Crisis Camp, web e mobile al servizio delle emergenze
Domani 19 novembre a Bologna si terrà il primo Crisis Camp Italy, un incontro informale per riflettere sul ruolo del web 2.0 e del mobile per migliorare le attività di prevenzione e monitoraggio di crisi ed emergenze. Ne parla a VpS Elena Rapisardi, web content strategist e promotrice dell’evento insieme a Marco Boscolo di Formica Blu e Francesco Ciriaci di Reflab.
di Donata Columbro
La piattaforma Ushahidi, la prima che viene in mente quando si parla di mappatura collettiva delle crisi in rete, ormai la conosciamo tutti.
Ma esistono in Italia e all’estero altri progetti che comportano l’uso di tecnologie del web 2.0 per monitorare e avviare le fasi di soccorso e gestione di disastri ambientali, guerre e disordini sociali? Forse sì, ed è per questo che domani a Bologna si terrà il primo camp tra coloro che si occupano di sviluppare idee innovative per gestire le informazioni durante le emergenze umanitarie e ambientali. “La filosofia (ideale e pratica) che sta dietro questi strumenti è il crowdsourcing”, spiega Antonella Sinopoli in un articolo su Global Voices, “vale a dire partecipazione attiva e democratica della comunità”. Al camp si parlerà di crisi e dunque di “grandi catastrofi, come Fukushima e Haiti”, ma anche di “emergenze locali, come l’alluvione del 25 ottobre in Toscana e alle Cinque Terre”.
Il camp, che fa parte del network internazionale di CrisisCommons, è già di per sé una formula partecipativa per affrontare questi temi, “un networking che parte dalla rete per arrivare alla concretezza del «reale» e rilanciarsi di nuovo in rete” come spiegano i promotori dell’evento sul blog Crisis Camp Italy/Europe. “E’ un’iniziativa che c’è in tutto il mondo, l’idea di farlo in Italia è nata durante l’esperienza di Parigi, dove con altri abbiamo deciso che i tempi potevano essere maturi per organizzare anche qui da noi un incontro di riflessione sul tema”, spiega Elena Rapisardi, che, come gli altri organizzatori, è convinta della necessità di coinvolgere tutti gli attori del territorio per avere una società “più resiliente alla crisi” e, al tempo stesso, conoscere i progetti già in atto per non sprecare tempo e risorse alla ricerca di soluzioni magari già sperimentate da altri.
Cosa vi aspettate dal camp?
Speriamo che possa essere un momento di incontro tra le persone che operano nel settore dell’emergenza, ma anche tra le istituzioni e le organizzazioni che hanno già avviato progetti e trovato soluzioni innovative nell’ambito delweb 2.0 per l’emergenza. In Italia non esiste ancora un luogo, anche virtuale, per ospitare riflessioni di questo tipo. Il camp è un primo passo in questa direzione.
In Italia qual è la percezione su questi nuovi strumenti? Esistono best practices da segnalare?
Ne esistono, certo! E’ un obbiettivo del camp proprio quello di cominciare a raccoglierle e farle conoscere a più soggetti che operano in questo ambito.
Ad esempio io ho lavorato con la Protezione Civile della Bassa Val di Cecina, dove abbiamo sviluppato un progetto con l’uso di Google Latitude e del crowdmapping e c’è un blog che racconta tutto questo. Ma attualmente è difficile sapere se in altre regioni d’Italia esistono progetti simili. In Friuli viene usata ad esempio la Openstreetmap per avere una mappa costantemente aggiornata del territorio, e può essere interessante conoscere esperienze di questo tipo.
Qual è la resistenza più forte che viene fatta contro l’uso delle nuove tecnologie nella gestione delle crisi?
La mancanza di competenze e di una percezione corretta del web. Prendo l’esempio della recente alluvione in Liguria: il comune di Genova usava Twitter per dare l’allerta dei luoghi più a rischio, ma non usava l’hashtag che in quel momento era diffuso nella conversazione e che tutti utilizzavano per parlarne, ovvero allertameteoLG. Quindi una delle voci autorevoli che avrebbe potuto aiutare a organizzare i soccorsi e e atenere le persone lontane dai pericolo era come invisivile, c’era ma non veniva vista.
In questo caso non posso dire che Twitter avrebbe potuto salvare vite umane, non sono così web-entusiasta, ma alcuni aspetti di comunicazione e informazione potrebbero essere gestiti diversamente e con qualche miglioria in più. Da un punto di vista organizzativo sarebbe un salto culturale.
Perché non parlare con chi lo fa già?
Ad esempio?
Uno è il progetto canadese “Snowtweets“, che nel proprio sito web spiega ai cittadini come e cosa twittare in caso di forti nevicate. Un altro è Rain Log, che con mezzi semplici insegna a misurare i livelli di precipitazioni, usando un semplice bicchiere graduato, ed evita che si generi il panico o l’allarme durante un normal acquazzone. Twittare usando le parole “è un diluvio” non porta valore alla conversazione sull’emergenza, è ancora un linguaggio soggettivo.
Speriamo che il Crisis Camp possa servire a condividere esperienze di questo tipo: se io conosco un progetto esistente in Inghilterra, perchè non posso usare lo stesso approccio? In Italia accade di avere progetti fotocopia con cui ricominciare tutto da capo.
Quali suggerimenti può dare a chi tenta un primo approcico con il web nel monitoraggio dei problemi del territorio, ad esempio a livello amministrativo?
Bisogna pensare che le competenze e i modelli organizzativi devono cambiare. Devono innovare. L’uso del web non può essere proibito per parlare di alcuni temi. La gente lo fa comunque, mettiamoci i piedi dentro e mettiamoci un po’ di valore. Ho ammirato molto alcuni utenti su Twitter che cercavano di fare cultura digitale, spiegavano che non bisognava condividere tweet già vecchi di ore. La competenza della folla non deve spaventare, bisogna conoscerla, frequentarla. Con il web 2.0 si sta rivoluzionando modo di fare e ricevere informazione. I cittadini sono diventati un attore della produzione e della conoscenza. Perché non creiamo circolo virtuoso che li coinvolga nel monitoraggio e nel superamento dell’emergenza?
[Qui il programma provvisorio del Crisis Camp, chiunque può proporre temi di discussione tramite l’apposito modulo online. E per seguire su Twitter l’iniziativa c’è @crisiscampit.]
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