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9 lezioni “Edu-Tech” imparate durante la risposta digitale al Covid-19

Di seguito un interessante articolo pubblicato sul sito https://www.ictworks.org/che passa in rassegna i più importanti insegnamenti del periodo della Pandemia in termini di utilizzo delle tecnologie per l’educazione. EduTech è un hub di ricerca internazionale che lavora per trovare soluzioni condivise per un corretto ed efficace utilizzo delle nuove tecnologie in ambito educativo. Quello che segue è una sintesi dei consigli che l’Help Desk dell’hub ha fornito agli operatori della Banca Mondiale o ai consulenti per l’istruzione del Dipartimento inglese per lo sviluppo internazionale (DFID) durante il periodo di lockdown.

NB: l’Help Desk si occupa di rispondere alle domande esclusivamente relative a 70 paesi a medio-basso reddito parte di una lista precedentemente stabilita.

In Italia si è parlato tanto di DAD negli ultimi mesi, e se ne riparla adesso che le scuole hanno riaperto con mille interrogativi e paure. Abbiamo pensato potesse essere interessante mostrare quali siano state le problematiche e le soluzioni sperimentate in altre aree del mondo. Segnaliamo infine il nostro report dedicato a tematiche simili ed intitolato Covid ed educazione in emergenza.

L’articolo originale si trova al seguente link ed è intitolato “9 EduTech Lessons Learned During COVID-19 Digital Response”. Di seguito la traduzione in italiano.

“Dall’inizio del periodo del Coronavirus, il team dell’helpdesk dell’hub EduTech si è occupato di rispondere alle richieste dei consulenti DFID e della Banca mondiale in 15 paesi in Africa, Asia e Medio Oriente per esaminare e fornire input su vari documenti relativi alla  risposta digitale alla crisi da COVID-19. Di seguito condividiamo un elenco di nove insegnamenti utili.

La maggior parte di questi insegnamenti è un risultato che dipende direttamente dallo specifico contesto creato dal Coronavirus; ma la loro rilevanza va aldilà della sola risposta alla pandemia. Si tratta di buone idee in ambito di tecnologie educative che qualsiasi decisore dovrebbe prendere in considerazione, in qualsiasi momento.

  • Utilizzare ciò che già esiste

Nel 2013, la Banca Mondiale ha pubblicato un post: “ la migliore tecnologia è quella che già possiedi, sai come usare e puoi permetterti.” Sagge parole. La nostra ricerca suggerisce che i programmi che utilizzano tecnologie educative siano effettivamente più efficaci quando dedicano del tempo a considerare le infrastrutture digitali già esistenti e come queste potrebbero essere utilizzate meglio. 

Dati riguardanti fenomeni quali la copertura di Internet, il possesso di telefoni cellulari,  radio e i contenuti digitali già esistenti sono utili, soprattutto se si concentrano sull’accessibilità di questi strumenti da parte dei gruppi marginalizzati (ad esempio le studentesse). A tal proposito, potete trovare maggiori informazioni consultando la nostra ricerca riguardante la creazione di infrastrutture TIC durante una pandemia.

  • Possedere un device non è abbastanza per imparare

Possedere un dispositivo digitale non significa che quest’ultimo sia utilizzato nel modo giusto, e non significa che il bambino stia imparando davvero. I dati di Uwezo dal Kenya mostrano che mentre il 62% delle famiglie keniote possiede una radio, solo il 19% circa degli studenti kenioti si sintonizza sulle “lezioni radio”.

Una minore percentuale di famiglie kenyote (45%) possiede una televisione, ma solo il 42% degli studenti kenyoti si sintonizzano su canali dedicati a programmi educativi. E’ utile per i decisori raccogliere dati sull’utilizzo (o il non-utilizzo) dei dispositivi da parte degli studenti e le loro famiglie.

Questo tipo di dati dovrebbe essere raccolto continuamente, con l’obiettivo di informare e migliorare i progetti educativi. 

  • A volte la carta funziona ancora molto bene

In paesi in cui le infrastrutture TIC sono molto limitate, il materiale cartaceo è ancora un ottimo metodo per raggiungere gli studenti più marginalizzati. Abbiamo visto che parecchi programmi di EdTech sono stati costruiti partendo da questo assunto di base. 

