La frammentazione delle informazioni nella Digital Health

I piccoli centri sanitari nei remoti villaggi di alcune regioni africane possono essere luoghi molto affollati… questo non dipende solamente dal numero dei pazienti, ma anche dallo staff di Ong e Organizzazioni che gestiscono i loro programmi offrendo diversi tipi di medicine o collaborando con lo staff medico per raccogliere informazioni sulla sanità.

Di Paola Fava

 

Ogni organizzazione porta avanti il suo singolo progetto, magari un progetto pilota, con un buon numero di informazioni da raccogliere o di attività da implementare. Così, per esempio, oltre a numerosi moduli o registri governativi standard, ai Community Health Workers (operatori sanitari) viene richiesto di compilare molti moduli aggiuntivi.

Sebbene l’obiettivo finale sia quello di facilitare il loro lavoro e migliorare la fornitura di cure mediche per chi ne ha più bisogno, sfortunatamente questo approccio spesso crea un carico maggiore alle strutture già a corto di personale, genera confusione, sovraccarico e perdita di tempo prezioso in questioni burocratiche, tempo che potrebbe essere speso per la cura dei pazienti. Inoltre, gli operatori sanitari possono ricevere incentivi per il carico di lavoro extra: il rischio quindi è che le priorità del lavoro cambino, producendo una rendicontazione superficiale e tardiva dei dati e della situazione sanitaria.

Molti di questi progetti pilota coinvolgono anche l’utilizzo della digital information, che utilizza dati digitali invece che moduli cartacei.

Un importante esempio della frammentazione dei programmi sanitari digitali è illustrato nella mappa del morbillo in Ugpfblog5anda, sviluppata da Sean Blaschke di Unicef, come evidenziato da Dikki Sepfblog in questo post su Pathblog. La mappa spiega perché nel 2012 il Ministero della Sanità in Uganda bloccò tutte le iniziative di eHealth e mHealth nel Paese fino all’approvazione del Direttore Generale dei Servizi Sanitari. L’obiettivo era quello di limitare la frammentazione dei programmi e di assicurarsi che i dati raccolti fino a quel momento potessero essere inseriti nel Sistema di Informazione Sanitaria nazionale (Health Information System – HIS), piuttosto che creare sistemi paralleli aggiuntivi.

La diffusione dell’informazione digitale rappresenta un importante passo avanti verso l’integrazione delle informazioni, poiché le ICT possono facilitare lo scambio di informazioni e di dati, specialmente se i dati sono raccolti in formati compatibili e condivisibili.

Tuttavia siamo ancora lontani dall’obiettivo finale e, come David McCann scrisse in uno dei suoi articoli su ICTWorks relativamente alla situazione in Uganda, la realtà assomiglia più a questo:
“Sei riuscito a localizzare l’esaurimento delle scorte di medicinali in un distretto di Moroto utilizzando dei caricabatterie solari e 50 Samsung Galaxies. Perfetto. E’ possibile condividere i dati con un progetto che ho implementato utilizzando i BlackBerries a Gulu? Probabilmente no. Quindi hai sviluppato la tua personale applicazione per tracciare l’esaurimento dei medicinali. Tuttavia, quando i donatori internazionali si sono incontrati con il Ministero della Sanità per risolvere la questione della sovrapposizione delle applicazioni di mHealth e per integrare l’interfaccia di programmazione delle applicazioni (API), alla domanda se tutto questo fosse possibile, uno ha risposto: “basandosi su un database di relazioni, in teoria sì”. In realtà questa risposta si allontana di molto dall’intento specifico della domanda.”

Forse il blocco promosso dal Ministero della Sanità dell’Uganda è stato un modo per favorire l’incremento dell’interoperabilità e il coordinamento dei progetti. Sicuramente ciò dimostra che il governo ha iniziato ad assumersi la responsabilità di questi progetti e di queste tecnologie per meglio rispondere ai bisogni della popolazione.

In altri Paesi, gruppi specifici che si occupano di mobile health, come il gruppo di lavoro in Malawi, si incontrano regolarmente, con la collaborazione del Ministero della Sanità, per affrontare la questione dell’integrazione e della sovrapposizione dei progetti di mHealth.

L’utilizzo di tecnologie compatibili e il coinvolgimento di stakeholder a diversi livelli sono due elementi chiave per iniziare a superare il problema della frammentazione dei progetti di digital health.

