Le voci di Kibera: citizen journalism dallo slum
Controllano i finanziamenti statali, intervistano i politici, organizzano community forum e informano gli abitanti su ciò che accade nello slum. È così che diverse organizzazioni di citizen journalists a Kibera danno il proprio contributo per rendere migliore la vita nella baraccopoli.
di Elisabetta Demartis
I video reporter. “Accade spesso che riceviamo una telefonata da un amico o conoscente dello slum”, racconta Joshua Ogure, coordinatore di Kibera News Network, “che ci riferisce un accadimento importante che sta avvenendo in quello stesso momento, e noi corriamo sul campo con la nostra videocamera”.
Kibera News Network è un gruppo di sette giovani ragazzi e il loro lavoro è quello di produrre video e documentari su tutto quello che riguarda la vita nello slum di Kibera: non solo breaking news e fatti di cronaca ma anche storie di vita, sfide quotidiane e tradizioni. KNN fa parte di uno dei tre programmi di Map Kibera, una ong locale che lavora in tre diversi slums di Nairobi e che cerca di dare un contributo concreto alla propria comunità tramite progetti di mappatura partecipativa, citizen journalism e informazione.
“Facciamo di tutto affinché le notizie vengano diffuse sul web e siano visibili al mondo”, continua Joshua. Ed è così che durante le elezioni di Marzo i reporter di KNN monitoravano le stazioni di voto e giravano reportage su tutto ciò che accadeva nello slum: “É come uno scambio, prendiamo informazione e la restituiamo alla comunità”.
La redazione giornalistica. Ma non si tratta di semplice informazione. Per le media houses dello slum il lavoro è molto di più che produrre delle notizie: “ Generiamo un’ informazione nettamente opposta a quella mainstream”, racconta Julius Ochieng, direttore generale di Kibera Community Development Agenda (KCODA), “e le storie che raccontiamo hanno, nella maggioranza dei casi, un risvolto concreto nella comunità”.
Uno dei loro obbiettivi principali della redazione giornalistica è, infatti, quello di monitorare i fondi statali e assicurare che i soldi vengano veramente investiti in opere pubbliche. “Qualche mese fa abbiamo condotto una ricerca su dei fondi pubblici destinati alla realizzazione di servizi igienici a Kibera”, spiega il direttore di KCODA, “e abbiamo scoperto che i lavori iniziali erano stati coperti da un cumulo di mondezza, in modo che nessuno si accorgesse che non erano stati portati a compimento. Siamo andati sul campo, abbiamo scattato molte foto e abbiamo riportato il fatto alle autorità locali: dopo poco tempo i bagni pubblici sono stati costruiti”.
Organizzano anche corsi di formazione gratuiti su temi riguardanti ICT e giornalismo per i giovani dello slum che, per motivi economici, non possono concludere gli studi; “Vogliamo dare una possibilità ai giovani di Kibera, soprattutto alle ragazze”, conclude Julien, “aiutandoli a scoprire il loro talento e ad acquisire fiducia in sé stessi”.
Le notizie per radio. Non solo materiale audio-visivo e carta stampata: l’informazione a Kibera circola anche per radio. Adam Hussein Ramadhan, fondatore di Pamoja FM, racconta la storia della stazione radio più ascoltata della zona, nata nel 2006 e attiva fino a oggi, non senza difficoltà. “Non è semplice mantenere un’organizzazione qua nello slum”, racconta Adam, “non ci sono finanziamenti e si incontrano un sacco di ostacoli”.
Ma l’attività radiofonica assume un ruolo centrale per quanto riguarda la comunicazione di fatti di cronaca e notizie a Kibera, molto di più rispetto a canali di informazione come Youtube, siti web o giornali cartacei. Pamoja FM, trasmessa in Kiswahili, riesce a raggiungere un’ ampia porzione di società, arrivando là dove il web, e la scrittura in alcuni casi, non arriva, e rompendo quel gap culturale che impedisce alle persone povere dello slum di accedere a uno dei più grandi diritti fondamentali: l’informazione.
Photo credits by Francediplomatie
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