La nuova cultura dell’accoglienza è grassroots e partecipativa.
Una volta arrivati in un nuovo Paese, i migranti si trovano a dover affrontare una nuova sfida: come e dove reperire tutte le informazioni relative all’accoglienza, alla burocrazia, ai servizi sanitari. Per fortuna, anche in questo campo la tecnologia si sta rivelando un alleato prezioso, permettendo in vari modi l’accesso a informazioni aggiornate e verificate.
di Camilla Fogli
Un primo strumento interessante è Refugee Hero, un portale online dove volontari di tutta Europa possono mettere a disposizione una o più sistemazione temporanee per i migranti. Registrarsi al sito è completamento gratuito – sia per chi offre che per chi cerca – e le opzioni sono svariate. Gli host sono liberi di indicare le proprie preferenze (lasso di tempo disponibile, numero di ospiti, etc) e di ritirare la propria proposta quando vogliono. Dall’altra parte, saranno i diretti interessati – dopo essersi debitamente registrati al portale – a contattare i proprietari di casa per fissare un appuntamento. Anche se ogni tanto capita che siano le organizzazioni partner a svolgere un ruolo da intermediario, mettendo in contatto le due parti.
A differenza di altri servizi del genere, Refugee Hero non è riservato solo ai proprietari di case private ma è accessibile anche a scuole, università, chiese, moschee o qualsiasi altra organizzazione che abbia dello spazio disponibile.
È poi sicuramente da segnalare la piattaforma Refugees Welcome, conosciuta in tutta Europa e da dicembre 2015 online anche in Italia. Si tratta di un’idea innovativa, che sfrutta il fenomeno del co-housing per aiutare i migranti a entrare in contatto con privati e famiglie disposti a ospitarli per un periodo di tempo variabile da tre a sei mesi.
Una particolare importanza è dedicata all’obiettivo di creare una nuova cultura dell’accoglienza, grazie al supporto di tutte le famiglie e persone che decidono di partecipare all’iniziativa. Al riguardo, nella descrizione del progetto presente sul sito leggiamo:
Chi ospita in casa un rifugiato ha l’opportunità di conoscere una nuova cultura, aiutare una persona a costruire un progetto di vita nel nostro Paese, diventare un cittadino più consapevole e attivo, attivare nuovi legami di comunità.
In due anni di attività il progetto è cresciuto rapidamente, fino a suscitare l’interesse di uno dei colossi dell’industria alberghiera. Airbnb ha da poco annunciato un progetto in collaborazione con Refugees Welcome e altre ong che si occupano di sostegno ai migranti. Nasce così Open Homes, la piattaforma dove i privati possono mettere a disposizione camere, appartamenti o altre sistemazioni per ospitare rifugiati e migranti rimasti senza casa. Disponibile in Italia da luglio 2017.
I partner sul territorio hanno la funzione di intermediari, tra gli host di Airbnbn e gli ospiti. Qualche dettaglio sui partecipanti: per quanto riguarda gli ospiti, si specifica che dovranno essere tutte persone che hanno già ricevuto lo status di rifugiati o che stanno concludendo l’iter, non ci sono invece limiti per gli host che, esattamente come sul sito di Airbnb, potranno decidere di mettere a disposizione un intero appartamento o solo una stanza. L’iniziativa è aperta a tutti: membri e non.
Sì, ma come si fa? Semplice, chi è interessato ad ospitare gratuitamente un rifugiato può iscriversi alla piattaforma e pubblicare un annuncio specificando tutti i dettagli della sua offerta: quali sono i giorni in cui mette a disposizione la sua casa, per quanto tempo possono rimanere gli ospiti e quali cause desiderano sostenere. A questo punto entra in gioco uno dei partner locali: sono loro a dover individuare le case più adatte per le persone a cui offrono supporto e a parlare con i proprietari per essere certi di individuare la sistemazione giusta. Il sistema funziona anche al contrario, è infatti possibile segnalare persone che hanno bisogno di una sistemazione temporanea.
Ma non è una novità. Per anni, infatti, la community di Airbnb ha aperto le porte a migliaia di persone sfollate o ai volontari che lavoravano per aiutare durante le catastrofi naturali in tutto il mondo, 65 casi ad oggi. La prima esperienza di questo tipo è stata a New York, quando in seguito ai disastri provocati dall’uragano Sandy, molti membri di Airbnb si sono attivati per ospitare chi era rimasto senza casa.
L’interesse per i migranti è nato nel 2015, con l’emergenza dei Balcani, e da lì non si è più arrestato.
Photo Credit: Airbnb, Refugees Welcome
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