L’approccio Low Code al digitale – Cos’è e perché sta diventando una competenza indispensabile | Free webinar 5 luglio 2023

Di cosa parliamo?
Cosa si intende per approccio Low Code allo sviluppo di prodotti digitali e come funziona. Perché diventa sempre più necessario acquisire queste competenze e in che modo possono essere messe al servizio degli enti e dei progetti sociali

A chi è rivolto?
Low code developer o aspiranti tali, operatori del sociale e del terzo settore, anche senza esperienze informatiche, studenti di queste materie, operatori marketing ma anche piccole imprese, start up, onlus e aziende del terzo settore che desiderano snellire e ottimizzare i propri flussi di lavoro. In generale, persone interessate al ruolo delle tecnologie digitali nel lavoro sociale.

Cosa mi serve per partecipare?
Basta un pc (o mac, tablet, smartphone) e una connessione Internet, sono consigliati microfono e webcam funzionanti per interagire con i relatori e gli altri partecipanti.

 


L’approccio Low Code permette di creare software e tools digitali senza utilizzare linguaggi di programmazione complessi ma solo tramite interfaccia visuale.

 

Si tratta di “combinare” porzioni di codice già scritto, sapendo comporre insieme e utilizzare al meglio le decine di piattaforme che oggi offrono ottimi servizi a costi contenuti. Sono infatti infiniti ormai i prodotti che permettono di lavorare in questo modo: Airtable, Zapier, Stripe, Notion, Landbot, Shopify, Wix, Webflow, Substack, Typeform, WordPress solo per nominarne alcuni.

In questo evento scopriremo perché investire nel Low Code come metodo di lavoro e stile di approccio alla digitalizzazione, con particolare attenzione alle esigenze degli enti sociali.

Anche il settore non profit, infatti, in seguito alla recente pandemia di Covid-19, ha aumentato rapidamente i processi di digitalizzazione degli enti. Associazioni sociali, cooperative e ong sempre più necessitano di ideare, creare e gestire strumenti digitali di varia natura per la realizzazione dei loro progetti o per la gestione stessa degli enti (siti web, e-commerce, e-learning, database e gestionali, app, webdoc, mappature, ecc).

Durante il webinar sarà presentata la nuova Academy Low Code, una proposta formativa intensiva – modulare e personalizzabile, per diventare sviluppatori di prodotti e servizi digitali per gli enti sociali senza utilizzare linguaggi di programmazione.

Intervergono:

Edoardo Vigo
Esperto No e Low Code. “Perché formarsi in Low Coding – Il Low Code come approccio al digitale: esempi e progetti”

Federico della Bella
Esperto in applicazione di intelligenza artificiale a progetti di marketing, comunicazione, vendite e servizio clienti. “Evoluzione delle competenze digitali e diffusione del paradigma low-code”

Luca Morano
UX Designer, progettista di prodotti e servizi digitali. “Un nuovo design formativo” – Storie di successi”

Surfweek.it
Presentazione Caso Studio dell’Associazione Surfweek. “Come usiamo il low code per ottimizzare i processi”

Silvia Pochettino
Founder ImpactSkills. “L’ Academy Low Code”

 

Info e iscrizioni sul nuovo sito di Impactskills! 

Per saperne di più sulla Low Code Academy 

 

13 dicembre – ore 18.30 | Digital Open Badge – Strumento di Attestazione di Competenze

Cosa sono davvero i Digital Open Badge, come funzionano e perché saranno sempre più importanti nel futuro?
L’obiettivo dell’incontro live online di martedì 13 dicembre, è presentare e mettere in evidenza il valore d’uso del Digital Open Badge, capire cosa contiene, a cosa serve e come aumentarne la spendibilità, integrandolo nel proprio curriculum o usandolo in fase di colloquio.

Impactskills oggi e Ong 2.0 prima, sono stati tra i primi enti ad emettere i Digital Open Badge al termine dei percorsi formativi con la SAA School of Management dell’Università degli Studi di Torino!

