Donare dati per una buona causa

Google, Facebook e le altre aziende della Silicon Valley a cui lasciamo i nostri dati in cambio di servizi gratuiti su internet sanno tutti di noi: cosa compriamo, che film guardiamo, cosa ci piace, come gestiamo le nostre relazioni, dove abitiamo, ecc. Informazioni preziose, che gli imprenditori sanno come sfruttare per guadagnare con il nostro consenso. Ma perché non usare questa “ricchezza” a favore di una buona causa?

Ci ha pensato Marcos Menendez, startupper di Barcellona, fondando The GoodData, un’agenzia alternativa di intermediazione per la vendita di dati. La formula è quella della cooperativa, in cui soci sono gli stessi utenti che cedono i propri dati a favore un’associazione non profit, la piattaforma di microcredito Kiva. “I dati sono una nuova fonte di benessere, allo stesso modo in cui lo sono l’agricoltura, il petrolio e l’industria”, ha affermato Menendez in un’intervista.

GoodData utilizza Disconnect, un’estensione open source per browser. Quando in funzione, gli utenti possono bloccare le compagnie che tracciano i loro dati sul web, scegliendo quali condividere con gli intermediatori di GoodData. “Solo se ci dai il tuo consenso, anonimizzeremo e commerceremo da parte tua una piccola parte di dati”, è specificato sul sito. “La metà dei soldi raccolti sarà inviata alla piattaforma di microcredito Kiva, mentre il resto sarà usato per finanziare queste operazioni”.

Aderendo al programma si diventa soci della cooperativa e in questo modo gli utenti hanno il pieno controllo dei propri dati e del processo di funzionamento della compagnia.

The Good Data non è l’unico servizio che aiuta gli internauti a gestire la propria privacy online. Un’altra startup, Datacoup, offre 8 dollari al mese per accedere ai dati degli utenti, che possono decidere di venderli nella forma e nella quantità che desiderano.

 

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