Intervista a Henri Nyakarundi, vincitore del Premio “ICT for Social Good”
Il vincitore del Premio “ICT for Social Good“, organizzato da Ong2.0 nell’ambito del programma “Innovazione per lo Sviluppo“, si chiama Henri Nyakarundi, è Ruandese, ha 40 anni ed è un imprendotore sociale. È il fondatore di ARED – Africa Renewable Energy Distributor – un’impresa sociale impegnata nella settore delle energie rinnovabili. Nel 2013 ha sviluppato Shiriki Hub, un chiosco solare che offre soluzioni a basso costo per ricaricare il cellulare o altri piccoli dispositivi elettronici, navigare sul web e accedere gratuitamente a contenuti digitali precaricati. Shiriki Hub non è solo una soluzione tecnologica, è soprattutto un modello di business, basato sul micro franchising, in grado di creare nuovi posti di lavoro soprattutto tra la popolazione più povera.
Lo abbiamo intervistato per saperne di più.
Di Viviana Brun
Cominciamo dalle basi, quali sono le tue origini e che tipo di formazione hai avuto?
Sono nato in Kenya ma cresciuto in Burundi come rifugiato ruandese. Quando mi sono diplomato nel 1996 alla scuola francese di Bujumbura in Burundi, i miei genitori hanno deciso di mandare me e mia sorella negli Stati Uniti per continuare gli studi. In quel periodo, la Regione dei Grandi Laghi era particolarmente instabile: in Burundi c’era la guerra e il Ruanda si stava riprendendo dal genocidio. Ho studiato Informatica all’Università della Georgia, dove mi sono laureato nel 2003.
Qual è la persona che ha avuto l’impatto maggiore sulla tua carriera?
L’impatto maggiore l’ha avuto mia madre. Mia madre era la spina dorsale della nostra famiglia, è lei che ci ha permesso di andare all’università. Lavorava a tempo pieno e in più faceva dei lavori extra per pagare i nostri studi. Nonostante fossimo rifugiati in Burundi, ci ha permesso di ricevere l’istruzione migliore. La sua etica e la sua disciplina nel lavoro erano ineguagliabili. Era proprietaria della sua casa in un periodo in cui per le donne era particolarmente difficile possedere dei beni propri. Ogni volta che mi sento giù o che mi viene la tentazione di rinunciare, mi ricordo delle sfide che ha dovuto affrontare lei e mi riprendo subito.
Perché hai deciso di tornare in Africa e cosa ti ha spinto a scegliere il Ruanda come Paese in cui vivere?
Nel 2009 ho cominciato a tornare regolarmente in Africa e ho iniziato a vedere come questo continente stesse cambiando. L’innovazione era in forte espansione. Negli Stati Uniti, avevo raggiunto un punto di stallo e là avevo l’impressione di non riuscire ad avere davvero un impatto positivo. Poiché l’Africa stava e sta tutt’ora affrontando così tante sfide, sapevo che era questo il posto in cui potevo davvero mettere a frutto alcune delle mie competenze.
Il Ruanda era cambiato sensibilmente e questo ha reso più semplice l’avvio di un nuovo business. Oggi è possibile registrare un’impresa in sole 4 ore, avere una buona infrastruttura, insomma è un buon posto per sviluppare nuove tecnologie e, naturalmente, il fatto che io sia Ruandese è stato un motivo in più per iniziare da qui.
Ho letto in alcuni articoli che ti definisci “un imprenditore nell’anima”, è vero? Che significato ha questa definizione per te?
È un modo per dire che sono nato per fare l’imprenditore. Ho aperto la mia prima attività a 20 anni e mi sono innamorato di questo mondo, anche se ci sono voluti 10 anni per costruire il mio primo business di successo. Ho quasi lasciato la scuola per dedicarmici a tempo pieno ma mia madre mi ha impedito di smettere di studiare. Amo risolvere i problemi e credo che sia questo il senso di essere un imprenditore.
