formazione e al corso stesso. Il loro compito è quello di far risaltare competenze acquisite, riconosciute attraverso l’iscrizione a uno standard condiviso.

Bestr, molto più di una piattaforma
E se gli Open Badge sono più di un attestato, Bestr sarà molto più di una piattaforma di conferimento credenziali e capacità. Infatti una volta che la piattaforma sarà completamente attiva – ci vorrà ancora un po’ ma non troppo -, ogni utente avrà la possibilità di crearsi un profilo dove raccogliere tutte le competenze acquisite e gli attestati rilasciati dai vari enti di formazione formale e informale che saranno consorziati con il progetto.  Inoltre Bestr fungerà come luogo di incontro e scambio tra learners, imprese e formatori. Esso permetterà ai primi di crearsi percorsi ad hoc che valorizzino le singole esperienze, alle seconde di trovare soluzioni per le proprie esigenze e supporterà gli ultimi nella promozione e nella diffusione delle loro attività di diffusione delle conoscenze.

Una novità anche per Ong 2.0
Tra gli enti pilota del progetto ci sarà anche Ong 2.0. Valore aggiunto della nuova offerta formativa sarà il rilascio degli Open Badge per i diversi corsi previsti. In questo modo i partecipanti potranno condividere con le loro reti il proprio certificato digitale di competenze sfruttandone il potenziale innovativo e sociale.  Perché la condivisione sia sempre l’inizio di un volano di conoscenza collettiva.

Cartomalaria: i giovani mappano le aree a rischio per sradicare la malaria in Burkina Faso

Questi giovani geotaggano con i telefoni cellulari un deposito di spazzatura in un quartiere di Ouagadougou in Burkina Faso.

Di Florent Youzan

Siamo nel 2015, e fatti corredati di cifre continuiamo ad allertare il mondo e in particolare l’Africa.
Se c’è una malattia insidiosa che flagella silenziosamente l’Africa, è la malaria. Quasi la metà della popolazione mondiale, 3,2 miliardi di persone sono a rischio di questa malattia. E le persone che vivono nei paesi poveri sono le più vulnerabili. Ogni minuto un bambino muore di malaria! Nel 2013, il 90% dei decessi per malaria si è verificato in Africa.

Come combattere questa piaga? A Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, giovani appassionati di digitale e di cartografia, provenienti dal Ouagalab, un FabLab nel cuore di Ouagadougou, hanno deciso di lanciare Cartomalaria, un ambizioso progetto di digitalizzazione delle coordinate di tutte le aree geografiche a rischio, in cui si sviluppa il vettore della malaria. Cartomalaria mira a produrre in modo collaborativo una mappa tematica di dati aperti, liberamente riutilizzabili da parte dei cittadini, organizzazioni e istituzioni impegnate nella lotta contro la malaria in Burkina Faso.

 

Ogni anno 1,3 milioni di persone, di cui il 90% bambini sotto i 5 anni muoiono di malaria, partendo da questo dato i giovani del Ouagalab hanno deciso di agire. Le aree a rischio di malaria da acquisire e georeferenziare nel progetto Cartomalaria sono aree favorevoli allo sviluppo dell’anofele femmina, vettore della malattia. Questi sono di solito discariche, scarichi, pozzanghere stagnanti.

 

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Cartomalaria identificherà queste zone e faciliterà la creazione di campagne di sensibilizzazione locali. I servizi tecnici del comuni e i funzionari della sanità potranno utilizzare questi dati per le loro azioni sul terreno. Carto-malaria potrà anche aiutare a identificare, con dati scientifici e concreti alla mano, le aree di distribuzione di zanzariere trattate sulla base delle zone geolocalizzate come più a rischio. Il progetto prevede inoltre di mappare i centri sanitari, le cliniche e le farmacie per guidare le persone, secondo le loro zone di residenza, verso le strutture più vicine.