Ad esempio, un progetto prevedeva che gli studenti di consegnassero i compiti cartacei svolti a casa in luogo prestabilito affinché gli insegnanti della comunità potessero in seguito passare a prenderli e correggerli. Ci è piaciuta molto questa idea come soluzione per mantenere coinvolti sia gli studenti che gli insegnanti. Mancava soltanto l’ultimo step per rendere l’interazione totalmente riuscita: ovvero, la chiusura del ciclo con la riconsegna dei compiti agli alunni con feedback e correzioni spiegate dell’insegnante. 

  • L’apprendimento a distanza necessita di un approccio pedagogico

Come abbiamo scritto in un paper recentemente pubblicato, buone pratiche pedagogiche sono cruciali per incoraggiare gli studenti ad impegnarsi nell’apprendimento anche quando le scuole sono chiuse. Questo significa per esempio creare delle lezioni ben strutturate ed interattive con controlli frequenti per verificare la comprensione e/o il bisogno di incontri di approfondimento individualizzati. Invece, si è rivelato fin troppo comune che gli insegnanti creassero contenuti video o audio in cui semplicemente leggevano da un libro di testo.

Purtroppo, sappiamo che quest’ultimo approccio non sortisce alcun buon risultato. Al contrario, approfondire del materiale didattico digitale già disponibile e di alta qualità può accrescere la possibilità di accesso degli studenti a percorsi pedagogici di alto livello per due motivi. Primo, è più probabile che in questo modo gli studenti siano esposti ad una pedagogia che altrimenti sperimenterebbero difficilmente in classe; secondo, che gli insegnanti possono dedicarsi maggiormente alla loro “presenza” e l’incoraggiamento degli studenti, piuttosto che alla creazione di contenuti originali. A proposito di questo: 

  • Curare contenuti già esistenti è meglio che crearne di nuovi

Generare nuovi contenuti originali prende molto tempo ed è un processo costoso. Consigliamo invece di investire quel tempo nella ricerca di contenuti già esistenti, da curare sulla base degli specifici obiettivi di apprendimento. 

Raggruppare i contenuti in base ad obiettivi preposti, senza cercare o forzare una corrispondenza con i programmi scolastici risulta essere un approccio più efficace e adatto per rispondere alle esigenze dello studente. La “Guida per i principi di educazione accelerata” è un utile punto di partenza a tal proposito.

  • La fornitura di apparecchi informatici (computer, tablet e quant’altro) dev’essere mirata e supportata

Una fornitura indiscriminata di dispositivi elettronici non funziona, ma quando questi ultimi sono distribuiti a gruppi specifici possono essere d’aiuto. Per esempio, abbiamo assistito a delle proposte di fornitura di radio funzionanti attraverso pannelli solari o di altri dispositivi con contenuti già pre-scaricati da far arrivare agli studenti in situazioni di marginalità. Questo può funzionare.

Tuttavia, coloro che si occupano di definire i programmi dovrebbero pensare maggiormente a cosa potrebbe servire oltre ai dispositivi: ad esempio, un supporto all’alfabetizzazione digitale per i bambini e per coloro che seguono il loro apprendimento o una guida su come mantenere i dispositivi. Le campagne di comunicazione aiutano a rendere le famiglie consapevoli degli strumenti utilizzati nella didattica a distanza e mantengono gli studenti, i genitori e gli operatori sanitari in sintonia rispetto alle raccomandazioni per la salvaguardia della salute.

  • Coinvolgere i genitori e “gli insegnanti a casa”

Un recente studio dell’Istituto di Governance e Sviluppo BRAC sottolinea l’importante ruolo che i genitori e i fratelli maggiori giocano nell’apprendimento “remoto”. Per i bambini che vivono in zone remote del Bangladesh, il 35% ha ricevuto un supporto da un fratello o un parente e il 24% ha ricevuto aiuto dalla madre mentre studiava a casa. 

La conclusione è chiara: proprio come ci servono canali differenti per raggiungere gli studenti, ci servono anche molti metodi diversi per raggiungere i genitori. Le opzioni a bassa tecnologia o non-tecnologiche devono sempre e comunque essere prese in considerazione. 