Dov’è nata l’idea di creare Shiriki Hub?
Inizialmente, Shiriki Hub doveva essere un semplice chiosco di ricarica. L’idea è nata da un viaggio in Burundi e in Ruanda, vedendo che le persone avevano sì i telefoni cellulari ma che erano continuamente alla ricerca di un posto per ricaricarli. Non avevo pensato di creare un prodotto nuovo. All’inizio ero semplicemente alla ricerca di un prodotto già esistente ma non riuscivo a trovare nulla di convincente. Avevo visto dei punti di ricarica all’aeroporto e avevo pensato che sarebbe stato bello avere qualcosa di amalogo sulle strade africane, per aiutare le persone. È lì che tutto ha avuto inizio. Ho assunto un ingegnere e un designer e ho dato inzio a questa avventura.
Qual è la difficoltà maggiore quando, come vi è scritto sul sito di Ared, si fanno affari alla “base della piramide“?
Innanzitutto, la mentalità delle persone. Le soluzioni innovative così come i modelli di business innovativi richiedono tempo perché la gente li capisca e scelga di adottarli, quindi è necessario investire molto tempo nella formazione delle persone. In secondo luogo, creare una tecnologia adatta al territorio africano rurale o semi urbano è estremamente difficile, così come la costruzione di un business sostenibile per le fasce più povere della popolazione.
Quale aspetto del tuo lavoro ti tiene sveglio la notte?
Finire i soldi prima di essere pronti per espandere l’attività, prima di concludere la nostra tecnologia e costruire un business sostenibile. Questa fase è impegnativa e richiede un forte sostegno finanziario per avere successo.
Qual è il miglior consiglio professionale che hai ricevuto?
Non arrendersi mai, c’è sempre una soluzione a un problema.
Qual è il ruolo che le ICT – Tecnologie della Comunicazione e dell’Informazione – possono giocare nel favorire lo sviluppo locale e l’ecosistema aziendale in Africa?
Ritengo che le ICT siano la chiave per colmare il divario nell’accesso alle informazioni, soprattutto per le persone a basso reddito. L’accesso alle informazioni è fondamentale per migliorare la vita di ognuno, tuttavia in molte comunità è ancora un bene di lusso. Stiamo affrontando il riscaldamento globale e l’Africa sarà il continente più colpito, in futuro l’accesso a informazioni chiave per ridurre al minimo l’effetto del riscaldamento globale sarà una questione di vita e di morte.
Inoltre, le ICT hanno aperto la porta a una nuova generazione di imprenditori, oggi tutto ciò che serve per creare un’applicazione è il capitale umano e una connessione a Internet. Credo che le ICT abbiano aperto la porta a un nuovo approccio creativo e abbiano dato speranza a una nuova generazione di giovani africani.
In che modo Shiriki Hub può essere considerato un modello di business inclusivo?
Shiriki Hub è destinato in modo specifico alle persone a basso reddito, in particolare alle donne e alle persone con disabilità che non hanno altre opportunità di guadagnarsi da vivere. Ci concentriamo anche sui rifugiati che spesso sono esclusi dalle oppurtinità economiche dei Paesi in cui si trovano a vivere. La verità è che molte persone hanno voglia di lavorare ma se non hanno una laurea o provengono da famiglie povere sono tagliati fuori da molte opportunità. Ared è stato creato proprio per questo motivo.
Qual è il prezzo per ricaricare un telefono? E per navigare sul web?
In Rwanda il costo di una ricarica è di 10 centesimi. Internet viene venduto a slot di 5, 10, 30 e 60 minuti ed è gratuito fino a 10 minuti, dopo di ché si pagano 30 cent per 30 minuti e 50 cent per 60 minuti.
In termine di guadagni, qual è l’attività principale per Shiriki Hub?
