Un gioco “di ruolo” virtuale per capire meglio il sistema di accoglienza olandese

Chi ha il diritto di ottenere lo status di rifugiato e l’asilo politico e chi invece no? Chi è a prendere questa decisione e secondo quali criteri? Si tratta di una sentenza che ha implicazioni e risvolti importanti nella vita dei singoli richiedenti e che fa parte del lavoro quotidiano dell’IND, il Servizio Immigrazione e Naturalizzazione olandese. Alcune riviste e agenzie mediatiche olandesi hanno lavorato insieme per cercare di fare luce sull’argomento con un progetto innovativo e provocatorio.
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Finding Home: un progetto multimediale per raccontare le mamme rifugiate

La salute materna e neonatale è un aspetto della crisi dei rifugiati in Europa che viene spesso trascurato e di cui raramente si sente parlare. Eppure, solo nel 2016 sono state più di 1000 le donne rifugiate ad aver partorito in uno dei campi profughi che si trovano in Grecia. Diventare mamma e costruire una famiglia mentre si è in viaggio verso luoghi sconosciuti non è facile e i problemi – e traumi – da affrontare sono molti.  Continua a leggere

Barriere linguistiche: come la tecnologia viene incontro ai migranti

Da tempo ormai i migranti sfruttano la rete e le sue possibilità per affrontare e superare le difficoltà che incontrano nel loro percorso, ma anche per restare connessi con i propri affetti e la propria identità. E se fosse invece la rete stessa a venire incontro ai migranti? Se fossero nel web le risposte più efficaci alla crisi migratoria che stiamo vivendo? Continua a leggere

Come la mHealth può aiutare i rifugiati in Europa?

Dal momento che l’attuale crisi dei rifugiati si sta diffondendo in tutta Europa e ovunque nel mondo, abbiamo deciso di aprire una sessione dedicata a questo tema nel nostro blog.

Di Paola Fava

Quando questa tragedia ha raggiunto i nostri confini e, soprattutto, è arrivata ai nostri media, sono nate moltissime iniziative per coinvolgere la comunità tecnologica in tali questioni.
La prima è stata Techfugees di Mike Butcher, una conferenza e un hackathon durante i quali la comunità tecnologica di Londra ha mostrato il suo supporto ai rifugiati. Nel giro di pochi giorni il gruppo Facebook e l’account Twitter sono esplosi di post, commenti e condivisioni, evidenziando il grande interesse della comunità tecnologica e la sua volontà di essere coinvolta nelle problematiche che riguardano i rifugiati.
Molte altre conferenze ed eventi sono stati organizzati in tutta Europa, incluso un evento in Italia, organizzato da H-Farm.

In particolare, Gnucoop ha creato un blog, “Blogfugees”, che vuole rappresentare un punto di riferimento per tutte le organizzazioni che lavorano con i rifugiati e che hanno bisogno di un aiuto da parte di esperti in ambito tecnologico. Il blog rappresenta il luogo dove raccogliamo tutto quello che è possibile trovare online sul tema “Tecnologia per i rifugiati”.

Ora probabilmente vi starete chiedendo qual è la connessione con l’Mhealth.
Come già sappiamo, una delle più importanti applicazioni dell’Mhealth è l’utilizzo di strumenti mobile che aiutino nella diagnosi delle malattie, specialmente in contesti difficili.
Le condizioni sanitarie nei campi profughi sono motivo di preoccupazione per le autorità e per gli operatori sanitari. Nonostante gli sforzi per migliorare le condizioni generali nei campi, i progressi sono lenti sia perché l’obiettivo è molto ambizioso, sia perché risulta molto difficile provvedere ad un adeguato numero di dottori nei campi.

Nell’ambito della fornitura di servizi sanitari esiste un’applicazione medica gratuita, MedShr, che cerca di affrontare queste sfide offrendo la possibilità ai dottori di caricare, condividere e discutere immagini mediche in un network di professionisti. Nei campi dove le condizioni sanitarie sono davvero pessime, MedShr è uno strumento prezioso per i medici.

