Cooperazione internazionale e ong

La cooperazione internazionale è un mondo articolato e complesso, in cui coesistono realtà diverse e talvolta motivazioni di fondo anche contrastanti tra loro. Dall’azione dei governi e delle grandi istituzioni internazionali a quella delle associazioni di territorio, vi sono diversi tipi di cooperazione internazionale, molto differenziati per entità e strategie di intervento.

 

In sintesi la cooperazione si può suddividere in:

–  bilaterale: la relazione di cooperazione interessa due governi, quello donatore e quello beneficiario, l’aiuto “passa” cioè attraverso due stati;

–  multilaterale: la relazione interessa le Organizzazioni Internazionali (Banca Mondiale, Nazioni Unite, ecc.) e un governo beneficiario;

–  multi-bilaterale: un’organizzazione internazionale (multilaterale) fa da tramite nel progetto di due Stati (bilaterale), caso che occorre ad esempio per l’erogazione di fondi;

–  decentrata: a cooperare sono due autorità locali (ad esempio due comuni), una erogatrice di un servizio, l’altra beneficiaria;

–  non governativa: è il caso delle ong che costruiscono un rapporto diretto con i beneficiari e con loro costruiscono un progetto; vi sono così meno filtri.

 

In linea teorica per tutti la cooperazione internazionale è un approccio di tipo collaborativo per sostenere lo sviluppo nei paesi più svantaggiati nei sud del mondo. Non sempre però è così. Il suo concetto è evoluto e si è articolato nel tempo.

 

Si suole datare l’inizio del protagonismo del Terzo mondo alla Conferenza di Bandung (1955), che ha innescato il processo grazie al quale l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1961 approvava la risoluzione 1710, con la quale veniva proclamato il primo “decennio dello sviluppo”. Tuttavia c’è chi fa risalire le prime tracce di cooperazione internazionale molto prima,  già nelle organizzazioni di tipo umanitario al tempo delle crociate evolute poi attraverso le diverse fasi storiche fino ad oggi, con obiettivi e motivazioni diverse.

 

A livello di macrotendenze mondiali dal dopoguerra ad oggi alcuni studiosi individuano 5 fasi della cooperazione internazionale; da una prima fase (anni ’45-’50) caratterizzata da motivazioni politico-ideali  (su questa spinta nascono le agenzie dell’Onu quali Fao, Unicef, ecc..) a una fase politico-economica in cui la cooperazione internazionale diviene una delle armi del neocolonialismo economico, di stampo americano. A questa segue una terza fase più improntata a una linea etico-sociale (anni ’60); esce infatti in quegli anni l’enciclica papale Populorum progressio (1968) che definisce “lo sviluppo” come “nuovo nome della pace” e le società civili del mondo incominciano ad assumere un protagonismo nuovo. E in questa fase che nascono numerose ong, anche in Italia. Diversa la fase successiva (anni ’80) in cui la cooperazione viene spesso associata al  marketing in cui aiuto allo sviluppo e export delle imprese del paese che aiuta talvolta si confondono. Per arrivare, più recentemente, alla “cooperazione come sicurezza”, in cui il sostegno allo sviluppo dei paesi poveri diviene uno strumento per contrastare minacce effettive alla sicurezza nazionale dei paesi più ricchi legate al crescere dei flussi migratori e al terrorismo.

 

A livello italiano la riflessione è in continua evoluzione,  nei primi mesi del 2008 a Trento, all’interno delle iniziative della World Social Agenda è stata stilata la “Carta di Trento per una migliore cooperazione”, risultato di un percorso partecipato da attori di cooperazione internazionale istituzionali e nongovernativi, mentre istituti di studi come il Cespi ha prodotto numerosi rapporti come “Gli italiani e l’aiuto allo sviluppo

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