Lotta alla povertà nell’era digitale
Samasource è un’organizzazione non profit della California che ha l’obiettivo di combattere la povertà offrendo opportunità lavorative nelle aree rurali sud del mondo grazie a internet. Finora aiutato 2000 persone con il coinvolgimento di oltre 25 imprenditori sociali.
Dai campi profughi del Kanya alla Silicon Valley. E’ l’ong Samasource (dal sanscrito “sama” vuol dire uguale e “source” dall’inglese significa fonte) che crea il collegamento con queste realtà così apparentemente lontane tra di loro, come una specie di agenzia di collocamento con l’obiettivo di creare occupazione nelle zone più povere del Sud del mondo grazie a un computer e a una connessione internet.
Leila C. Janah (@leila_c) , fondatrice di Samasource, laurata ad Harvard con un’esperienza alla Banca Mondiale, è convinta di avere trovato la soluzione migliore per accrescere le possibilità economiche dei beneficiari del suo progetto: “I donatori e le società che sostengono lo sviluppo a distanza amano i concetti di educazione e salute. A tutti piace pensare di poter salvare delle vite grazie al dono di zanzariere anti-malariche e alla costruzione di scuole “, ha spiegato durante il suo intervento alla TedxSiliconValley Conference , “ma quello di cui i paesi in via di sviluppo hanno bisogno è una connessione con l’esterno e con il mercato”.
Un’altra idea espressa da Janah è la “virtual assembly line”, una linea virtuale che collega gruppi di lavoratori attraverso il globo che lavorano su grandi progetti pagati da uno stesso datore di alvoro. Una sorta di grande ufficio virtuale basato sul crowsourcing (da crowd, gente comune, e outsourcing, esternalizzare una parte delle proprie attività) retribuito.
Samasource stipula dei contratti per prestazioni di servizi informatici con aziende come Google, Linkedin e Ask.com e tramite un software ad hoc li divide e li semplifica in microtask più elementari e fornisce il lavoro ad imprenditori sociali in paesi in via di sviluppo come Kenya, Haiti, Pakistan e Uganda. Uno dei luoghi di maggior intervento dell’ong è stato proprio quello dei campi rifugiati a Daadab, in Kenya, dove le opportunità lavorative dei giovani sono scarsissime.
L’iniziativa di Samasource ha ricevuto subito critiche e accuse di sottrarre posti di lavoro a cittadini americani. Secondo Janah però un impiego nel settore dell’informatica non è diverso da un qualunque altro prodotto reperibile tramite i canali del commercio equo e solidale: “se si compra del caffè colombiano secondo i criteri del fair trade viene sfavorita l’economia nazionale o si fornisce invece un’opportunità lavorativa equa e uno strumento per combattere la povertà delle persone svantaggiate?”, si chiede la fondatrice.
Qualcuno alla Silicon Valley invece crede fortemente nel lavoro di Samasource: è Google, che ha recentemente approvato una donazione di 1,5 milioni di dollari per sostenere l’ong a raggiungere il suo prossimo obiettivo: aiutare 10mila persone a ottenere un lavoro retribuito secondo gli standard di salario equo della Fair Wage Guide.
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