  • Fare attenzione agli incentivi e l’affidabilità

Indipendentemente da quanto siano animati da buone intenzioni, gli incentivi che incoraggiano la frequenza e l’impegno di studenti e docenti possono delle volte essere controproducenti. A volte possono peggiorare problemi pre-esistenti di equità.

Ciò è più che mai evidente durante una pandemia globale, quando i bambini e le famiglie affrontano situazioni stressanti. Gli studenti non vengono aiutati dai voti dei compiti senza un feedback costruttivo da parte degli insegnanti. A loro volta gli insegnanti. se residenti in alcune località rurali, potrebbero avere un accesso limitato alla tecnologia e all’elettricità e quindi non essere in grado di partecipare ad attività di sviluppo professionale virtuale non per colpa loro.

Occorre dunque considerare attentamente le possibili conseguenze negative di un programma basato sugli incentivi prima di implementarlo.

  • Rimani agile

È bene fare piani dettagliati e specifici, ma questi ultimi dovrebbero anche includere una serie di momenti di “riflessione e adattamento” in cui non solo è accettato, ma è previsto che alcuni elementi possano essere modificati in base a ciò che può accadere di imprevisto. Piuttosto che pianificare in anticipo un anno di contenuti educativi, a volte è più efficace lavorare a fondo sullo svolgimento di alcune settimane; in base ai risultati, si potranno utilizzare gli insegnamenti utili per pianificare i momenti futuri.

Di Rachel Chuang, Tom Kaye, Sslim Koomar, Chris McBurnie e Caitlin Moss Coflan. Originariamente pubblicato sul sito di EdTech: Nine takeaways from our reviews of COVID-19 education responses

CodyTrip 2020: una gigantesca gita scolastica virtuale

Il 26 e 27 maggio, circa 5000 studenti e studentesse di scuola primaria e secondaria di primo grado partiranno in esplorazione tra le vie e i monumenti della città di Urbino, patrimonio dell’Unesco, per una gita di due giorni all’insegna dell’arte, di Raffaello, del divertimento e del coding.

di Viviana Brun

Dopo essermi occupata di analizzare le sfide e le opportunità che il mondo della scuola si è trovato ad affrontare durante il primo mese di chiusura dovuto al corona virus, realizzando il il report “COVID-19 ed educazione in emergenza“, torno a dedicarmi a questo tema per raccontarvi un’iniziativa interessante, completamente “made in Italy“.

È proprio il caso di dirlo: la necessità aguzza l’ingegno!

In tempi di corona virus, si sa che gite scolastiche e assembramenti sono vietati. Eppure, soprattutto con l’avvicinarsi della bella stagione, c’è tanta voglia di tornare a viaggiare, di fare esperienze nuove da vivere in gruppo.

Com’è possibile realizzare una gita di classe, rispettando le restrizioni dovute a COVID-19?

Da questa domanda nasce l’idea del prof. Alessandro Bogliolo e del suo team dell’Università di Urbino di trasferire in ambiente virtuale l’esperienza di CodyTrip. Negli scorsi anni, infatti, la città marchigiana ha ospitato scolaresche da tutta Italia che si sono cimentate in esperimenti di coding e in una caccia al tesoro a squadre, basata su enigmi di logica e di programmazione che hanno portato i ragazzi a conoscere in modo insolito la città e il Palazzo Ducale.

Da un’esperienza che integrava il coding e gli strumenti digitali all’interno di un ambiente reale, si è passati a immaginare una situazione diametralmente opposta, capace di far vivere virtualmente un’esperienza reale di condivisione ed esplorazione del territorio.

Una gita virtuale ma dal sapore decisamente reale

Come ogni gita, anche questa, seppur virtuale, richiede una buona organizzazione e un po’ di lavoro di preparazione. Il team del prof. Bogliolo ha già elaborato un programma delle attività, che gli/le insegnanti potranno usare in modo più o meno flessibile, partecipando a tutti gli appuntamenti o solo ad alcuni.

L’invito è quello di affrontare le due giornate con lo stesso approccio di una gita vera. Ovvero, condividere in anticipo il programma con le famiglie, preparare la valigia con gli strumenti necessari, controllare che tutti possano effettivamente partecipare, rivedere il programma in base ad eventuali difficoltà, creare l’attesa ed eventualmente delle attività preparatorie per iniziare ad entrare nello spirito giusto.