 

Tradotto da Laura Andreoli

Photo source: Margherita Dametti for COOPI

Tecnologia e Ong: il punto debole? La protezione dati

Il Global Ngos Technology Report 2018, ricerca realizzata ogni anno da NonProfit Tech for Good, e che quest’anno ha  intervistato  5352 Ong in 164 paesi del mondo, parla chiaro: il punto più debole nell’utilizzo del digitale da parte del mondo dell’associazionismo è la gestione e la protezione  dei dati.

di Silvia Pochettino

A quanto emerge dal report in verità le Ong sono ormai ampiamente “digitalizzate” sotto molti aspetti,  dal sito web all’uso dell’email mailing, ma soprattutto all’impiego dei social networks come una parte integrante delle proprie strategie di comunicazione e fundraising . Anzi a dirla tutta il report sottolinea come “in verità grandi Ong come Humane Society o Greenpeace sono state le prime a utilizzare i social networks per mobilitare persone e risorse, molto prima che l’idea venisse anche alle istituzioni governative e alle corporations”

Tra i social Facebook continua – per ora – a farla da padrone nel mondo, ma altri social seguono a ruota

Schermata 2018-02-21 alle 12.52.00

 

Tuttavia ci sono ancora alcune carenze gravi nell’uso del digitale da parte delle Ong riguardo soprattutto due aspetti,  Mobile Technology e protezione dati.  Riguardo la prima, si registra scarsa consapevolezza sul ruolo del messaging o del text-to-giving per tenere i contatti con i propri supporters e donatori. Solo il 18% li usa in modo strutturato nelle proprie strategie di comunicazione, mentre ancora più assente è la “creatività” nella realizzazione di app per smartphone,  tanto  che molte associazioni addirittura non hanno neanche un sito web responsive, cioè leggibile da telefono.

Ma la seconda carenza è forse la più seria. Solo il 45% delle ong traccia le donazioni e gestisce il rapporto con i donatori grazie a software CRM, molti dei quali sono spesso obsoleti. Sostiene il Report “Il processo antiquato di relazione con i donatori e supporters  attraverso Excel o  software di Customer Relationship Manager (CRM) obsoleti sta ostacolando le Ong nella loro capacità di essere organizzazioni efficienti, data-driven”.

Secondo gli autori si tratta quindi di fare un salto di qualità nell’Information Technology delle organizzazioni. Infatti, solo il 41% delle organizzazioni intervistate usa qualche forma di protezioni dei dati,  mentre questo aspetto diventa sempre più importante  “In un’epoca di forte crescita delle minacce alla cybersecurity, il rafforzamento nella gestione e nella sicurezza dei dati è un imperativo”.

Schermata 2018-02-21 alle 14.46.10

E infine un’interessante comparazione tra la predominanza di diversi strumenti nei diversi continenti, che mette in luce come le diverse aree del pianeta privilegino mezzi di comunicazione differenti.

Schermata 2018-02-21 alle 14.55.46

_________________________________________________________________________________________

Puoi approfondire la questione cybersecurity (1)della protezione dei dati e imparare qualche semplice soluzione per migliorare la sicurezza online durante il Webinar gratuito Cybersecurity: introduzione alle tecniche di autodifesa digitale  che si terrà lunedì 26 febbraio alle ore 18

La nuova cultura dell’accoglienza è grassroots e partecipativa.

Una volta arrivati in un nuovo Paese, i migranti si trovano a dover affrontare una nuova sfida: come e dove reperire tutte le informazioni relative all’accoglienza, alla burocrazia, ai servizi sanitari. Per fortuna, anche in questo campo la tecnologia si sta rivelando un alleato prezioso, permettendo in vari modi l’accesso a informazioni aggiornate e verificate.

di Camilla Fogli

Continua a leggere

Internet Freedom in Africa

Schermata 2018-02-15 alle 11.48.59
The rapidly expanding use of the Internet and digital platforms in Africa has given true meaning to the rights of hundreds of millions of people across the continent to “seek, receive and impart information and ideas of all kinds, regardless of frontiers,” as intended by the framers of the
International Covenant on Civil and Political Rights (ICCPR).
It has brought cyberspace to the doorsteps of people, whether they are high and mighty or low and disadvantaged, enabling them to engage actively in public discourse on political issues,
governance, social and economic development, among others, at local, national, regional and international levels.
However, this access to the means of communication and its attendant democratisation of speech is not always seen as a positive development by many governments in Africa who are addicted to the old ways, where it was easy to control the means of communication and take them out of the reach of their recalcitrant citizens, whom they viewed as subjects in most cases. A overview of eight african countries.

