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“Make, unmake, remake”: il motto del progetto Agbogbloshie Makerspace Platform

Quest’anno vincitrice del premio dell’Innovazione Urbana di Le Monde, nella categoria “Partecipazione cittadina”, l’Agbogbloshie Makerspace Platform è un progetto innovativo all’insegna dell’economia circolare che ha trasformato la più grande discarica di rifiuti elettronici al mondo in una risorsa per lo sviluppo dell’economia locale del Ghana. 

Di Anna Filippucci

Agbogbloshie è la più grande discarica di rifiuti elettronici al mondo. Essa si trova in un quartiere periferico di Accra, in Ghana. Computer, telefoni, elettrodomestici… tutti gli scarti tecnologici del mondo, frutto dell’obsolescenza programmata, si ritrovano qui, accatastati in questo luogo fuori dal tempo e spaventoso. Luogo che, non a caso, è stato soprannominato “Sodoma e Gomorra”.

Old Fadama è il nome dello slum che sorge negli immediati pressi di questa discarica. Gli abitanti della baraccopoli sono specializzati da generazioni nel recupero dei rifiuti di Agbogbloshie. Da decenni ormai, si tramandano informazioni sulle componenti metalliche preziose che possono essere isolate nei singoli oggetti e rivendute e/o riutilizzate per costruire altri apparecchi elettronici. La discarica è una delle cosiddette urban mining – miniere urbane – più sfruttate della terra: riciclare è la parola d’ordine. Allo stesso tempo, vi è un enorme problema di inquinamento correlato: i rifiuti infatti, per essere trattati, vengono sovente bruciati e i loro resti in parte dispersi nell’ambiente, nel terreno oppure trasformati in nubi tossiche, altamente dannose per la salute. 

Ciò che tuttavia appare davvero impressionante è l’expertise sviluppata dagli abitanti di questo luogo fuori dal comune: conoscere esattamente tutte le componenti di ogni oggetto elettronico costituisce un vantaggio enorme e sovente l’unica fonte di reddito per intere famiglie. L’approccio learning by doing è l’unico conosciuto e applicato: smontando, bruciando, riassemblando oggetti, gli emarginati della società hanno appreso come sfruttare al massimo qualsiasi scarto

Dall’osservazione di questa situazione prende vita il progetto dell’Agbogbloshie Makerspace Platform (AMP). Fondata nel 2013 da DK Osseo-Asare e Yasmine Abbas, entrambi laureati ad Harvard ed esperti di design, e aperta a tutti gli studenti di arte, tecnologia, scienze, ingegneria, chimica e matematica, questa piattaforma, digitale e fisica allo stesso tempo, ha permesso uno scambio di competenze e conoscenze inedito

Studenti, studiosi, insegnanti, abitanti della baraccopoli, tutti quanti hanno avuto la possibilità di contribuire alla realizzazione di un manuale open source grassroots e partecipativo: una lista di tecniche, saperi e conoscenze teoriche che permettano di riciclare i rifiuti in maniera rispettosa dell’ambiente e della salute. L’interazione tra persone provenienti da background completamente diversi ha permesso un’ibridazione di saperi tecnici, teorici e pratici e ha portato alla realizzazione anche di prodotti altamente tecnologici (dalle stampanti 3D ai droni!). 

Il processo è ancora in corso, ma esso ha finora coinvolto oltre 1500 persone, di cui 750 provenienti dall’ambiente universitario e altrettanti dalle baraccopoli di Agbogbloshie. Il risultato tangibile del progetto è una piattaforma appunto, chiamata dai partecipanti Spacecraft, composta da tre elementi: un chiosco modulare e facilmente trasportabile interamente creato con materiali riciclati e utilizzabile come laboratorio e punto vendita, delle cassette degli attrezzi personalizzabili in base a che cosa si vuole costruire e con quali materie prime e infine una app commerciale. Quest’ultima costituisce un incentivo importante per gli artigiani delle baraccopoli per rendere i loro prodotti più green: l’espansione del business al di fuori del quartiere, li spinge infatti a innovare maggiormente l’offerta. 