Relatore dell’incontro

Marcello Bogetti, Direttore di LabNET, Laboratorio di Network Analysis applicata, della School of Management della Università Torino. È docente e progettista al Master di secondo livello “Organizzazione e gestione delle Risorse Umane” dell’Università di Torino ed è membro del comitato scientifico del Master di alto apprendistato in “Internazionalizzazione dei processi aziendali”. È membro del Comitato Scientifico del Centro di Innovazione e Sperimentazione dell’USR Piemonte del MIUR.

L’incontro è gratuito, ma è riservato agli iscritti alla community di Impactskills. Scegli il tema: Lavorare nella Cooperazione Internazionale, Comunicazione Sociale e Fundraising, Tech for Good e iscriviti alla Community! L’iscrizione è gratuita e, oltre alla partecipazione all’evento, ti permette di entrare all’interno di una rete di operatori del settore e/o appassionati del tema con cui scambiare informazioni ed esperienze.

Comunicazione sociale tra responsabilità e professionalità

Ancora bambini con le pance gonfie, attività sociali percepite come buonismo tappabuchi, gli appelli alla solidarietà sociale compaiono sui media prevalentemente in casi di emergenza o in occasione di maratone televisive o appelli di personalità mediatiche. Eppure il non profit è oggi in Italia un settore strategico per comprendere i bisogni sociali e costruire una convivenza civile, giorno per giorno. 

Secondo i dati Istat in 10 anni il numero dei lavoratori del Non Profit è passato da 488.523 a 861.919 (il 6,9% rispetto ai lavoratori delle imprese) con un incremento del 76%, senza contare gli italiani che partecipano ad attività associative in forma volontaria e gratuita. Si tratta di una parte significativa e importante dell’economia del nostro paese.

La comunicazione sociale ha bisogno di affermarsi sempre di più con spazi di dignità e professionalità. 

Ma quali sono i principi etici, gli strumenti e le strategie vincenti della comunicazione sociale? A cosa bisogna fare attenzione per non cadere nel pietismo o nel sensazionalismo ma allo stesso tempo coinvolgere? Perché alcune campagne decollano e altre no?

Per rispondere a queste domande e contribuire a potenziare le capacità comunicative del Terzo Settore riparte il percorso formativo No profit Si social, comunicazione digitale integrata per il terzo settore”, ideato e realizzato da Impactskills e Idea Comunicazione, con il patrocinio dell’Associazione Ong Italiane (AOI) e FOCSIV. Dopo una prima edizione di successo, il percorso si arricchisce di nuovi docenti, laboratori pratico applicativi, esercitazioni mirate e simulazioni immersive.

Sul sito di Impactskills tutte le informazioni

 

L’approccio di genere è una “cosa da donne”?

Donne e uomini non sono uguali. È una banalità? No, se si vuole lavorare seriamente nei processi di sviluppo.

L’approccio di genere non è fare progetti per le donne, non è una disciplina e non è un ambito di intervento come tanti altri nella cooperazione internazionale. L’approccio di genere è un approccio trasversale a tutti gli ambiti, perché si tratta di un modo di guardare le cose.

Questa è la premessa da cui parte lunedì 28 novembre il nostro corso di formazione in diretta online “Approccio di genere nella cooperazione internazionale” tenuto da Luisa Del Turco. Si tratta, in concreto, di conoscere una serie di strumenti che permettono di analizzare ogni attività ponendo attenzione continua alle differenze, alle attitudini e alle competenze di uomini e donne.

Per info e iscrizioni: https://impactskills.it/corso/approccio-di-genere-nella-cooperazione-internazionale-2022/

La comunicazione social(e) – open lesson 24 novembre

Multidisciplinare, educativa, persuasiva: la comunicazione sociale deve informare, educare e sensibilizzare ma anche persuadere, cioè fare leva sulle emozioni ed attivare la facoltà dell’empatia per indurre le persone a compiere azioni che normalmente non compierebbero.

Ma quali sono i principi etici, gli strumenti e le strategie vincenti della comunicazione sociale? A cosa bisogna fare attenzione per non cadere nel pietismo o nel sensazionalismo ma allo stesso tempo coinvolgere? Perché alcune campagne decollano e altre no?

