GivePower: un sistema a energia solare per desalinizzare l’acqua di mare
«Voglio fornire acqua a un miliardo di persone nei paesi in via di sviluppo» ha dichiarato a Inverse.com Hayes Barnard, Presidente di GivePower. In sei anni di vita, la Fondazione ha realizzato sistemi di energia solare che forniscono energia alla produzione alimentare, portano l’elettricità nelle scuole o a servizi di salvaguardia del territorio. L’intervento di maggiore impatto, che partendo dalle parole di Hayes sembra dettare la linea per il futuro di GivePower, è l’installazione di un sistema a energia solare per desalinizzare l’acqua di mare a Kiunga, in Kenya.
Oltre due miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile; una su tre fa uso di acqua contaminata o non controllata per lavarsi, cucinare, bere. Lo rivela un recente rapporto dell’UNICEF e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Circa l’80% di queste persone vive in aree rurali dove non esistono infrastrutture di base per poter avere accesso all’acqua o dove l’acqua non è sicura o troppo lontana. GivePower ha deciso di far sua questa sfida e nel 2018 ha installato, lungo le coste della città di Kiunga, in Kenya, il primo impianto di desalinizzazione dell’acqua a energia solare.
La zona di Kiunga non è stata scelta a caso. Il territorio è particolarmente arido e per approvvigionarsi di acqua, per altro sporca e salata, gli abitanti erano costretti ad affrontare un viaggio di un’ora per raggiungere il pozzo più vicino.
La nascita del BLUdrop
Hayes Barnard, ex direttore delle entrate di SolarCity, fusasi con Tesla nel 2016, dopo aver lanciato nel 2013 GiverPower, ha trascorso un anno e mezzo a San Francisco lavorando a quella che ha battezzato «BLUdrop» o «basic life unit», una macchina che fosse in grado di portare acqua potabile ai quei due miliardi di persone che vivono in regioni con scarsità d’acqua. Quando il progetto ha preso forma, si è scelto il Kenya per la prima installazione. L’impianto ha richiesto un investimento di 500 mila dollari e un mese di lavori. La grande sfida degli impianti di desalinizzazione è che richiedono molta energia, rivelandosi troppo costosi e spesso impossibili da alimentare in zone in cui non esistono allacci alla rete elettrica. La soluzione progettata da GivePower è stata il Solar Water Farm. L’impianto utilizza una serie di pannelli fotovoltaici per produrre 50 kilowatt di energia, sei batterie Tesla Powerwall per raggiungere 90 kilowatt di stoccaggio e un sistema di desalinizzazione in grado di trasformare l’acqua di mare o salmastra in acqua potabile. Il risultato finale è un colosso di quasi 400 metri quadrati, in gradi di produrre oltre 50 mila litri di acqua potabile per più di 35 mila persone al giorno.
L’esperienza di Kiunga è stata una preziosa occasione per imparare e migliorare. L’impianto installato in Kenya è atterrato in un container, con le batterie collegate all’esterno, e ci si è resi conto che sarebbe meglio imballare le batterie in un altro container, per garantire maggior protezione e semplificare il trasporto. Inoltre, per il futuro, appare preferibile installare il macchinario all’interno dei centri abitati: a Kiunga è stato necessario aggiungere un condotto di un quarto di miglio per portare l’acqua in città.

Come Barnard ha avuto modo di raccontare a Inverse, oltre al beneficio immediato di disporre di acqua potabile, non sono mancate altre ricadute positive per il territorio e i suoi abitanti: «Una donna ha deciso di aprire un’attività di lavaggio dei vestiti nella sua comunità. E i bambini… tutte le piaghe e le lesioni sui loro corpo stanno scomparendo.» Il mantenimento dell’impianto è relativamente semplice: due filtri necessitano di essere sostituiti una volta al mese, due devono essere sostituiti una volta al trimestre. I livelli di manutenzione sono meno complessi di quelli richiesti per una piscina privata di una casa negli Stati Uniti.
Dopo Kiunga, Colombia e Haiti
Visto il successo dell’impianto di Kiunga, GivePower sta raccogliendo fondi per poterne costruirne altri in zone interessate da periodi prolungati di siccità, per garantire acqua potabile a un numero sempre maggiore di persone. Le prossime tappe sono Colombia e Haiti, dove l’approvvigionamento di acqua potabile è ancora difficile per molte comunità rurali. Il team prevede una rapida espansione. Barnard stima che un impianto possa generare entrate per circa 80/100 mila dollari all’anno. Questo significa che ogni cinque anni produce le risorse necessarie per realizzare un nuovo impianto. Il desiderio di fornire acqua potabile a un miliardo di persone nei paesi in via di sviluppo sembra destinato a non essere solo un sogno.
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