Il successo del progetto è dato innanzitutto dal fatto di saper mettere in relazione efficacemente domanda e offerta di prodotti finiti, ma anche di materie prime e saperi, il tutto in maniera innovativa e all’insegna dell’economia circolare. In secondo luogo, ed è così che si conclude la TED talk del co-fondatore di AMP, la piattaforma costituisce un esempio virtuoso di come l’Africa potrebbe guardare al futuro; soltanto costruendo un network efficace tra tutte le proposte innovative e grassroots già esistenti nel continente (dagli hub tecnologici, agli incubatori di start-up, ai saperi tradizionali e molto altro ancora), che travalichi ogni confine politico e nazionale, si può pensare a uno sviluppo co-partecipato, inclusivo e duraturo per l’Africa

Un cartone animato made in Tanzania educativo e interattivo

Un cartone animato tutto Made in Tanzania, dallo storyboard alle animazioni, fino alle musiche. Una forma di educazione che si mescola all’intrattenimento e promuove un nuovo modo di imparare. Questo è Ubongo kids, show interattivo per bambini, dove i protagonisti sono animali e bambini locali, dove i paesaggi sono familiari e i temi sono quelli più prossimi a loro. Episodio dopo episodio si apprendono la matematica, la scrittura e l’inglese: il tutto divertendosi attraverso un’avventura animata.

Come è nato Ubongo

Come per noi i cartoni animati dell’infanzia sono sempre stati importati – prima dagli states, poi dal Giappone – così anche in Africa i cartoni autoctoni si contano sulla punta delle dita. Alla base di questa riflessione nasce Ubongo, una vera e propria casa di produzione non profit,  il cui scopo è quello di proporre un prodotto originale. Il Direttore operativo Doreen Kessy spiega a Forbes la necessità di un cartone educativo “Made in Africa for Africa”, dove i contesti, i luoghi e gli usi non siano i classici occidentali. Fino a qualche anno fa le uniche forme di “eduteinment” erano importate dagli USA. Risulta ovvia la difficoltà di un fanciullo nell’immedesimarsi in un mondo che non conosce e che non è a lui familiare.

Così nel 2013 iniziano le avventure animate di un gruppo di bambini ed animali, che insegnano matematica divertendo. Lo show è divenuto così popolare da essere visto in 1 nucleo famigliare su 4, raggiungendo più di 6.4 milioni  di telespettatori ogni settimana. come si può vedere nella mappa sotto, dove in blu sono indicati i paesi dove Ubongo è trasmesso sulla rete nazionale, mentre in verde dove è trasmesso su Pay TV. Ovviamente non basta un cartone per risolvere i problemi di alfabetizzazione. Il team sottolinea

The show can teach fundamental concepts and inspire an enthusiasm for learning. That can support the work teachers do everyday.

Molti insegnanti hanno infatti richiesto che il cartone fosse portato nelle scuole. Stimolare l’apprendimento attraverso una forma di intrattenimento è fondamentale per coinvolgere i più piccoli.

Come è stato fatto in Tanzania

Il team lavora a stretto contatto con insegnanti ed educatori. Per creare un cartone animato made in Tanzania si parte dal basso. All’inizio di ciascuna stagione si organizza una riunione per coordinarsi sui 13 episodi da produrre. Si scelgono i temi, dalle divisioni al calcolo di un’area, e si costruisce la storia di contorno.

Il passo successivo è più tecnico e presuppone la stesura dello script in Kiswahili che poi viene tradotto in Inglese. La palla passa così al team che si occupa delle animazioni, mentre un altro team scrive e registra le musiche. L’ultimo passaggio è quello relativo al doppiaggio.  In tutta questa fase vi è un attento interesse nei confronti della community di giovani telespettatori, cercando di coinvolgerli il più possibile.

Quando l’episodio è pronto viene “testato” sullo schermo. Questo passaggio è molto importante per gli animatori, che devono controllare la fluidità dei movimenti. Inoltre questo momento è il primo che vede sonoro ed immagini unite, è quindi il primo banco di prova per le musiche e la localizzazione inglese e nelle altre lingue del doppiaggio.

Come Funziona lo show?

Il cartone animato si compone di diversi personaggi, da bambini ad animali. I primi interagiscono tra loro e risolvono problemi di tutti i gironi, mentre i secondi ha un ruolo più pedagogico quasi esopico. L’inserimento di animali parlanti all’interno del cartone è dovuto a diversi studi effettuati su altri show per bambini. I bambini infatti rispondono in maniera molto più vivace quando vedono un animale a loro familiare.

Così i personaggi principali di Ubongo Kids sono alcuni animali parlanti uccelli, scimmie e giraffe, che giocano un ruolo fondamentale nello svolgimento della trama dell’episodio. Il risultato è stato che la popolarità dello show è dovuta in gran parte proprio a questi animali antropomorfi.