Ne parliamo il 24 novembre alle ore 18 nella open lesson online “La comunicazione social(e)” con Marzia Masiello, consigliera AOI e responsabile coordinamento e relazioni istituzionali di AiBi; Nino Santomartino, vicepresidente Focsiv; Emanuele Rossini, Digital Area Coordinator di Emergency, realtà tutte italiane che promuovono una cultura di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani, esemplari per le strategie di comunicazione adottate.

L’incontro sarà anche l’occasione per presentare la seconda edizione del nostro percorso formativo “No Profit Sì Social – diventa comunicatore sociale” organizzato in collaborazione con IdeaComunicazione, per apprendere tutte le metodologie e le modalità necessarie per impostare e gestire una strategia di comunicazione integrata a 360 gradi per un ente non profit. Porteranno la loro testimonianza anche ex studenti ed è previsto ampio spazio Q&A.

Tutte ler info su Impactskills

17 novembre – ore 18.30 | Come trasformare il tuo progetto, o la tua non profit, in un’organizzazione sostenibile?

Hai un’idea di attività ma non sai come metterla in atto? Hai da poco avviato un’associazione, un ente o una start up e hai bisogno di consigli per sviluppare la tua impresa? Tra gli elementi da non sottovalutare ci sono l’analisi delle prospettive delle iniziative a contenuto economico, personali e associative. Ma anche la valutazione degli scenari e l’analisi delle logiche di controllo dei costi e di misurazione della sostenibilità nel tempo. Oltre all’assessment delle competenze e delle risorse necessarie per il conseguimento delle finalità progettuali e istituzionali e alla progettazione di un piano di condivisione e di accompagnamento.

Marino Bertucci vi spiegherà come mettere le gambe alle idee in modo organizzato, sostenibile e duraturo.

Durante l’evento, sarà possibile porre domande in chat o fare interventi a voce per scambiare esperienze, a fini di condivisione e arricchimento collettivo.

A seguire, networking di approfondimento a piccoli gruppi. 

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L’evento è riservato agli iscritti alla Community ImpactSkills

Scegli il tema: Lavorare nella Cooperazione Internazionale, Comunicazione Sociale e Fundraising, Tech for Good e iscriviti alla Community! L’iscrizione è gratuita e, oltre alla partecipazione all’evento, ti permette di entrare all’interno di una rete di operatori del settore e/o appassionati del tema con cui scambiare informazioni ed esperienze. 

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Il Master nelle parole degli ex studenti

In tre anni, sono 75 gli studenti da oltre 30 paesi diversi che hanno partecipato al Master ICT for Development and Social Good. Quali sono i loro background? Perché hanno scelto di seguire il Master? E come li ha aiutati il Master nel loro percorso lavorativo?
Abbiamo rivolto loro queste domande e quella che segue è la fotografia che è emersa.

di Luca Indemini

Provenienza e perché hanno scelto il Master

Gli studenti arrivano da esperienze molto diverse, da project manager a insegnanti di lingue, da analisti di business e di dati a Corpi di pace, e ancora imprenditori, studenti, analisti IT e molto altro.
“Per apprendere nuove competenze”, “Migliorare la conoscenza delle ICT”, “Curiosità” sono le principali ragioni per cui hanno scelto di frequentare il Master.
Ma c’è anche chi ha motivazioni più personali. Mauricio Bisol spiega che lui desiderava “sviluppare la mia azienda e fornire servizi tecnologici alle ONG”. Mihaela Tudorache cercava di “tuffarsi nel settore sociale” e il Master “sembrava la soluzione perfetta per me”. Carmelo Fischetti, imprenditore nel settore ICT, voleva “spendere le mie conoscenze tecniche e la mia esperienza in progetti rilevanti dal punto di vista del Bene Sociale”.

“Il Master offre un’interessante gamma di argomenti e il fatto che questi temi siano ‘immersi’ in una prospettiva di ‘sviluppo sostenibile’ me lo ha reso molto attraente – spiega Tommaso Mattei, assistente d’ufficio alla FAO –. Inoltre, essendo principalmente online, era compatibile con i miei impegni lavorativi”.

Cosa hanno imparato

L’aumento di competenze e prospettive e l’opportunità di far parte di un network di professionisti, esperti e colleghi sono alcuni dei punti di forza del Master, secondo gli ex studenti.