Abbiamo 3 flussi di entrate. Una parte deriva dai guadagni degli affiliati che gestiscono i chioschi, che oltre alle ricariche di telefoni e piccoli device, si occupano anche della vendita di servizi come il credito telefonico, la navigazione su Internet e l’accesso ad alcuni servizi governativi. Un’altra parte delle entrate è garantita dalla pubblicità, dalle campagne e dai sondaggi che i nostri clienti, tra cui spesso le ONG, possono attivare sulla nostra rete wifi. Infine, abbiamo iniziato a raccogliere dati e stiamo lavorando per integrare la tecnologia IOT – Internet delle cose – e trovare clienti interessati ai dati che possiamo fornire, come ad esempio i livelli di inquinamento dell’aria.
Qual è il guadagno medio mensile di un affiliato che gestisce uno Shiriki Hub?
I piccoli affiliati generano in media 100 dollari al mese grazie all’insieme dei servizi che forniscono con il chiosco. L’obiettivo è quello di aggiungere più servizi per aumentare sia il reddito dell’affiliato che le entrate di Ared.
Che relazione c’è tra l’affiliato che gestisce un chiosco e Ared?
Siamo partner quindi lavoriamo a stretto contatto. Il motivo per cui scegliamo un modello di micro-franchising è che è una situazione win-win. Noi forniamo la formazione, il supporto e la manutenzione, mentre l’affiliato si prende cura degli utenti finali. Questa è la chiave per essere sicuri che tutta la catena del valore sia abbastanza fluida affinché i problemi possano essere risolti rapidamente.
Da dove provengono i vari componenti del chiosco?
La batteria e il pannello solare vengono dalla Cina, le ruote dall’Australia, il router dagli Stati Uniti mentre le scocca è prodotta localmente.
In Ruanda gli imprenditori sociali ricevono qualche forma di supporto dal governo?
Non ancora, abbiamo bisogno di una legge fiscale che sostenga gli imprenditori sociali offrendo un credito d’imposta, per esempio, le ONG sono esenti dalle tasse, ma noi dato che siamo a scopo di lucro, siamo tassati come un business tradizionale anche se abbiamo in primo piano l’impatto sociale. Abbiamo bisogno delle nostre categorie fiscali, abbiamo bisogno di un accesso migliore ai finanziamenti, abbiamo bisogno di un modo più semplice per lavorare con le amministrazioni locali per raggiungere più comunità sul territorio. Il governo deve rendere più semplice la collaborazione in modo da poter lavorare insieme e accelerare l’impatto. In fondo stiamo combattendo la stessa lotta, quella di migliorare la vita delle persone, se non lavoriamo insieme rischiamo di fallire nella lotta contro la povertà.
A oggi, quanti chioschi sono operativi?
Abbiamo 25 chioschi solari attivi in Ruanda. A maggio abbiamo lanciato Shiriki Hub in Uganda e abbiamo appena ricevuto la maggior parte delle licenze necessarie ad avviare il lavoro, a novembre abbiamo in programma di avviare la fase pilota con 5 chioschi.
Qual è il tuo messaggio agli imprenditori sociali?
Se non hai la passione per aiutare gli altri e risolvere grandi problemi, non diventare imprenditore sociale perché è più difficile rispetto a fare business in modo tradizionale. La pazienza e l’estrema attenzione sono la chiave.
Quali sono i tuoi piani per il futuro?
Espansione, espansione, espansione. Più di 400 milioni di persone vivono in povertà in Africa, quindi la necessità di soluzioni come ARED è molto forte, vogliamo essere in 20 paesi nei prossimi 10 anni, attuare circa 100.000 chioschi solari. Ma innanzitutto dobbiamo finire il nostro sviluppo del prodotto, stiamo lavorando per aggiungere la tecnologia IOT e monitorare meglio il chiosco mentre è sul terreno e raccogliere anche altri tipi di dati.
Scopri di più sul progetto Shiriki Hub:
Shiriki Hub: smart solar kiosk, powering and connecting Africa
Photocredits: Ared
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