Data is all around us. This is the information age. Within international development (and beyond), data is becoming a necessary part of our work; thanks to technological advances, we can deliver, coordinate and communicate faster than ever. To put this into context, a full 90% of all the data in the world across history has been generated over the last two years. (Responsible dev data, e-book)
Oggigiorno i dati contano a tal punto che alcune organizzazioni attive nel mondo degli aiuti internazionali ne hanno fatto il loro principale focus di azione e interesse. È questo il caso dell’agenzia delle Nazioni Unite Global PulseLabs creata per analizzare il ruolo dei big data nell’accelerare l’innovazione sociale e lo sviluppo sostenibile; o della fondazione non profit Akvo che sviluppa software e strumenti digitali usati da organizzazioni internazionali e ong per raccogliere, organizzare e diffondere dati e informazioni in diversi settori.
Come si relazionano gli attori della cooperazione internazionale con l’enorme quantità di dati in circolazione? Come li usano per migliorare la trasparenza dei processi decisionali e organizzativi? Come possono aumentare la qualità e l’efficacia del loro intervento a partire dai dati? E infine, quali benefici allo sviluppo possono derivare dai dati?
Guidati dall’olandese Pelle Aardema di Open for change, abbiamo provato a definire i concetti di open data e open development, concentrandoci sull’analisi del framework IATI, uno standard condiviso a livello internazionale che consente la pubblicazione di dati e informazioni sulle attività svolte dagli attori dello sviluppo in maniera chiara e puntuale e in formato aperto.