E proprio sottolineando l’importanza del “fare rete”, Carmelo Fischetti racconta: “Ho iniziato a collaborare con alcuni compagni di classe a un paio di progetti ICT for Social Good”.

Non mancano poi storie personali che mostrano come le competenze apprese al Master possano aiutare in diverse situazioni.
“Grazie al Master ho firmato un contratto di consulenza, che spero possa portare a una posizione più stabile alla FAO, dove attualmente lavoro”, spiega Tommaso Mattei.
Peter Njiguna, che lavora nell’ambito dello sviluppo digitale, spiega: “Quello che ho imparato al corso è stato un punto di forza per ottenere una nuova posizione lavorativa che ricopro attualmente”.
Anche in periodo di pandemia, qualcuno è riuscito a mettere in pratica alcune competenze acquisite al Master, come Dominic Kornu: “Le competenze acquisite mi hanno aiutato a fare consulenza (per lo più pro bono) per un paio di PMI, mentre cercavo di avviare un percorso di consulenza incentrata su ICT4D. Un paio di mesi fa poi, ho avuto l’opportunità di lavorare a un progetto sanitario come responsabili IT e delle comunicazioni”.
Dopo il Master, Gregor Giannella ha avuto l’opportunità di iniziare una nuova avventura: “Sono entrato a far parte di una ONG internazionale nel Mozambico settentrionale (a Pemba), come coordinatore della risposta umanitaria e project manager in un contesto che si sta rapidamente evolvendo in una grave crisi umanitaria. Da allora, utilizzo regolarmente le ICT per monitoraggio e valutazione. Il Master mi ha fornito le basi necessarie per comprendere tutti i potenziali utilizzi delle ICT che ora posso testare sul campo, per innovare anche le attività dell’ONG, nelle diverse fasi del ciclo di vita del progetto”.

L’approccio di genere come lente per migliorare l’impatto dei progetti

Spesso, quando si parla di approccio di genere nei progetti di cooperazione internazionale si rischia di fraintenderne il senso: si tende a pensare che si parli esclusivamente di iniziative per le donne o specifiche per il raggiungimento dell’uguaglianza di genere. Non è così: adottare un approccio di genere significa prendere in considerazione le differenze tra uomini e donne in merito a esperienze, bisogni, potenzialità, ruoli familiari e sociali. L’idea è quindi quella di una lente da utilizzare in maniera trasversale a tutti i tipi di progetti, siano essi in campo agricolo, umanitario, sociale o qualsiasi altro. 

Di Anna Filippucci

E’ importante adottare questo approccio perchè altrimenti il rischio è quello di escludere i soggetti più deboli e con meno strumenti (più sovente le donne, in effetti) o comunque di non riuscire a raggiungere tutti in maniera efficace. Le donne, così come gli uomini, dovrebbero poter contribuire allo sviluppo e la crescita del proprio paese, e il compito della cooperazione, tra gli altri, è proprio quello di rendere quest’opportunità accessibile a tutti.

In questa interessante TED talk, Shameran Abed, responsabile generale dei progetti di microfinanza presso BRAC, racconta l’esperienza ultradecennale della propria organizzazione nel combattere la povertà estrema nel mondo. L’Ong, nata nel 1972 da un’idea di ‎Fazle Hasan Abed (padre di Shameran) si è posta come obiettivo iniziale quello di migliorare la situazione delle popolazioni più fragili colpite da un ciclone e la successiva guerra d’indipendenza in Bangladesh; se da allora si sono fatti molti passi in avanti, come nota Shameran, il problema delle persone che vivono in situazioni di “ultra-povertà” è tutt’altro che risolto. Si stima che siano ancora 400 milioni gli uomini e le donne che sopravvivono in questa condizione in tutto il mondo. 