All’interno di un episodio i piccoli protagonisti si trovano di fronte problemi di vita reale, la cui soluzione è attuabile tramite l’uso della matematica di base. Dal calcolare l’area di un campo al calcolare le probabilità di cogliere un frutto maturo da un’albero, sapendo quanti sono maturi e quanti sono ancora verdi. Questi ed altri sono gli argomenti trattati dal cartone, accanto alla matematica ci sono infatti esempi precisi di buon costume e vita sociale, che stemperano gli elementi più scolastici con elementi più pedagogici.

Una componente molto importante  è l’interattività del cartone. Tramite un qualunque telefono cellulare (anche quello più obsoleto) i bambini possono interagire con le domande poste durante la puntata. Basta quindi un semplice sms e si può partecipare in tempo reale allo show. Questo è avvenuto grazie ad una partnership con una compagnia telefonica locale. La possibilità di sfruttare la tecnologia disponibile è alla base del creare un cartone animato made in Tanzania.

Cosa accadrà in futuro a questo cartone animato?

Il team di Ubongo è al lavoro per migliorare e innovare il cartone. Uno degli obiettivi, già in parte realizzato, è quello di produrre e-book interattivi per coinvolgere meglio i bambini. Per aumentare la capillarità dello show si è poi pensato di trasformarlo in un programma radiofonico, così da permettere anche a famiglie che non posseggono schermi  tv di fruire dei contenuti educativi.

L’ultima frontiera è rappresentata da una app disponibile su Play Store, che integra il modello di eduteinment  con gli smartphones. L’app è un sistema freemium ove i contenuti base sono gratuiti mentre si dovrà pagare per accedere a quelli premium.

Internet Freedom in Africa

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The rapidly expanding use of the Internet and digital platforms in Africa has given true meaning to the rights of hundreds of millions of people across the continent to “seek, receive and impart information and ideas of all kinds, regardless of frontiers,” as intended by the framers of the
International Covenant on Civil and Political Rights (ICCPR).
It has brought cyberspace to the doorsteps of people, whether they are high and mighty or low and disadvantaged, enabling them to engage actively in public discourse on political issues,
governance, social and economic development, among others, at local, national, regional and international levels.
However, this access to the means of communication and its attendant democratisation of speech is not always seen as a positive development by many governments in Africa who are addicted to the old ways, where it was easy to control the means of communication and take them out of the reach of their recalcitrant citizens, whom they viewed as subjects in most cases. A overview of eight african countries.

Autore: AFEX (African Freedom of Expression Exchange)

Anno: 2017

Lingua: english

Scarica qui: Internet Freedom in Africa

Un nuovo “mobile money ecosystem”

Si è da poco concluso anche il settimo modulo del corso ICT Innovations for Development tenuto da Gianluca Iazzolino e dedicato interamente all’utilizzo delle nuove tecnologie nell’ambito dell’inclusione finanziaria.

Il settore dei servizi finanziari digitali si amplia sempre più velocemente; in poco tempo si è passati dalla semplice possibilità di pagare tramite mobile, alla possibilità di effettuare transazioni e operazioni più complesse, come prestiti o assicurazioni, utilizzando un dispositivo come il cellulare o il tablet. Ormai non si parla più solamente di mobile banking, di “un sistema cioè che permette ai clienti di istituzioni finanziarie di accedere al proprio account tramite un dispositivo mobile”, ma di mobile money, “un network di infrastrutture per depositare e trasferire denaro facilitando il cambio da cash alla valuta elettronica tra diversi attori”(Kendall et al. 2012), “un’innovazione strategica per tagliare i costi e rafforzare la portata dei servizi finanziari” (Porteous 2007; Kumar, McKay and Rotman 2010; Donovan 2012).

MasterCard Foundation's partnership with Opportunity International and Opportunity Bank is expanding access to financial services to 1.4 million people, particularly in rural areas. Mobile phone banking is a large component of these activities. Julius Sakiaiiuu at his mobile phone shop and mobile money kiosk in Kanjuki Village. Julius received loans from Opportunity Bank to expand his mobile phone shop in Kanjuki Village. "Before mobile banking, I would have to bay 10,000 shillings to go to the nearest bank branch to deposit 10,000 shillings," he said.Oggi, spiega Iazzolino, si delinea quindi un nuovo mobile money ecosystem, in cui gli attori coinvolti non sono più solamente le banche e i loro clienti, ma tutte le istituzioni e gli attori che offrono servizi finanziari, gli operatori, i proprietari di attività, i produttori, gli utenti, ecc. Lo scenario è quindi quello di un network, di una nuova partnership di digital financial actors, che sviluppa nuove relazioni, nuovi scambi e nuove opportunità.

