Biennale Democrazia: il web ci rende liberi?

biennale_demPotere e contropotere. Fare rete. Diventare fact-checker. Sono solo alcuni degli slogan che hanno accompagnato fino a oggi gli incontri dedicati al rapporto tra web e partecipazione politica della manifestazione Biennale Democrazia, in programma in questi giorni a Torino, che fino ad oggi ha visto la partecipazione di più di 35mila di persone.

di Donata Columbro

 


“Facebook è sì una centrifuga massiva, ma dobbiamo imparare a usarla”, esordisce Carlo Infante, docente di Performing Media, in rete Carloi, per l’incontro “Potere del web, potere nel web” organizzato per Biennale Democrazia 2011 al Teatro Gobetti di Torino. E continua, invitando i ragazzi presenti a “espugnare il castello senza abbatterlo” e “non avere paura di internet” perché “ci dà la possibilità di trovare nuove forme di partecipazione”. “L’elemento del web considerato più positivo è quello di rappresentare il nostro contropotere. Mentre quello più influente, anche se non il più condiviso e non il più evidente”, spiega con passione Maurizio Ferraris, docente di Filosofia Teoretica presso l’Università di Torino, “è la possibilità che offre di registrare i fatti, che non possono più essere smentiti da nessuno”. Un discorso di un politico che viene trasmesso in tv e postato YouTube, replicato su Twitter e condiviso su Facebook ha delle potenzialità quasi infinite di perpetuare la nostra memoria. L’archivio di internet è a disposizione di tutti e “solo quando si vuole nascondere qualcosa viene tenuta fuori dal web”, come ad esempio l’elenco dei possessori di arma da fuoco degli Stati Uniti: “un archivio che non sarà mai altro che cartaceo finchè la lobby delle industrie di armi avrà il potere di proteggere questo anonimato”.
E a partire dalle domande del pubblico viene portato in causa Wikileaks, anche se in realtà con il web c’entra meno di quanto si pensi visto che Julian Assange ha ricevuto i file sulla guerra in Irak su un semplice cd-rom tramite posta. “L’aspetto centrale rimane la trasparenza delle informazioni” secondo Carlo Infante. E Juan Carlos De Martin, direttore del centro Nexa su Internet e Società di Torino, conclude l’incontro ricordando che “la libertà di espressione in rete va rispettata come la libertà nella vita reale, i cui vincoli derivano dalle norme che sanzionano a posteriori il comportamento dell’uomo”.


Navigo quindi sono (cittadino)

La libertà e la possibilità di “difendersi” da informazioni più o meno corrette è il tema di un intero ciclo di workshop dal titolo “Web, giornali e tv: come difendersi”. Riccardo Staglianò, inviato per il Venerdì di Repubblica espone al giovanissimo pubblico una rassegna stampa sui fatti di Lampedusa di questi ultimi mesi evidenziando come diverse testate italiane abbiano presentato la situazione sull’isola, mentre invece le testimonianze dirette dei lampedusani da lui intervistati affermano il contrario. Anche la gara di cifre dei titoli di quotidiani come Libero e LaPadania è facilmente verificabile con una ricerca su Google, ma purtroppo, mette in guardia Staglianò, “questo tipo di giornalismo esiste perché i lettori hanno bisogno di veder confermate le proprie paure”, in questo caso quella degli immigrati che “invadono” l’Italia con intenzioni più o meno bellicose secondo alcuni editorialisti presi in esame dal giornalista di Repubblica durante il workshop.

Infine, per la giornata di sabato, è Lawrence Lessig dell’Università di Harward, luminare del Creative Commons, a prospettare un futuro in cui sarà una rete di “root-strikers”, formatasi sul web, a finanziare le campagne elettorali americane, con una sorta di “ticket elettorale” che annullerà l’influenza delle grandi corporation sulle azioni dei deputati americani.


Utopia o realtà, gli incontri della Biennale Democrazia finora sembrano dirci che in mano abbiamo uno strumento
potentissimo: forse è arrivato il momento di imparare a capire come usarlo e “liberare” il web-cittadino che è in noi.

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