BRAC, così come anche l’idea del premio Nobel Mohammad Yunus della Grameen Bank per esempio, partono dal presupposto che coloro che vivono in questa condizione abbiano più di tutto perso la speranza nel futuro. Progetti incentrati sul microcredito e l’accesso a dei programmi educativi gratuiti si sono rivelati in questi casi la risposta più efficace per permettere alle persone di prendere in mano la propria situazione e uscire con le proprie forze dalla “trappola della povertà”

Ma veniamo all’approccio di genere. Uno degli elementi fondamentali messi in evidenza nella TED talk, assunto di base anche dei primi programmi di microcredito introdotti da Yunus, è che siano le donne i soggetti più colpiti da forme di povertà estrema, o situazioni di dipendenza e sfruttamento radicate. Allo stesso tempo, le donne, più degli uomini, si mostrano di media più motivate nel cambiare la propria situazione, in quanto sovente anche responsabili del sostentamento dei figli e della casa. Un approccio di genere ha permesso in questo caso di costruire programmi tarati sulle esigenze dei destinatari del progetto, ovvero prioritariamente le donne.

Abed porta l’esempio di Giorina, madre di due figli, vittima di un uomo violento. Una volta entrata nel programma, la donna ha ricevuto da BRAC due dollari a settimana e due mucche, per il suo sostentamento e quello della sua famiglia; attraverso un servizio di mentoring e formazione costante, Giorina è riuscita in seguito ad avviare una propria attività imprenditoriale e adesso gestisce il più grande negozio di alimentari del proprio villaggio. 

Il programma di BRAC nato nel 2002 ha permesso a due milioni di donne in Bangladesh di uscire dalla condizione di povertà estrema. L’investimento è stato di soli 500 dollari a famiglia nell’arco temporale di 2 anni e il tasso di successo del progetto è del 92% sul lungo termine. Questa percentuale significativa indica infatti le donne che sono riuscite a mantenere o migliorare il proprio benessere anche dopo il termine del programma di aiuti (2 anni appunto). Si tratta di un risultato considerevole, che probabilmente non sarebbe stato tale se non fosse stata utilizzata la “lente” dell’approccio di genere durante la programmazione e lo svolgimento di tutto il progetto.

Se vuoi saperne di più guarda anche il nostro corso di formazione dedicato all”Approccio di genere nella cooperazione internazionale”

Al via la terza edizione del Master ICT For Development and Social Good!

Sono aperte le iscrizioni alla terza edizione del Master di primo livello ICT For Development and Social Good”! Si tratta del primo Master universitario in Italia incentrato sull’applicazione delle tecnologie digitali ai progetti sociali e di cooperazione allo sviluppo. C’è tempo fino al 7 settembre 2020 (ore 15:00 CEST) per presentare la propria candidatura e fare domanda per la borsa di studio. 

Questo innovativo percorso di studi nasce con l’obiettivo di creare figure manageriali capaci di utilizzare al meglio gli strumenti digitali per potenziare efficacia ed efficienza dei programmi sociali. Esso ha formato ad oggi oltre 50 persone ed è rivolto agli studenti di tutto il mondo che posseggono già un Bachelor Degree (diploma di laurea triennale), i professionisti del settore della cooperazione allo sviluppo che intendano specializzarsi sull’uso delle ICT4D, così come ai membri di start-up con un focus sulle tecnologie digitali e coloro che facciano parte di associazioni, cooperative e altri enti del terzo settore specializzati in progetti in ambito sociale. 

Il Master, interamente in lingua inglese, si svolge nella doppia formula live online e residenziale (con sede al Campus Luigi Einaudi di Torino), con docenti internazionali ed esperti di agenzie di sviluppo di altissimo livello, ed è fortemente incentrato sulla metodologia learning by doing, prevedendo un’ampia gamma di esercitazioni applicative, case studies, crash courses (corsi intensivi) realizzati in collaborazione con esperti ed enti del settore, che puntano a sviluppare le competenze pratiche dei partecipanti. Oltre al “Full Master Model”, è previsto un secondo modello di studio e partecipazione, interamente fruibile online, al termine del quale viene fornito un Attestato di Partecipazione e un Portfolio personalizzato. Sono infine disponibili borse di studio a copertura parziale o totale dei costi di iscrizioni, per entrambi i modelli di studio (Full Master e Online Master).

L’idea del Master prende forma qualche anno fa ormai, a partire dalla fruttuosa collaborazione tra l’Università degli studi di Torino e Ong 2.0, nell’ambito di un percorso di alta formazione di lunga durata intitolato “ICT Innovation for Development”. Quest’ultimo, implementato da Ong 2.0 all’interno del programma Innovazione per lo Sviluppo, si è tenuto per due edizioni consecutive, negli anni 2014-2015 e 2015-2016, conseguendo un enorme successo, con oltre 430 candidature arrivate da tutti i continenti del mondo!