In questo scenario emerge con prepotenza il tema dell’inclusione finanziaria, focus specifico delle lezioni del settimo modulo del corso. “L’accesso per tutti a un gran numero di servizi finanziari – risparmio, entrate, assicurazione e pagamenti – offerti in modo responsabile e sostenibile da una serie di providers in un ambiente ben regolato”(Porter, 2015) è la precondizione per lo sviluppo, soprattutto nei Paesi a basso reddito, e secondo molti costituirebbe un elemento importante nella lotta alla povertà.

Iazzolino tuttavia mette in guardia sulle problematiche che l’inclusione finanziaria può trovarsi ad affrontare in questa nuova compagine mondiale e sulle conseguenze che questa può avere. In particolare, la grande componente digitale del settore finanziario ha portato oggi alla “capitalizzazione dei dati e delle informazioni personali”, la cosiddetta “datafication”. Questa deriva dell’utilizzo della tecnologia nel settore, offre sì possibilità importanti, ma rischia anche di condurre a una maggiore esclusione di alcune persone che vivono in determinate condizioni.

Immagine2Il docente riporta due esempi africani: Branch e Firstaccess, due providers di servizi finanziari. Sono sostanzialmente due app che è possibile installare sul telefono; queste acquisiscono tutte le informazioni sull’utente a partire dai dati del suo cellulare, dalle sue attività, dai social media, dalle transazioni economiche, ecc. e sulla base di queste un algoritmo valuta le condizioni finanziarie dell’utente, permettendogli o impedendogli l’accesso ai diversi servizi. I dati diventano quindi una fonte di valore, sulla base della quale includere o escludere una persona dalla grande costellazione dei nuovi servizi finanziari.

Un altro aspetto (tra molti altri) che il docente spiega per ottenere una vera inclusione finanziaria è il contesto locale. La sola esportazione di piattaforme, tecnologie o modelli finanziari non sarà mai davvero efficace ed inclusiva, se la popolazione di riferimento non è disposta ad accettarla, se la tecnologia proposta è troppo avanzata, se nel contesto sociale in cui si desidera inserirsi non sono presenti le condizioni adatte per farlo.

Un esempio è Telesom Zaad, la prima piattaforma mobile money in Somaliland. “Il servizio offerto da Telesom è dilagato nel Paese essendo molto attrattivo, poiché semplifica la vita alle persone” spiega Abdirahman Adan Shire, il Manager di Zaad Service, rispondendo a dei bisogni reali della popolazione locale.

Le 10 compagnie più innovative in Africa – II Parte

 

Clicca QUI per leggere la I Parte

L’Africa è ricca d’innovazione. Che sia una startup o una multinazionale, l’Africa presenta un notevole potenziale nel campo della tecnologia, delle applicazioni mobili, dell’educazione e delle ICT. Ecco la seconda parte della lista delle 10 compagnie più innovative dell’Africa secondo fastcompany.com.

Meltwater Entrepreneurial School of Technology

Per investire negli imprenditori e formarli. Descritta da Erik Hersman -blogger di tecnologia e co-fondatore di Ushahidi–  come una “scuola di perfezionamento per startup tech”, MEST aiuta i futuri imprenditori attraverso un programma di due anni, completando un’educazione simil-MBA con esercitazioni sullo sviluppo di software. Finanziata dall’imprenditore norvegese Jorn Lyseggen, la scuola investe inoltre nelle squadre e nelle migliori idee imprenditoriali che emergono dal programma educativo, per finanziare le idee degli agli sviluppatori fornisce da 50.000 a 250.000 dollari.

MEST seleziona circa 40 laureati ogni anno,  numero corrispondente a meno del 2% delle richieste ricevute. Sin dalla sua nascita, nel 2008, più di 200 imprenditori hanno completato il programma, e MEST ha investito più di 15 milioni in startup africane. Nel futuro, MEST ha intenzione di sviluppare un hub di incubatori che vada da una parte all’altra del continente.

