Social media marketing | Una campagna di successo parte dall’ascolto
“Faccio parte di una piccola onlus, perché devo usare internet per lanciare campagne sociali?” E’ una delle domande che ci sentiamo rivolgere più spesso durante i nostri corsi. Allora l’abbiamo chiesto anche a Paolo Ferrara, guru del fundraising online in Italia, blogger e responsabile della comunicazione per Terre des Hommes, che per Ong 2.0 ha organizzato un corso di social media marketing avanzato per non profit. Ecco cosa ci ha risposto.
di Donata Columbro
Perché usare internet per lanciare campagne sociali?
Internet oggi è il mondo. Così come si lanciano campagne nel mondo reale si lanciano campagne online ma con dei vantaggi: internet permette di raggiungere più persone con più efficacia perché si possono usare strumenti diversi a seconda del target. Questo significa avere uno spazio enorme a disposizione sia per la condivisione di contenuti che per la liberazione della nostra creatività. Poi internet costa meno e può essere accessibile a piccole organizzazioni non profit. Infine, internet è misurabile rispetto ad altri canali. Si può fare un’analisi approfondita di una campagna cercando di capire cosa è andato storto oppure quantificare il successo.
Qual è lo strumento migliore da cui partire?
Molto dipende dalle dimensioni dell’organizzazione e dagli obiettivi che ci si pone. Quello che vorremmo trasmettere durante il corso è la capacità di lanciare una campagna integrata: è nell’integrazione negli strumenti che si trova il successo. In ogni caso, il modo più semplice per capire le dinamiche della rete è mettersi ad ascoltare quello che accade nei social e sperimentare. Ma se devo scegliere un social network da cui partire direi Facebook.
Quali sono i problemi che ti vengono presentati dagli operatori del non profit che incontri quando parli di fundraising e campagne online?
All’inizio le persone si chiedevano “ma il web funziona o non funziona?” e la maggior parte era certa che non funzionasse, a parte qualche entusiasta convinto che con i social network fosse arrivata la panacea di tutti i mali delle organizzazioni non profit. Oggi una delle cose che percepisco più spesso è l’illusione che si possa lavorare online gratis: è uno dei miti che devo sfatare a ogni corso. Cè illusione che non ci sia bisogno di strategia, di un piano che preveda anche lo stanziamento di risorse, a seconda degli obiettivi anche budget importanti e continuativi nel tempo.
Tu lavori per Terre des Hommes come fundraiser e curi per loro la comunicazione social: puoi raccontarci il segreto di una pagina Facebook così frequentata come la vostra?
A TDH abbiamo preso del tempo per studiare il panorama dei social network: abbiamo usato diversi strumenti e ci abbiamo messo un po’ di tempo prima di arrivare su Facebook. L’obiettivo principale era: fare conversazione, tenendo presente la nostra identità. Noi ci occupiamo di bambini, tra le tante cose che facciamo è il sostegno a distanza. Spesso questa attività si associa a un linguaggio sdolcinato, a modalità di comunicazione emotive, con tanti stereotipi: la sfida che abbiamo vinto è stata quella di dimostrare che i nostri sostenitori che commentano con entusiasmo i progetti di SAD sono le stesse persone firmano e rilanciano petizioni quando si tratta di diritti dei bambini, facendo passaparola o segnalandoci campagne. Su Facebook noi facciamo conversazione, prima di tutto ascoltando quello che gli altri hanno da dire. La nostra bacheca è pubblica e, anzi, invitiamo chi ci segue a contattarci non in privato ma pubblicamente: è un modo per dire loro “sentitevi a casa”.
Ultimo suggerimento per chi comincia ora a pensare una presenza online: prevedere continuità e un piano editoriale. Non si può stare sui social network senza sapere dove si vuole andare, il rischio è quello di essere ripetitivi e poco efficaci.
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