Da corso di alta formazione di lunga durata, il programma diventa così un Master a tutti gli effetti a partire dall’anno accademico 2018-2019, grazie al progetto “Digital Transformation, finanziato dall’Agenzia Italiana di Cooperazione allo sviluppo e Fondazione Compagnia di San Paolo. Il programma di studi indaga in dettaglio le straordinarie potenzialità (e i rischi) dell’applicazione delle Information and Communication Technologies (ICT) ai progetti di sviluppo in ambito agricolo, sanitario, nella lotta alla povertà e nella difesa dei diritti umani.

Dalle nuove metodologie per il project management e l’innovazione sociale, alle ICT per la raccolta e visualizzazione dei dati nei programmi di sviluppo. Dalle applicazioni mobili funzionanti anche offline per lavorare nei paesi del Global South fino ai nuovi trend nel campo dello sviluppo come l’uso della blockchain, senza trascurare l’importanza della sicurezza delle informazioni e le implicazioni future dell’intelligenza artificiale: i temi affrontati nel Master offrono una panoramica completa delle sfide di questo settore. Per quest’anno accademico 2020-2021 il programma del Master subirà infine un aggiornamento per permettere di approfondire gli orizzonti aperti dalla crisi causata dalla pandemia di Covid-19.

Qui puoi scaricare il flyer di presentazione del Master.

Design Thinking e Data Visualization come risorse chiave per innovare la Cooperazione allo Sviluppo

Design Thinking per l’Innovazione Sociale e Data Visualization per il Bilancio Sociale: strumenti e metodologie innovative al servizio del mondo della cooperazione. Vuoi saperne qualcosa in più? Leggi l’intervista ai docenti e scopri il corso che fa per te!

Di Anna Filippucci

Innovare strumenti e metodi della cooperazione internazionale è una sfida ormai improrogabile. Con i corsi di formazione e i progetti che portiamo avanti, noi di Ong 2.0 cerchiamo di rispondere a quest’esigenza, contribuendo alla diffusione di nuovi approcci alla progettazione.

Sulla scia di quest’impegno condiviso, torna anche quest’anno il programma Innovazione per lo Sviluppo cui abbiamo contribuito realizzando 4 nuovi percorsi formativi articolati e completi, in collaborazione con Techsoup Italia. Si tratta di programmi dedicati agli operatori della cooperazione internazionale, ma adatti anche a chi vuole acquisire e mettere in pratica metodologie e strumenti innovativi nel sociale. 

Da due settimane ormai, sono aperte le candidature per i primi due corsi in partenza: Design Thinking per l’Innovazione Sociale e Data Visualization per il Bilancio Sociale.

Per introdurre i temi e i protagonisti dei due percorsi abbiamo deciso di intervistare Azzurra Spirito e Giovanni Pierantoni, rispettivamente docenti di Design Thinking e Data Visualization. 

  • Come e perchè ti sei inizialmente interessato/a al tema oggetto del tuo corso?

Azzurra: Nella mia pratica mi sono sempre occupata di abilitare le comunità ad agire per il bene comune. Inizialmente mi sono concentrata su comunità minoritarie e seconde generazioni, recentemente sono arrivata invece a concentrarmi su sviluppo di modelli e policy. Ho sperimentato moltissimi strumenti a tal fine, da forme innovative di costruzione narrativa fino alla progettazione sociale. 

La domanda ricorrente per me era “cosa serve realmente alle comunità per cui stavo progettando?”, con l’urgenza di attivarne le risorse nello sviluppare soluzioni realmente rispondenti alle loro esigenze e capaci di evolvere autonomamente. Il framework offerto dal design thinking e la sua permeabilità ad altri approcci mi ha mostrato come sia possibile raggiungere questi obiettivi, in ambiti e territori molto diversi.