M-KOPA

Per rendere l’energia solare conveniente per i meno privilegiati. Sin dal lancio del suo servizio in Kenya nel 2012, M-KOPA è cresciuta sino a servire 150.000 case in Africa dell’est, crescendo solo nell’ultimo anno di 100.000 unità. Mentre una normale casa in Kenya spende 200 dollari all’anno in kerosene, M-KOPA offre il suo sistema casalingo di energia solare per un deposito iniziale di 35 dollari, seguito da 365 pagamenti giornalieri di 43 centesimi.

“Puoi rendere l’energia solare conveniente rendendo i pagamenti giornalieri”, afferma il co-fondatore e direttore Jesse Moore. “La convenienza per persone con scarse entrate economiche significa piccole somme di denaro da pagare giornalmente o settimanalmente poiché le disponibilità di denaro sono molto basse. Non funziona offrire piani mensili.” M-KOPA garantisce energia a 500 nuove case ogni giorno ed entro il 2018 spera di raggiungere in Kenya 1 milione di case.

One Acre Fund

Per migliorare la vita degli agricoltori africani. I piccoli proprietari terrieri africani sono tra le persone più povere al mondo. One Acre Fund ritiene che il sistema di prestiti e formazione che offre ai suoi clienti porterà un milione di agricoltori africani fuori dalla povertà entro il 2020. Invece di prestare denaro, One Acre Fund offre semi e fertilizzanti a credito agli agricoltori. Li forma sulle tecniche agricole e li aiuta a vendere il loro raccolto.

Offre inoltre pagamenti flessibili, permettendo ai clienti di pagare senza interessi e senza scadenze. Alla fine del 2014, One Acre Fund ha raggiunto l’obiettivo di aiutare 200.000 agricoltori e si aspetta di aiutarne 300.000 quest’anno. In media, presenta alte percentuali di restituzione del credito e una doppia rendita agricola per ogni ettaro coltivato.

Praekelt Foundation

Per potenziare gli utenti della telefonia mobile alla base della piramide. La sudafricana Praekelt Foundation usa tecnologie open source per garantire informazioni gratuite su educazione, finanza e salute a utenti che usano telefoni cellulari in Nigeria, Ghana, Kenya, Tanzania e Zambia . Nonostante l’aumento della penetrazione dei cellulari in Africa, molti paesi hanno ancora poche informazioni sulla salute delle madri, su educazione, governance e trasparenza, afferma Gustav Praekelt, che ha iniziato la fondazione nel 2007.

L’impresa sociale ha stretto partenariati con governi, ONG, e agenzie ONU, permettendo loro di diffondere informazioni potenzialmente salvavita. Uno dei suoi strumenti, TxtAlert, invia promemoria a pazienti sottoposti a medicazioni costanti e permette loro di prenotare appuntamenti quando non hanno credito, attraverso l’uso di messaggi specifici. L’anno scorso, la fondazione ha stretto un accordo con il dipartimento di salute del Sud Africa per creare MomConnect, primo programma nel suo genere nel mondo in via di sviluppo, che permette alle donne incinta di ricevere messaggi gratuiti con consigli durante la loro gravidanza.

Jobberman

Per incrementare l’accesso alle opportunità di lavoro. Nel 2040, l’Africa avrà la forza lavoro maggiore del mondo, ma un’alta disoccupazione giovanile è oggigiorno realtà in molti paesi del continente. Jobberman ha 1.5 milioni di utenti registrati e intende aumentare le opportunità dei disoccupati di ottenere un lavoro offrendo un’alternativa alle agenzie di assunzione e al passaparola.

“Sfruttando internet, Jobberman si sta occupando del problema della disoccupazione nell’Africa sub-sahariana per dare a chi cerca un impiego accesso gratuito alle opportunità di lavoro in una regione che ha avuto storicamente una limitazione nel flusso di informazioni e persone”, afferma il co-fondatore e CEO Ayodeji Adewunni. Appoggiata da Tiger Global, l’azienda di investimenti americana, e Seek, sito australiano di ricerca lavoro, Jobberman contiene opportunità provenienti da Nigeria e Ghana, un mercato in cui è entrata più di due anni fa. Ha inoltre la propria presenza in Africa dell’est attraverso la compagnia BrighterMonday. L’anno scorso, i suoi profitti sono cresciuti del 125% e ha trovato lavoro a più di 70.000 persone.