Autore: AFEX (African Freedom of Expression Exchange)

Anno: 2017

Lingua: english

Scarica qui: Internet Freedom in Africa

Applicazioni di mHealth, dalla creazione alla fase pilota – l’esperienza ruandese

È il novembre 2017, nei centri per rifugiati di Gihembe e Nyabiheke in Ruanda. Ho avuto la possibilità di lavorare sul campo, facendo formazione per il personale medico e osservando l’utilizzo della nostra applicazione da parte di infermieri e dottori. L’app è stata creata da Gnucoop per l’UNHCR per supportare la raccolta di dati medici all’interno dei campi profughi in tutto il mondo. L’applicazione, specifica per i tablet, è utilizzata dal personale medico per raccogliere i dati dei pazienti quando questi accedono ai servizi medici di base, come visite – sia nei reparti con pazienti ospedalizzati che no – accesso a cure nutrizionali e alla salute sessuale e riproduttiva – cure prenatali e postnatali, parto, ecc. –  gestione dei reparti, ed altre attività simili.

di Paola Fava

Le informazioni vengono raccolte offline (per ovviare al problema della bassa qualità della connessione internet) e i dati vengono poi sincronizzati una volta che internet è disponibile ed utilizzati per stilare rapporti medici.

Schermata-2018-01-03-alle-16.59.50

Progettare e gestire uno strumento mHealth dall’inizio alla fine non è un compito facile. A volte perfino definire i requisiti non è così semplice; tutto sembra chiaro all’inizio, ma poi, quando si scende nei dettagli, si fa sempre più complicato, confuso e ad un certo punto si ha la sensazione di dover ripartire da capo dai requisiti. Questo è, però, il ciclo di vita di un progetto grande e agile.

Alla fine, dopo aver gestito lo sviluppo di uno strumento di mHealth per più di un anno e dopo aver testato più e più volte il sistema nel nostro ufficio di Milano, abbiamo avuto l’occasione di testarlo “realmente” sul campo. Tra ottobre e dicembre, è partito il progetto pilota in sei paesi (Zambia, Tanzania, Kenya, Ruanda, Giordania e Sud Sudan). È stato un lavoro duro ma entusiasmante. Gnucoop ha supportato l’UNHCR nel settaggio dei tablet e nella formazione di medici ed infermieri.

Vorrei condividere con voi alcune lezioni apprese che ritengo essere utili ed applicabili all’implementazione di qualsiasi progetto di mHealth o di ICT4D:

  1. Il supporto sul campo dovrebbe essere obbligatorio; qualsiasi progetto di mHealth ha bisogno di avere qualche forma di supporto in loco. Questo non significa necessariamente avere un membro dello staff che si dedichi interamente al progetto, ma piuttosto avere almeno qualcuno che abbia familiarità con il progetto in questione e che possa intervenire in caso di necessità.
  2. Essere pronti a tornare indietro ai requisiti iniziali ed adattarli (progettare avendo sempre l’utente finale in mente). Modifiche posso essere richieste a tutti i livelli, dall’interfaccia per l’ingresso e la raccolta dati, alle informazioni riguardanti il flusso di lavoro. Ogni feedback conta, poiché aiuta a tenere in considerazione in primis l’utente. Questo non significa necessariamente che ogni richiesta debba essere soddisfatta – alcune potrebbero non essere in alcun modo attuabili – ma sicuramente aiuta gli sviluppatori a focalizzarsi sulle aspettative ed sui bisogni degli utenti.
  3. L’analisi del contesto specifico dove verrà implementato il prodotto è da considerarsi cruciale. Questa include l’analisi delle risorse umane e delle infrastrutture disponibili (ad esempio la qualità della connessione internet e le disponibilità dello staff) in ogni sede in cui il progetto avrà luogo. A parte lo specifico progetto, internet – sia mobile che a banda larga – è il requisito fondamentale per qualsiasi penetrazione tecnologica futura.
  4. La gestione dell’hardware; è importante identificare insieme agli attori locali le modalità di gestione dei tablet o dei dispositivi mobili. Verranno custoditi dai singoli dottori/infermieri o piuttosto da un data manager dell’ospedale? Ed ancora, questi dispositivi dovrebbero essere utilizzati unicamente da singoli utenti, e questo cosa comporterebbe in termini di costi e risorse?

Di sicuro ci aspettano tempi memorabili, in cui i progetti mHealth pretenderanno definitivamente piede!

Refunite: la tecnologia incontra il ricongiungimento familiare

Secondo i dati raccolti da UNHCR e Frontex nel 2016 sono stati circa 181.000 i rifugiati arrivati via mare sulle coste europee, e tra questi ben 26.000 sono minori non accompagnati. I dati Eurostat riportano poi che nel 2015 sono stati quasi 400mila i minori non accompagnati che hanno fatto richiesta di asilo in Europa. Questo panorama mostra come uno dei problemi legato alla crisi migratoria che stiamo vivendo è anche legato alla separazione delle famiglie.

di Camilla Fogli

Continua a leggere