Un e-commerce senegalese tutto al femminile, per valorizzare i prodotti locali
Torino. Venerdì 22 Marzo si è tenuto presso il Campus Luigi Einaudi, l‘incontro sull’imprenditoria giovanile in Africa. Proprio durate questo incontro abbiamo avuto l’onore di incontrare Awa Caba, CEO di Sooretul.
Sooretul è stato il primo e-commerce senegalese, ed è stato anche il primo a valorizzare non solo i prodotti locali ma anche le donne che li producono. E’ nato da un’idea di Awa, ingegnere informatico, che insieme ad altre ragazze appassionate di tecnologia e sviluppo ha fondato le Jjiguène tech hub, associazione che ha dato avvio a diversi progetti nell’ambito dell’agricoltura e della formazione nel campo delle ICT per le donne senegalesi.
Ma andiamo con ordine
Awa, con la tua associazione avete sviluppato tecnologie importanti per le donne, e anche Sooretul è volto ad un pubblico femminile lato business. Puoi raccontarci qualcosa in più?
Sooretul è una piattaforma che collabora con donne lavoratrici. Grazie all’esperienza maturata nel settore primario, ho conosciuto molte donne che si dedicavano all’industria della trasformazione dei prodotti agricoli. Preciso che quando parlo di industria mi riferisco a piccole attività famigliari, con praticamente nessun orizzonte di scalabilità.
Ed è qua che ti è venuta l’idea.
Sì, esatto. Queste donne lavorano i prodotti tipici del territorio, ma la bassa scolarizzazione ed il mercato sfavorevole le limitano moltissimo nelle vendite. Inoltre le donne senegalesi che trasformano i prodotti locali non riescono a trovare un mercato. Tieni conto che il Senegal importa il 70% dei prodotti consumati.
Quando poi l’urbanizzazione svuota le campagne, rimangono solo loro: le donne. La trasformazione dei prodotti è tutta deputata a loro, mentre gli uomini (quelli rimasti) lavorano la terra nei campi. Ovviamente le condizioni di povertà rendono alcuni processi molto complessi e difficili.
Quali ad esempio?
Beh qui in Italia si è abituati ad andare al supermercato e trovare prodotti italiani ben pubblicizzati, con una confezione accattivante. In Senegal questo non accade per i prodotti tipici, che quindi rimangono sugli scaffali impoverendo le aziende locali. Per queste donne la faccenda si complica ancora di più. Fortunatamente ci sono alcune ONG che si occupano di aiutarle nel difficile processo del decidere una strategia marketing e di creare un packaging accattivante. Tuttavia queste non sono soluzioni concrete.
Parlaci della piattaforma? come funziona Sooretul?
Io ho studiato informatica, quindi ho iniziato a fare le mie ricerche in ambito tech. Quando ho scoperto che la penetrazione di internet e dei telefoni cellulari era al 107% ho iniziato a pensare a questo e-commerce.
Sooretul è nato quindi dalla necessità di collegare le donne che trasformavano prodotti locali, con il mondo degli e-commerce. Collaboriamo con 15 imprese tutte femminili, mentre il sito offre più di 500 prodotti locali, tutti naturali.
In che senso naturali, intendi biologici?
Sarebbe molto bello poterli chiamare biologici, perché questo avrebbe un grande appeal per la clientela. Tuttavia i costi per ottenere la certificazione Bio sono altissimi, e né noi né le produttrici possono permettersi di sostenerli. Tuttavia stiamo lavorando in questa direzione, soprattutto per quanto riguarda la vendita in Europa.
E per quanto riguarda i pagamenti?
Il nostro e-commerce è tagliato su misura per il nostro contesto, questo è un punto di forza importante per noi. Ora in Senegal le carte di credito non sono molto utilizzate, i sistemi di mobile banking invece sì.
Per permettere a tutti di effettuare ordini abbiamo integrato la possibilità di pagare tramite mobile money e soprattutto tramite contrassegno. Tramite sondaggi abbiamo scoperto che i senegalesi preferiscono pagare solo dopo aver ricevuto il prodotto ordinato. Tuttavia questo trend è in evoluzione e ad Ottobre lanceremo l’opzione del pagamento con carta.
Bene, ancora qualche domanda sulle ICT. Esistono dei percorsi formativi per insegnare a queste produttrici come utilizzare la piattaforma di e-commerce?
Questa è una domanda molto importante, perché si esistono e noi ne siamo artefici. All’inizio avevamo semplicemente dato la possibilità di inserire i prodotti sul nostro sito, ci occupavamo di tutto, dal fare le foto al caricarle online, al gestire la filiera di spedizione et cetera.
Tuttavia ci siamo impegnati molto nell’ascolto di queste donne, ed abbiamo scoperto come alcune di loro possedessero computer e smartphone per completare queste operazioni, ma non sapessero utilizzarli.
Così abbiamo deciso di creare dei percorsi ad hoc per insegnar loro ad usare le nuove tecnologie. Questi corsi sono del tutto gratuiti per loro, poiché il costo è sostenuto da una partnership con alcune Ong.
Hai detto che avete collaborato con varie Ong. Un suggerimento per loro?
Vorrei sottolineare come si debba fare ancora molto. Il nostro e-commerce è una goccia nel mare. Bisogna superare i vecchi modelli di cooperazione in forma assistenzialistica, e seguire dei follow-up concreti ai progetti attivati nel nostro paese.
Qui dobbiamo fare rete. Ci sono molti giovani che hanno idee innovative ma i modelli di cooperazione allo sviluppo non fanno abbastanza networking; questo depaupera l’innovazione che sta dietro ad idee molto valide.
Le Ong dovrebbero sostenere l’imprenditoria locale, i giovani e le imprese che hanno già creato network riuscendo a trasformare i progetti di sviluppo temporanei in sviluppo perenne e quindi scalabili sul lungo periodo.
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