 

Fonte: itnewsafrica

Photo credit: Cellanr

Le 10 compagnie più innovative in Africa – I Parte

L’Africa è ricca d’innovazione. Che sia una startup o una multinazionale, l’Africa è piena di potenziale nel campo della tecnologia, delle applicazioni mobili, dell’educazione e delle ICT. Ecco la lista delle 10 compagnie più innovative in Africa secondo fastcompany.com

Eneza Education

Per garantire ai bambini dell’Africa rurale un tutor virtuale. La start-up keniana, co-fondata da due ex membri della iHub community di Nairobi, crea contenuti educativi a cui i bambini provenienti da aree rurali povere possono accedere da cellulari di fascia bassa. Attraverso la sua “classe virtuale”, gli studenti tra gli 11 ed i 18 anni possono studiare materie come matematica, scienze, inglese, e svolgere qualsiasi tra i 2000 quiz e più di 16000 domande a disposizione, con l’opzione di una piccola lezione di ripasso se ottengono meno del 50% – tutto per l’equivalente di 50 centesimi di dollaro al mese.

I bambini possono inoltre fare ricerche su Wikipedia grazie agli SMS, o porre domande agli insegnanti ricevendo una risposta entro un’ora. Gli insegnanti possono inoltre impartire compiti attraverso la piattaforma e ricevere responsi sulle prestazioni degli studenti. Entro la fine del 2014 Eneza ha raggiunto più di 375.000 utenti in Kenya, con un aumento di 143.000 unità dal 2013. Spera di raggiungere più di 1 milione di studenti quest’anno e 50 milioni nei prossimi 5, almeno in 10 paesi africani. Il suo obiettivo saranno studenti che hanno abbandonato la scuola, ragazze in aree estremamente povere, e bambini che non possono andare a scuola a causa di conflitti.

Konga

Per facilitare l’e-commerce in Africa. Dopo aver raccolto più di 100 milioni di dollari dal lancio del 2012, Konga ha il potenziale per diventare un colosso dell’e-commerce in Africa. Ma non è quello che ha in mente il fondatore Sim Shagaya. “Non vogliamo essere Golia, ma pensiamo che il futuro dell’Africa spetti a molti Davide”. Konga non vuole quindi essere l’ennesima compagnia e-commerce ma permettere a altre compagnie di farlo.

Dall’apertura oltre 10.000 commercianti si sono registrati sul sito. Konga, le cui entrate sono aumentate del 450% tra il 2013 ed il 2014, ha anche lanciato la sua compagnia privata di logistica KExpress, dopo aver visto che i suoi corrieri erano incapaci di gestire le migliaia di ordini giornalieri che il sito generava. Konga ha intenzione di espandersi in altri stati dell’Africa sub-sahariana nel 2015, e ha ottenuto più di 40 milioni nell’ultima raccolta di finanziamenti ad ottobre.

iROKOtv

Per cambiare l’economia di Nollywood. Una delle prime compagnie a offrire video on-demand in Africa legalmente, iROKOtv ha mostrato agli investitori un’industria che raccoglie circa l’1.4% del pil della maggiore economia africana. La compagnia acquista licenze da Nollywood e genera profitti attraverso pubblicità e abbonamenti. iROKOtv non è popolare solo in Africa: solo l’11% degli abbonati è africano, ed ha abbonati da 172 paesi.

L’anno scorso iROKOtv ha iniziato a espandere ulteriormente la propria proposta aggiungendo film di Hollywood e Bollywood, soap opera koreane – mosse che, nei fatti, hanno l’obiettivo di espandere la base di abbonati in Africa. in Africa, dove il servizio di streaming è molto economico: un abbonamento ad iROKOtv costa circa 3.50 dollari al mese. La scommessa sembra essere stata vinta, con un aumento di abbonamenti del 457% nel 2014.

Ubongo

Per ispirare una generazione di studenti digitali. Su Ubongo Kids, un cartone educazionale trasmesso giornalmente sulla Tv tanzaniana, i giovani telespettatori sono incoraggiati a “tumia ubongo” (usa il tuo cervello) attraverso attività di problem solving, come trovare una nuova casa a migliaia di topi o battere una scimmia al tiro alla fune. La start-up di edutainment Ubongo ha lanciato il cartone animato nel gennaio 2014 e ha ampliato il suo pubblico fino a 1.4 milioni di telespettatori settimanali in Tanzania in solo un anno. Lo spettacolo, trasmesso in Kiswahili e disponibile in 1 milione di case in Africa orientale, insegna matematica e scienze.