Nelle aree individuate come più a rischio, sarà distribuita una applicazione mobile SMS (shortmessage service) per trasmettere alla popolazione informazioni in tempo reale e sensibilizzare sulla malattia tramite SMS vocali. Per i promotori del progetto Carto-malaria, trasmettere messaggi vocali direttamente ai telefoni delle persone, dicendo loro come migliorare l’evacuazione delle acque reflue, come e perché usare le zanzariere e gli insetticidi sono mezzi concreti di prevenzione della malaria. Carto-malaria è un’iniziativa spontanea dei cittadini da sostenere e incoraggiare perché secondo uno studio dell’OMS, “La malaria può portare le famiglie e le comunità in una spirale di impoverimento, che colpisce in modo sproporzionato i poveri e gli emarginati, incapace finanziariamente di sostenere un trattamento o con accesso limitato alle cure sanitarie “.

Ong 2.0 seguirà gli sviluppo del progetto e vi aggiornerà nelle prossime settimane! #ICT4D

[Fonte: FYOUZAN.CI]

Diario dal Senegal, il tempo di imparare all’interno dei ritmi senegalesi

Il mese di Ramadan è iniziato ed il gran caldo pure. Esisteranno anche qui gli esperti televisivi che che si divertono a soprannominare le ondate di caldo con nomi mitologici? No, perchè qui il caldo c’è sempre, non è qualcosa di straordinario. Per questo quando dico che “lavoro” a Ross Bethio, la gente prima spalanca gli occhi, poi pensa che stia scherzando. Solo quando capiscono che sono serio ti danno una pacca sulla spalla, ti sorridono e ti fanno gli auguri (per il caldo).

A che punto siamo col GIS? Dopo aver organizzato tutti i dati raccolti col GPS e creato i primi layer indispensabili al progetto, è iniziata la fase della formazione: 4 incontri all’ASESCAW sul GIS e la gestione di dati georeferenziati. Rompere il ghiaccio è stato abbastanza semplice e il gruppetto di circa 10 persone che sta prendendo parte al corso sono motivate e molto curiose.

Siamo partiti con dei semplici brainstorming (cartellone e pennarello, deformazione professionale scout) in riferimento a bisogni ed aspettative circa la gestione di dati georiferiti e subito dopo ho mostrato loro usi e potenzialità di tale risorse. L’intento è quello di arrivare ad un prodotto finale condiviso, partecipato ed utile sia per l’ASESCAW che per le persone che interagiscono con l’organizzazione, ovvero i propri beneficiari.

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Uno dei principali intenti dei quattro incontri previsti è quello di evitare che tutta la piattaforma (GIS) costruita in questi due mesi diventi un qualcosa di statico ed inutilizzabile già nelle prossime settimane, per mancanza di conoscenze e di praticità nell’utilizzo e nella gestione nel suo insieme. Per questo motivo abbiamo coinvolto un po’ tutti in ufficio, ed utilizzando un software open source ed i dati da me raccolti ed elaborati siamo già in grado di gestire piccoli progetti di cartografia e di creare mappe tematiche personalizzate che rispondono a pieno ai bisogni dell’ASESCAW.

Il fattore tempo (più precisamente la questione orari) è un tema molto sensibile e per il quale molti amici expat ancora mi prendono in giro: per il corso infatti avevo creato una locandina con tanto di orario d’inizio e di fine attività ma ho capito la sua inutilità al primo incontro, quando siamo partiti con due ore di ritardo per aspettare i ritardatari (più della metà…) ed abbiamo finito ad orario di cena. Io di certo non ho la puntualità svizzera, ma oltre il quarto d’ora accademico normalmente non sforo: ecco, qui impari ad essere paziente, aspettare e..”Inshallah”.

Nel corso dei primi tre incontri abbiamo svolto dei piccoli esercizi e simulazioni in aula, mentre durante l’ultimo pomeriggio della formazione (per il quale è prevista l’uscita sul campo col GPS e la creazione di layer vettoriali partendo dai waypoints registrati) faremo una rapida verifica per valutare la potenzialità del software ed i suoi sviluppi all’interno del progetto PAMIR, una volta che tutti/e abbiano sperimentato e sviluppato le proprie mappe.