MedShr è stato creato nel 2013 dal Dr. Asif Qasim, un cardiologo londinese, con l’obiettivo di creare una piattaforma su cui i medici potessero entrare in contatto e discutere di casi clinici in un “luogo” sicuro.
Connettendo specialisti in grado di offrire supporto, diagnosi e cure, MedShr è stata utilizzata da organizzazioni come Medici Senza FrontiereCroce Rossa per sostenere e aiutare i medici sul campo e per contattare gruppi informali di dottori volontari.

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Un recente report dell’Università di Birmingham evidenzia che la situazione nei campi di rifugiati non rispetta gli standard raccomandati dall’UNHCR e dalla World Health Organisation (WHO) e che la mancanza di un riparo, di cibo e di acqua potabile, di igiene personale, di servizi igienici e di sicurezza può avere delle conseguenze dannose per la salute di chi risiede a lungo nei campi.
Applicazioni come MedShr sono strumenti che le persone e le organizzazioni utilizzano sempre più frequentemente per riuscire a rispondere a questa crisi.

Oltre alla sua applicazione specifica nei campi di rifugiati, MedShr permette in generale di:

Trovare e discutere immagini e casi medici:
Grazie alla possibilità di condividere ECG, esami, raggi X, foto e video dei pazienti MedShr permette a medici e specialisti di confrontarsi su casi clinici importanti. MedShr permette di scambiarsi dati in modo sicuro, poiché coinvolge un network privato e utilizza un originale sistema per ottenere il consenso dei pazienti al trattamento dei dati. I medici hanno la possibilità di seguire i casi e di imparare dai loro colleghi grazie ad una discussione informale, accreditata e basata su casi reali.

Condividere conoscenze con membri verificati:
MedShr è la via più semplice per trovare, condividere e discutere immagini e video di casi clinici che si incontrano quotidianamente. È possibile creare un nuovo caso e condividerlo con i colleghi o con l’intero network, dare la propria opinione, ottenere consensi, avviare una discussione in modo sicuro da un dispositivo mobile. MedShr è privato e sicuro e permette ai membri di mantenere il completo controllo della privacy dei propri pazienti, essendo tutti i membri medici, operatori sanitari e studenti di medicina controllati e verificati.

Espandere il network dei medici professionisti:
Gli studenti di medicina e i dottori, partecipando a MedShr, aumentano le loro conoscenze, dal momento che entrano in contatto con colleghi di lavoro e universitari di tutto il mondo; essi possono così rimanere aggiornati sugli ultimi casi, selle ultime tecniche e conoscenze. Studenti di medicina, giovani dottori e specializzandi utilizzano il gruppo di MedShr come una risorsa per l’apprendimento informale, in vista di esami strutturati a partire da casi reali e come integrazione dei propri studi.

MedShr è una brillante idea: gli smartphone connettono i medici e permettono agli operatori umanitari di avere delle diagnosi mediche nell’immediato” – Rohan Silver, Evening Standard.

 

Tradotto da Laura Andreoli

Source: Telegraph.co.uk

Università e crisi migratoria: accademici europei in azione.

Cosa succede quando il mondo accademico si attiva per dare aiuti e risposte concrete alla crisi migratoria? Gli esempi sono tanti, e alcuni valgono la pena di essere raccontati.

di Camilla Fogli Continua a leggere

La nuova cultura dell’accoglienza è grassroots e partecipativa.

Una volta arrivati in un nuovo Paese, i migranti si trovano a dover affrontare una nuova sfida: come e dove reperire tutte le informazioni relative all’accoglienza, alla burocrazia, ai servizi sanitari. Per fortuna, anche in questo campo la tecnologia si sta rivelando un alleato prezioso, permettendo in vari modi l’accesso a informazioni aggiornate e verificate.

di Camilla Fogli

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Refunite: la tecnologia incontra il ricongiungimento familiare

Secondo i dati raccolti da UNHCR e Frontex nel 2016 sono stati circa 181.000 i rifugiati arrivati via mare sulle coste europee, e tra questi ben 26.000 sono minori non accompagnati. I dati Eurostat riportano poi che nel 2015 sono stati quasi 400mila i minori non accompagnati che hanno fatto richiesta di asilo in Europa. Questo panorama mostra come uno dei problemi legato alla crisi migratoria che stiamo vivendo è anche legato alla separazione delle famiglie.

di Camilla Fogli

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HiHere, un’app per innovare l’accoglienza

Hi Here, la prima piattaforma social per aiutare i rifugiati e richiedenti asilo nel loro percorso di integrazione. Un’app nata dal lavoro di un team multidisciplinare, che ha voluto creare una soluzione innovativa per far fronte all’emergenza migratoria migliorando il sistema di accoglienza in Italia.