I bambini possono usare il cellulare per rispondere a domande a risposta multipla e ricevere la risposta dai loro personaggi preferiti. “La domanda è enorme. Non riusciamo a proseguire”, afferma il cofondatore e CEO Nisha Ligon. “La maggiore lamentela che riceviamo dagli utenti è che gli episodi sono troppo brevi.” Uno studio finanziato dalla compagnia ha dimostrato che gli studenti che hanno guardato il cartone una volta al mese per almeno 6 mesi hanno ottenuto risultati migliori a scuola rispetto ai loro compagni.

Leti Arts

Per ridefinire l’intrattenimento in Africa. Uno dei pochi studi di media interattivi nell’Africa sub-sahariana, la ghanese Leti Arts sta producendo materiali d’intrattenimento su generi ancora inesplorati. La start-up sviluppa giochi per dispositivi mobili e fumetti digitali influenzati dalla storia e dal folklore africano.

La compagnia spera che una nuova generazione di bambini africani sia ossessionata dai propri supereroi piuttosto che da quelli occidentali, e punta a espandere la notorietà delle leggende africane con merchandising, film d’animazione e parchi a tema. Leti Arts ha inoltre sviluppato giochi ed applicazioni per Microsoft, Intel e Vodafone. Ha sviluppato un gioco di educazione civica per le elezioni in Kenya del 2012 e un gioco di formazione per infermiere che simula situazioni della vita reale. Sta attualmente sviluppando un gioco in partnership con delle ONG su sanità ed educazione.

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Fonte: itnewsafrica

Photo credit: RudolfSimon

Agritools, come cambiano le aree rurali con le ICT

Ottanta giorni fra l’Africa Occidentale e Orientale, per scoprire e comprendere meglio le realtà di contadini che grazie alle ICT sono diventati indipendenti. Questo è Agritools: un progetto di ricerca giornalistica sull’impatto delle nuove tecnologie e del web sul cambiamento rurale.
di Elisabetta Demartis e Sandro Bozzolo

Con la maggior parte delle terre coltivabili ancora disponibili, in Africa subsahariana l’agricoltura, insieme all’allevamento e alla pesca, rappresenta il principale settore di sviluppo del continente, capace non solo di sfamare le popolazioni locali, ma l’intero pianeta. Grazie all’utilizzo del web e altre tecnologie della comunicazione, contadini che fino a ieri dipendevano dall’assistenza occidentale per accedere alla conoscenza, hanno oggi la possibilità di trasformarsi nei protagonisti del proprio destino. Agritools è un progetto di ricerca giornalistica che ha l’obiettivo di scoprire e comprendere questa realtà, un viaggio di ottanta giorni tra l’Africa occidentale e l’Africa orientale, nel tentativo di raggiungere quelle storie che, al di là della presenza sul web, esprimono sul terreno il peso della loro reale utilità.

Le ICT per l’agricoltura: dalle radio comunitarie al cellulare

L’incursione delle tecnologie della comunicazione nelle aree rurali non è così recente. Negli anni Sessanta e Settanta numerosi progetti furono implementati nelle aree periferiche del mondo a sostegno delle comunità agricole. La radio si è rivelata essere il mezzo privilegiato, e particolarmente efficace, per mettere in comunicazione comunità isolate presenti su uno stesso territorio, ma anche per favorire l’organizzazione interna delle singole collettività. “Si tratta di un mezzo di comunicazione piuttosto accessibile, che non richiede grossi investimenti infrastrutturali”, spiega Riccardo Del Castello, responsabile dell’ufficio di Comunicazione per lo Sviluppo alla FAO di Roma, intervistato nella prima fase del progetto di ricerca. “I benefici che le radio rurali hanno apportato al settore dell’agricoltura sono misurabili in termini comunitari, soprattutto in Africa e in America Latina, dove il mezzo radiofonico è diventato uno strumento privilegiato per veicolare le informazioni quotidiane”.

A partire dalla fine degli anni Novanta, però, il rapido sviluppo delle tecnologie digitali ha cambiato radicalmente la frammentazione degli spazi geografici. Per la prima volta la distanza politica tra le campagne e la città ha iniziato a ridursi e nuove forme di ibridazione tra i due mondi sono diventate improvvisamente possibili. Uno dei principali problemi delle aree rurali, nell’ultimo secolo soprattutto, era dovuto principalmente al loro isolamento nei confronti delle reti di potere. Con la rapida avanzata della comunicazione digitale e l’avvento di internet, il tradizionale paradigma di sviluppo del colonialismo, che prevedeva un intervento esterno (solitamente di tipo tecnico) per trovare soluzioni a problematiche locali, è stato intaccato alla base.

