Diario dal Senegal: il primo giorno di lavoro
Ore 5.08 (GMT 0). Mi sveglio ed ancora mezzo assonnato cerco di preparare la moka. Da Marie (dove sono alloggiato) c’è una simpatica cucina ed i primi ospiti cominciano a svegliarsi per la preghiera mattutina. Le continue porte sbattute e i richiami ai riti religiosi già dalle prime ore diventeranno presto una routine dalla quale è difficile discostarsi. L’appuntamento con Matteo è alle 8.00 al “vicino” distributore di benzina. Di solito il primo giorno di lavoro mi succede sempre qualcosa e anche questa volta non mi sono fatto sfuggire l’occasione: perso la strada mi hanno recuperato dopo 45 minuti che vagavo alla ricerca del punto d’incontro. Non male per uno che deve geomappare e lavorare con la cartografia, eh? Ma nel tragitto verso l’ufficio nessuno è sembrato particolarmente “preso male” per il mio ritardo.
L’arrivo all’ASESCAW è emozionante: dal primo all’ultimo mi hanno accolto, salutato e dato il benvenuto. Pochi minuti dopo ho conosciuto i due ragazzi del team che mi avrebbero accompagnato nel tour di geo mappatura delle microimprese, indispensabili come interpreti ed appoggio logistico. Orario di partenza previsto: 10.00. Orario di partenza effettivo 12.00.
Selfie di rito pre-partenza e siamo in direzione della prima microimpresa rurale. La procedura è abbastanza chiara: avvisare il proprietario del nostro arrivo, presentarci, spiegare il perché della geomappatura e visitare la sede ed eventualmente i luoghi dove vengono svolte le attività.
Una serie di dati sono già stati raccolti nel corso degli ultimi due anni, quindi non resta che creare sul software geografico un archivio delle 60 microimprese aderenti all’organizzazione.
Essendo già tardi (o essendoci già più di 40 gradi) abbiamo dovuto diminuire le MER per ovvie ragioni di tempo ma ciò ha permesso comunque di incontrare quattro realtà famigliari attive nel campo del riso e dell’allevamento caprino, molto disponibili al punto che una di queste ci ha fortemente consigliato di rimanere a mangiare da loro.
Ecco, il pranzo così come si è svolto non me lo sarei mai aspettato. Un unico piatto enorme di riso bianco. Arriva una pentola con pesce, patate e carote, riversata quasi subito sulla portata principale. Mentre aspettavo la forchetta scatta il buon appetito e tutti i commensali allungano le mani verso il riso. «Prima volta senza posate vero?». La mia incapacità ha fatto subito scattare qualcosa nel padrone di casa, il quale molto gentilmente dopo pochi secondi sorridendo mi offre un cucchiaio. A conclusione del pasto l’immancabile the, con tutto il rituale di creazione della spumina che lo accompagna.
Salutati i nostri amici abbiamo poi continuato il nostro tour, GPS alla mano e direzione fiume Senegal. In un villaggio abbastanza sperduto ci aspettava l’ultima micro impresa, e qui la parola “micro” è proprio azzeccata dato che il bestiame vantava meno di una decina di ovini e la forza lavoro era chiaramente di tipo familiare.
Ritorno in jeep a Saint Louis, con sabbia ovunque e naso già spelato dal sole. «Come ti senti? Bene, solo un po’ stanchino per oggi. Ottimo, prendi il ritmo e continua così perché te ne restano 56 da girare per le prossime tre settimane».
Inizio del tour alla grande dunque, dopo aver macinato quasi 100 km, conosciuto le storie dei primi contadini ed avere già sulla pelle i segni dell’abbronzatura (forse è ancora scottatura) “del cooperante”.
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