L’idea originale del progetto nasce durante una ricerca sui sistemi di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in Sud Italia, svolta da Martina Manara e Caterina Pedò. Le due giovani architette sono riuscite, in qualche mese di ricerca sul campo, a individuare gli aspetti più critici del sistema di accoglienza italiano per poi proporre un progetto che ne integrasse le soluzioni.

In particolare, le due studentessa hanno individuato alcuni bisogni fondamentali dei migranti che non vengono attualmente soddisfatti dalle varie realtà che si occupano di accoglienza.

  • Legami sociali, con chi resta nel paese d’origine, con migranti e rifugiati di una stessa etnia, con le comunità locali.
  • Informazione, soprattutto in tema di servizi locali di accoglienza e diritto di asilo.
  • Opportunità, spesso a causa del loro isolamento sociale e della scarsità di conoscenze.
  • Voce, i richiedenti asilo hanno spesso difficoltà a farsi sentire: da altri rifugiati, dalle istituzioni e dalla società in generale.

Inoltre, durante la ricerca, è risultato evidente come la maggior parte dei richiedenti asilo investa i propri risparmi nell’acquisto di uno smartphone per potersi connettere negli appositi punti di accesso al wi-fi . Connettendosi i migranti hanno la possibilità di: rintracciare e comunicare con familiari o amici, condividere commenti e informazioni sui territori ospitanti, così come sul diritto d’asilo e sui servizi di accoglienza locali.

Perché allora non creare uno strumento che renda tutto ciò più facile e diretto? Ecco Hi Here, l’app che permette ai migranti di condividere la propria esperienza, raccogliere informazioni essenziali sul diritto d’asilo e stabilire nuovi legami sociali.

Uno degli aspetti più interessanti è che chiunque, richiedenti asilo, realtà locali, ong, può mettere a disposizione il proprio tempo o le proprie abilità a vantaggio degli altri, per dare il proprio contributo all’integrazione.

L’applicazione è stata strutturata in sezioni, ognuna in grado di rispondere ad una delle mancanze individuate.

hihere 1Aiuta i richiedenti asilo a ricostruire i legami sociali interrotti. Gli utenti hanno infatti la possibilità di creare un profilo, registrare i propri dati personali e mappare il proprio itinerario. Grazie ad un motore di ricerca interno possono poi rintracciare e riconnettersi con gli amici e i familiari dispersi, filtrando gli altri utenti secondo determinati criteri.

hihere 2  Fornisce una piattaforma per comunicare ed informare. Da un lato, le diverse ong e associazioni hanno una bacheca a disposizione su cui possono postare annunci e notizie. Dall’altro, una serie di semplici tutorial disponibili in quattro lingue, illustrano le basi della legislazione e della burocrazia italiana in materia di asilo. 

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Crea una comunità di richiedenti asilo che forniscono reciproco supporto tra loro. Gli utenti possono postare annunci per offrire o cercare aiuto, condividere eventi e ogni altro tipo di opportunità, eludendo il senso di isolamento e favorendo processi di integrazione.

 

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Permette ai richiedenti asilo di farsi sentire. Tutti gli utenti, infatti, possono dare valutazioni, scrivere commenti e postare foto sui servizi e le organizzazioni locali. Così, attraverso Hi Here, i richiedenti asilo forniscono un servizio di monitoraggio dal basso, avendo la possibilità di segnalare buone pratiche e casi critici.