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Due contadini nella periferie di Kampala (Uganda) che utilizzano una applicazione promossa da FIT Uganda, azienda locale che sviluppa soluzioni mobili per aiutare gli agricoltori ad accedere alle informazioni.

Secondo una ricerca condotta dalla Banca Mondiale nel 2012, l’imponente sviluppo nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) ha portato il numero di abbonamenti di telefonia mobile in Africa dai 25 milioni registrati nel 2001 ai quasi 650 milioni nel 2012. In termini economici, l’apertura di questi nuovi scenari di consumo ha generato un incremento del PIL continentale del 5% annuo. Allo stesso tempo, la diffusione di start-up giovanili e innovazioni digitali si è tradotta in cambi significativi nell’approccio alle problematicità croniche dei cosiddetti “Paesi in via di sviluppo”, creando scenari di partecipazione prima inesistenti.

Jothan è un contadino del villaggio di Cheptais (Kenya) e produce pomodori e cipolle. Grazie a un programma di formazione sulle ICT promosso da una Ong locale, racconta di aver migliorato la gestione della propria terra e incrementato le entrate.

Jothan è un contadino del villaggio di Cheptais (Kenya) e produce pomodori e cipolle. Grazie a un programma di formazione sulle ICT promosso da una Ong locale, racconta di aver migliorato la gestione della propria terra e incrementato le entrate.

Prezzi dei prodotti alimentari sul mercato, tecniche di coltivazione, suggerimenti per l’allevamento del bestiame e transazioni finanziare tramite il telefono cellulare per promuovere l’inclusione finanziaria per gli agricoltori. Questi sono solo alcuni esempi dei servizi e delle strutture di accesso all’informazione attuali, che hanno l’obiettivo di promuovere la trasparenza tra gli utenti e di facilitare lo scambio di conoscenze, in particolare per i piccoli proprietari terrieri e produttori.

Attraverso il progetto Agritools verranno esplorate queste realtà tra storie e testimonianze di giovani africani, incontri con gli agricoltori, difficoltà e opportunità del settore ed esempi di business models che stanno facendo di queste iniziative dei casi di successo.

Contatti
Il sito di Agritools
La pagina su Facebook
Il blog del viaggio

Chi vuol esser volontario?

È arrivata la ‪#‎FeedAfricaChallenge‬: rispondi alle domande del conduttore di “Chi vuol esser volontario” e vinci la possibilità di salvare un bambino in Africa! Sta accadendo per davvero? Per fortuna no. Si tratta nel nuovo video dei creatori di Africa for Norway, che si sono immaginati la simulazione di un gioco a quiz sullo stile di Chi vuol esser milionario per vincere la possibilità di “salvare i bambini in Africa”.

Un clip ironico sullo stereotipo del volontario internazionale, disposto a tutto per dare il suo contributo nella lotta alla povertà. Senza conoscere davvero la complessa realtà dei fatti a cui potrebbe andare incontro:

Quali sono le intenzioni di Google nel continente africano?

A inizio aprile Google ha premiato le migliori esperienze africane che attraverso i suoi prodotti (da Google Maps a YouTube) hanno creato un impatto positivo sulla vita dei propri concittadini. Alla competizione Africa Connected hanno partecipato più di 2 mila persone da 35 paesi dell’Africa subsahariana. I cinque vincitori si sono aggiudicati 25 mila dollari e assistenza futura da parte di Google per implementare il proprio progetto. Filantropia? Quali interessi ha Big G nel continente africano?

[Serena Carta – dalla rubrica ICT4dev]

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3D printing: mi stampo il futuro dell’Africa?

Il 2014 sarà l’anno della stampa 3D. Così è stato annunciato al CES di Las Vegas, la più importante fiera della tecnologia al mondo, presentando al pubblico la tecnologia che rivoluzionerà il nostro modo di consumare e produrre oggetti. Anche nel mondo della cooperazione internazionale c’è chi non è rimasto indifferente all’idea di poter stampare cibi, medicinali, smartphone e protesi direttamente nelle sedi dei propri progetti nei paesi in via di sviluppo. Ma senza cadere in facili entusiasmi.

di Vera Prada

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