Lotta alle bufale, i grandi del Web si fanno avanti.
Nell’ultimo periodo si è molto parlato di fakenews e post-truth reality, ma a cosa ci si riferisce realmente quando si parla di questi fenomeni e, soprattutto, come vanno affrontati?
di Camilla Fogli
Viviamo in un’epoca in cui la relazione tra le persone e le nuove tecnologie di comunicazione ha profondamente cambiato le modalità di fare – e ricevere – informazione. La maggior parte delle notizie che si leggono in rete sono, ormai, prodotte dagli stessi utenti del web e sono dunque sempre più difficili da verificare e catalogare. Spesso le cosiddette bufale non sono il frutto di un’ignoranza generalizzata, ma piuttosto di un sovraccarico informativo dovuto dall’incapacità – in relazione al tempo a disposizione – di gestire, verificare ed elaborare l’enorme quantità di informazioni che ci raggiungono quotidianamente.
Negli ultimi giorni sono arrivati in soccorso due giganti della rete: Google e Wikipedia, che hanno recentemente annunciato il lancio di due iniziative, molto diverse per modalità e approcci ma con uno stesso scopo: contrastare il fenomeno delle fakenews.
Il fondatore di Wikipedia ha infatti dichiarato che, a breve, sarà avviato un nuovo sito, WikiTRIBUNE di articoli di attualità “verificati” che, in linea con la celebre enciclopedia online, funzionerà seguendo il principio di piattaforma aperta e collaborativa. Il lavoro di redazione di WikiTRIBUNE prevede l’affiancamento di un team di giornalisti professionisti – stipendiati tramite crowfunding – a un gruppo di volontari. In particolare i giornalisti professionisti si occuperanno della ricerca delle notizie e della scrittura degli articoli, mentre i volontari avranno il difficile incarico di supportare la redazione nel verificare l’affidabilità e la veridicità delle fonti e delle notizie pubblicate. Sulla piattaforma saranno pubblicati perlopiù contenuti di attualità e articoli su temi di interesse generale, anche se non è ancora stato specificato il taglio che sarà adottato. Il nuovo sito, per ora previsto solo in lingua inglese, sarà consultabile gratuitamente e, proprio come Wikipedia, non si avvarrà di inserzioni pubblicitarie ma bensì delle donazioni della community che deciderà di sostenerlo.
Anche Google ha lanciato un’iniziativa basata sull’azione collaborativa e partecipativa degli utenti. In un primo momento, l’azienda si era limitata a introdurre la possibilità di segnalare le notizie false o inaffidabili sul suo motore di ricerca, poi ha deciso di andare oltre. L’incubatore Google ha infatti annunciato di essere riuscito a progettare un’Intelligenza Artificiale, un API a cui è stato dato il nome Perspective, in grado di individuare e censurare tutti i contenuti online ritenuti offensivi, violenti o fuorvianti. Inoltre, il colosso ha annunciato dei cambiamenti “strutturali” all’algoritmo che ne regola il funzionamento: il motore online punterà sempre di più a privilegiare pagine web identificate come affidabili e di qualità, così come i contenuti prodotti da fonti autorevoli. Ciò sarà possibile soprattutto attraverso strumenti di feedback introdotti su due funzioni del motore: il completamento automatico delle ricerche e i cosiddetti snippet, ovvero quei frammenti che contengono parole chiave e che servono ad ottimizzare la ricerca. Questi strumenti permettono agli utenti di segnalare i contenuti inadatti e inaffidabili e le informazioni ricavate serviranno ad aggiornare in modo costante e preciso gli algoritmi di Google, escludendo i contenuti “malvagi”.
Ma la battaglia contro le fakenews si può vincere soprattutto grazie alla crescita dello spirito critico individuale. In questo senso strumento fondamentale è il manuale “Verification Handbook”, guida scritta in collaborazione con i principali autori e giornalisti di BBC, Storyful, ABC, Digital First Media e altri esperti di verifica dei dati, e pensata per fornire gli strumenti, le tecniche e le linee guida per affrontare i contenuti generati dall’utente, soprattutto in un contesto di emergenza.
In particolare, il Capitolo 10 è dedicato a quegli utenti della rete che non sono giornalisti professionisti ma che si trovano comunque nella situazione di dover verificare l’attendibilità di una notizia o la credibilità di una fonte. Qui è riportata una lunga serie di tools – online e non – suddivisi in base al tipo di informazione che si vuole verificare, che sono, nella maggior parte dei casi, gratuiti e opensource.
Ad esempio, il primo dato che risulta necessario dover controllare per stabilire la credibilità di una notizia è, ovviamente, l’autore. Esistono dunque tutta una serie di strumenti utili al fine di verificare l’identità di un utente in rete. Tra questi, ad esempio, troviamo: Email Checker, che permette di verificare se un indirizzo email esiste o meno; Facebook Graph Search, un motore di ricerca sociale integrato a Facebook che segue un metodo semplificato per trovare le persone e permette di trovare un utente a partire da criteri come età, località, occupazione; BotOrNot, applicazione che controlla l’attività di un account Twitter e dà un punteggio rispetto alla probabilità che quell’account sia gestito da un bot o da un essere umano; Numberway, semplice ma utile directory gratuita di elenchi telefonici internazionali; Who.is, ottimo per avere tutte le informazioni specifiche relative a un dominio web; e molti altri.
Altra categoria importante di dati da verificare sono poi le immagini e la loro autenticità. A tal proposito risultano utili ed efficaci strumenti come Jeffrey’s Exif Viewer, capace di rivelare i metadati contenuti in una foto digitale, Yomapic, un’app di mappatura dei contenuti Instagram in grado di individuare le foto a partire dalla località e JPEGSnoop, uno strumento gratuito che può capire se un’immagine è stata modificata o meno.
Anche per verificare la località e la geolocalizzazione di una notizia o di un contenuto si possono usare diversi strumenti. Tra questi segnaliamo: Panoramio, sito di condivisione foto con milioni di immagini geolocalizzate caricate su Google Maps; WikimapiaNASA Earth Observatory, piattaforma creata per condividere le immagini e le informazioni che arrivavano dai satelliti e che funziona come un mega-archivio di immagini globali, con accesso gratuito a mappe, immagini e dati; Wikimapia, la versione di Google Maps in crowdsourcing che contiene punti di interesse e descrizioni varie.
Infine, altri tools che potrebbero rivelarsi utili nel processo di verifica di un’informazione sono: PeopleBrowsr, una piattaforma che permette di monitorare social media e notizie, di organizzarle in sequenze ordinate entro le quali si possono effettuare ricerche e di ordinare – grazie a dei punteggi – la credibilità degli utenti e della loro influenza sui social network; Snopes.com, sito dedicato alla smentita delle bufale online, dove è possibile eseguire ricerche incrociate sui contenuti prodotti dagli utenti; Geofeedia, che permette di cercare e monitorare i contenuti dei social network sulla base delle località. Selezionando una località, i contenuti da Twitter, Flickr, Youtube, Instagram e Picasa vengono setacciati in tempo reale; e infine BlackWidow, lo strumento di scansione preferito dai giornalisti investigativi, capace di mostrare la struttura dei siti e di cercare informazioni al loro interno, ma che purtroppo è disponibile solo a pagamento.
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