 

Photo Credit: www.hihere.eu

 

UNHCR: l’ascolto dei rifugiati sui social media

Scoprire le rotte e le necessità dei migranti, ma anche la relazioni con i trafficanti, gli intermediari e gli approfittatori: tutto attraverso il monitoraggio dei social network. E’ quanto ha fatto l’UNHCR grazie a un team internazionale che ha monitorato per 8 mesi le conversazioni sui social. I risultati sono riportati nel suo ultimo report “From a Refugee Perspective”.

di Erica Rossi

Il report “From a Refugee Perspective” presenta i risultati di una ricerca condotta da un team di studiosi (un project manager, due persone che parlano Pashto e Dari, due madrelingua arabi e un copy editor inglese) che tra marzo e dicembre 2016 ha voluto effettuare un attento monitoraggio di tipo qualitativo dei social media, monitorando le conversazioni Facebook relative alla migrazione di comunità di persone parlanti afgano e arabo per trovare informazioni sul rapporto tra trafficanti e migranti.

Per fare ciò, il team ha creato degli account Facebook, unendosi poi a tutti i gruppi rilevanti. Venivano preparati poi dei report settimanali con le scoperte più significative da consegnare allo staff di UNHCR e ad altre persone interessate. Il progetto non ha preso in considerazione Twitter, poiché si tratta di un social network non particolarmente usato tra le comunità di riferimento.

Per complementare le informazioni ricavate dai social media, il team ha tenuto dei focus group e alcune discussioni con i rifugiati arrivati in Europa. Queste discussioni hanno portato a ricavare informazioni su come rifugiati e migranti utilizzano e scambiano informazioni.

Monitorare le conversazioni su Facebook ha permesso al team di tracciare alcune tendenze, come l’ascesa e la caduta dei prezzi dei trafficanti chiedono per le diverse rotte. Inoltre, si è trattato di un’azione che ha fornito spunti interessanti su come i trafficanti riescono a vendere i loro servizi online.

I risultati della ricerca

Abbiamo riassunto i risultati di questa ricerca, raccolti e presentati nel report:

Risultati della ricerca

 

Durante il grande afflusso delle persone che richiedono asilo, rifugiati e migranti in Europa nel 2015, è emerso che la maggior parte di queste hanno iniziato il loro viaggio senza aver ben chiaro lo scenario che gli si sarebbe prospettato dopo l’arrivo. Molti non erano a conoscenza della complessità del sistema di asilo europeo, né di tutti gli obblighi e i diritti dei rifugiati in Europa.

E’ proprio sul viaggio che i ricercatori si sono concentrati, informandosi sulle modalità di pagamento delle tratte offerte, sulle informazioni che vengono distribuite dai reclutatori e sui contatti familiari una volta arrivati a destinazione.

Risultati della ricerca (1)

 

Infine dalla ricerca è emerso che:

  • Più di 50 pagine Facebook offrono sistemazioni di breve periodo nei paesi di transito (soprattutto in Turchia).
  • Più di un centinaio di agenti finanziari sono presenti su Facebook. Essi non solo si occupano della quota depositata dai migranti, fungendo da intermediari tra trafficante e cliente, ma gestiscono anche i trasferimenti finanziari.
  • Oltre 100 consulenti in materia di asilo e immigrazione offrono una consulenza sulle domande di asilo.
  • Occasionalmente, 20 utenti fingono di essere “clienti soddisfatti” postando sulle pagine social di trafficanti messaggi di gratitudine o immagini che esprimono il loro ringraziamento. Questo succede spesso in risposta a post di denuncia pubblicate sulle pagine dei trafficanti, che potrebbero quindi intaccare la loro credibilità.
  • Quando il business è esploso e ha iniziato ad espandersi, i trafficanti hanno iniziato a pubblicare post di “ricerca personale” per ampliare la loro rete sulla zona di lavoro. I requisiti richiesti per i candidati erano molto concreti: competenze linguistiche, esperienza di logistica e software di prenotazione ecc.

 

E’ possibile consultare il report completo a questo link.

Un hackathon con e per i migranti, seconda tappa

Prosegue il percorso di Migrathon 2017, dopo l’hackathon di Torino dello scorso dicembre, un nuovo appuntamento a Dakar, dal 3 al 5 marzo, con un hackathon tutto senegalese. Una maratona digitale di tre giorni, in cui gruppi misti di migranti, web  designer e informatici, svilupperanno e contestualizzeranno ulteriormente il primo modello di piattaforma digitale per l’informazione e il sostegno dei migranti interni in Africa Occidentale ideato a Torino e fruibile anche da telefoni di prima generazione e in assenza di connessione internet. Continua a leggere