Mona Eltahawy: “I social media danno voce ai senza voce”

mona“Se hai l’impressione che la stampa tradizionale parli al posto tuo, sappi che c’è un’alternativa per far sentire la tua opinione: il web!”.  Mona Eltahawy, blogger e giornalista freelance, non indugia nel prendere le parti dei social media. Sulla rete si possono infatti creare spazi di discussione liberi dalla censura e dal controllo, come dimostrato dagli iracheni durante la guerra o dalla comunità LGBT libanese. 

di Serena Carta

Nel 2005 è stata nominata Muslim Leader of Tomorrow (Leader musulmana del futuro), si definisce una “liberale musulmana” e le sue parole d’ordine sono le seguenti: “I tweet most of the day”. Mona Eltahawy, egiziana con passaporto americano, è una blogger e giornalista freelance che da diversi anni ha deciso di svincolarsi dai media mainstream per far circolare le sue opinioni più liberamente. Per esprimere i suoi punti di vista ha scelto i social media, Twitter (@monaeltahawy) e Facebook, che l’hanno aiutata a raccontare la rivoluzione egiziana e, in particolare, l’assalto subito dalle forse di polizia egiziane in piazza Tahir. Sul suo blog sono invece raccolti i suoi articoli, interventi in radio o in tv sui temi di cui è diventata specialista: questioni di genere, minoranze (da quelle religiose agli orientamenti sessuali), social media nel mondo arabo, Medio Oriente.

Baghdad Burning: un blog che ha dato voce agli iracheni

Lunedì 19 marzo, al Circolo dei Lettori di Torino – nel corso del primo di una serie di appuntamenti cui la blogger sta partecipando in Italia – Mona ha spiegato al pubblico le ragioni dell’utilizzo del web come canale principale di comunicazione. “Come membro della comunità musulmana ero stanca di vedere e sentire parlare, a nome di tutti i musulmani, solo uomini anziani e conservatori. Sentivo una forte esigenza di cambiare il modo di narrare dal mio punto di vista, quello di una donna musulmana liberale”. Nel 2003 Mona ha smesso di guardare la tv americana perché “negli approfondimenti sulla guerra in Iraq, non si sentivano mai le voci degli iracheni”. Voci sconosciute che ha infine potuto ascoltare attraverso Baghdad Burning, il blog di una ragazza di Baghdad che, dal 2003 al 2007, ha raccontato il conflitto. “Riverbend (questo il nome online dell’autrice, ndr) ha dato vita a uno spazio di discussione e dibattito online tra chi altrimenti non avrebbe avuto altra occasione di espimersi“. E’ quindi proprio questa l’importanza della rete e dei canali dei social media: “dare voce ai senza voce”, lanciare messaggi non filtrati e raccontare la realtà come la si vive sulla propria pelle. “I miei studenti in America sono rimasti scioccati dalle parole degli iracheni che hanno letto su quel blog: non erano abituati a sentire le esperienze di chi vive in diretta la guerra, poiché le loro uniche fonti erano i media americani”.

Il web: uno spazio sicuro per la comunità LGBT libanese

La potenzialità del web risiede insomma nel creare “spazi di discussione tra persone che non si sentono rappresentate di media tradizionali”. E’ anche per questo motivo che comunità che fanno fatica a vedere affermati i propri diritti, come quella dei LGBT (lesbian, gay, bisexual, and transgender), scelgono la rete per poter affermare la propria esistenza. Nella cornice barocca della sala del Circolo dei Lettori, Mona Eltahawy ha così raccontato l’esperienza della comunità LGBT libanese che nel 2007 ha creato Meem, un progetto online che, attraverso il lavoro auto-organizzato dei membri, offre supporto e mutuo-aiuto contro gli stereotipi e gli ostacoli della società libanese. La particolarità del progetto è che la comunità online è riservata ai soli libanesi ed è basata sulla riservatezza e confidenzialità delle informazioni per garantire la sicurezza dei singoli membri. L’obiettivo di Meem è quello di “dare vita a uno spazio sicuro in Libano dove le persone LGBT possano incontrarsi, parlare e discutere, scambiarsi esperienze e lavorare per migliorare la propria vita e se stessi”. Ma i membri di Meem lavorano anche per aiutare la comunità LGBT in tutto il mondo arabo, attraverso un servizio di posta elettronica con cui sono in contatto con tutto il mondo.  

 

“Yes, I count!”

“Con la forza delle parole si può dire io esito. E con il potere rapresentato dai social media si può facilmente diventare promotori di se stessi. Se avete l’impressione che la stampa tradizionale parli al posto vostro, sappiate che c’è un’alternativa per esprimere la vostra opinione: il web!”  

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