Giovanni: Mi occupo di progettazione da oltre 15 anni. Una buona progettazione non esiste senza un attento e profondo studio del mondo in cui si vive e si opera. Parlando di design di prodotto, ad esempio, è impossibile fare un nuovo prodotto senza avere studiato nel dettaglio tutti i competitors, i rispettivi prodotti, le tecniche produttive, le campagne pubblicitarie, etc. Per fare questo, e va fatto molto bene, c’è bisogno di raccogliere tanti dati e informazioni di varia natura, e poi, in seconda istanza bisogna elaborare tutti i dati e renderli oggettivi e ben comprensibili a tutto il team. Quindi, concludendo, l’interesse nasce da una esigenza di comunicare nel modo più efficace importanti moli di dati.

  • Qual è il valore aggiunto che questo corso dovrebbe fornire a un cooperante?

Azzurra: Il design thinking è prima di tutto l’occasione di porre in dialogo le proprie competenze con uno specifico mindset, quello dei designer. Su questo aspetto può essere utile un chiarimento: quando parliamo di design non intendiamo quello tradizionalmente inteso come attenzione allo sviluppo di un prodotto, magari in ambito manifatturiero. La moderna concezione vede in questa professione la capacità di abilitare un sistema relazionale desiderato: stimolandolo e infrastrutturandolo attraverso comunicazione, prodotti e servizi. Questo corso assume quindi valore per chi opera nella cooperazione allo sviluppo in quanto offre la possibilità di acquisire strumenti di facile utilizzo, che allenino a queste competenze, e metodi/pratiche facilmente condivisibili con il proprio team e stakeholder. In particolar modo perché focalizzato rispetto all’Innovazione Sociale, una categoria che cresce con forza per la capacità di connettere esperienze diverse: riuscire ad acquisire il linguaggio che renda evidente questa relazione è davvero prezioso per chi opera in questa direzione e spesso fatica a renderlo riconoscibile.

Un testo fondamentale per approfondire e comprendere meglio il tema dell’Innovazione Sociale è il Libro Bianco Per l’Innovazione Sociale, di cui consiglio fortemente la lettura!

Giovanni: Prima di tutto una coscienza diversa del proprio lavoro. Il rischio che noi tutti corriamo è di dare per scontato e/o trattare come prassi il nostro lavoro, in realtà, ogni lavoro, è un bene ricco di dati e informazioni. Informazioni che, prima di tutto, bisogna avere coscienza di possedere e poi bisogna poterle condividere con successo al team e a tutte le persone presenti nell’intero processo.

  • Dicci qualcosa in più sulla metodologia del corso: cosa aspetta i partecipanti?

Azzurra: Ong 2.0 e TechSoup, con il supporto di Fondazione Cariplo e Fondazione Compagnia di San Paolo, rendono possibile un’occasione preziosa di formazione dedicata. Il percorso che abbiamo sviluppato permetterà ai partecipanti di acquisire nuove capacità e competenze, strutturate per essere agilmente trasferite al proprio team (anche) attraverso la sperimentazione su un caso concreto. Grazie alla library di video-pillole i partecipanti potranno iniziare a prendere dimestichezza coi concetti base del design thinking e dell’innovazione sociale, esplorando in autonomia i contenuti in funzione delle loro esigenze e disponibilità di tempo. All’avvio del percorso, con il mio supporto, identificheranno il proprio project work e attiveranno il team. Ogni martedì, a partire dal 12 gennaio, si alleneranno nell’uso degli strumenti alternando sessioni online di sperimentazione su casi condivisi ad approfondimenti teorici. Riceveranno feedback sull’avanzamento delle loro applicazione al project work, avendo così l’occasione non solo di acquisire competenze nuove ma di confrontarsi con colleghi attivi in diverse parti del mondo sviluppando una vera e propria comunità di pratica.

Giovanni: Da oltre quattro anni insegno in differenti Università, corsi di varia natura: dalla progettazione industriale, alla storia della grafica e dell’illustrazione, dalla morfologia all’ergonomia; questo fa sì che il metodo che applicherò ha delle forti e consolidate basi universitario/accademiche, nate però dalla pratica e dal lavoro di tutti i giorni. Per questi motivi le lezioni teoriche saranno sempre affiancate ad esempi pratici e nelle sessioni live i partecipanti saranno invitati a presentare i loro casi, di modo da discuterne e parlarne in maniera pragmatica.