Gli alunni, per partecipare da casa, avranno bisogno di poter interagire con l’insegnate e seguire la diretta streaming da Urbino negli orari in programma.

Oltre alle attività in diretta streaming (giochi di coding, visite guidate, cacce al tesoro, esplorazioni, risveglio muscolare), per completare l’esperienza delle gita è prevista la simulazione di tre ambienti:

  • la corriera, dove ogni classe si troverà prima di raggiungere Urbino, il 26 maggio, e alla ripartenza da Urbino, il 27 maggio
  • il ristorante, dove si svolgerà la cena tra le 19:30 e le 20:30 del 26 maggio
  • l’albergo, dove si svolgerà il pijama party in diretta streaming alle 21:00 del 26 maggio e si pernotterà.

Per ogni classe, trovarsi in uno di questi ambienti, significherà giocare un gioco di ruolo con la propria immaginazione interagendo con i propri insegnanti e compagni con gli strumenti online più familiari.

Per agevolare e contestualizzare il gioco di immaginazione, gli organizzatori forniranno descrizioni e immagini degli alberghi e dei ristoranti, nonchè il menù per la cena e le ricette per realizzarlo a casa.

Guarda il video di preparazione con i dettagli dell’attività

L’attività è consigliata soprattutto alle classi III, IV e V primaria, I e II secondaria di primo grado.

Tutte le informazioni per partecipare sono disponibili sul sito https://codemooc.org/codytrip-2020/.

COVID-19 ed educazione in emergenza

Il mio lavoro di ricerca sulle sfide e le opportunità legate alla didattica a distanza.

di Viviana Brun

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L’Educazione un obiettivo trasversale a tutti gli SDGs

L’educazione può essere considerata il vero motore dello sviluppo. È in grado di innescare un cambiamento positivo nella vita del singolo individuo, della sua comunità e più in generale del mondo.

di Viviana Brun

All’educazione è stato dedicato il 4 Obiettivo di Sviluppo: “Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti“. Questo obiettivo però non è un obiettivo come tutti gli altri. L’educazione contribuisce in maniera decisiva allo sviluppo sostenibile ed è la precondizione per il raggiungimento di tutti gli altri 17 obiettivi, non ne è solamente parte integrante.

Senza un buon livello d’istruzione, infatti, non è pensabile che si sviluppi un’attenzione verso tematiche come quelle ambientali o legate al genere, che si possano avviare efficacemente processi per ridurre la povertà o per migliorare la salute e l’accesso alle cure sanitarie.

Rispetto agli altri Obiettivi di Sviluppo Sostenibile,

l’educazione non è un obiettivo di per sé,

è uno strumento per raggiungere gli altri obiettivi.

Janine Händel

Per rendere ancora più visibile questo aspetto, il Financial Times in collaborazione con Credit Suisse hanno creato questa infografica animata, evidenziando la centralità di questo obiettivo e la sua relazione con tutti gli altri.

Clicca sulla mappa per interagire con l’infografica.

Source: The value of knowledge

L’educazione alla cittadinanza mondiale diventa digitale

In un mondo digitale anche l’educazione diventa protagonista dell’innovazione, e vive così un periodo di profondo cambiamento e rinnovamento.

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile indica la necessità di “fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”. Dal quarto obiettivo dell’agenda emerge il bisogno che anche le scuole e tutti gli ambienti educativi si impegnino per trasformare l’educazione in senso sempre più sostenibile.
La così detta “Educazione alla cittadinanza mondiale” si muove in questa direzione, avvicinando il mondo scolastico e quello della cooperazione. Queste due realtà collaborano per formare i giovani a una maggiore conoscenza e consapevolezza del mondo e di come possono esserne cittadini attivi e responsabili, lavorando su “valori base quali i diritti umani, la legalità, l’importanza e il rispetto della diversità, il dialogo tra culture, l’interdipendenza reciproca e la necessità di uno sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale“.

Negli ultimi anni l’educazione alla cittadinanza mondiale si è aperta sempre più alle potenzialità offerte dagli strumenti digitali. L’avvento del web sembra aver influito molto sui comportamenti e sulle abitudini di giovani e ragazzi. Smartphone, tablet, computer sono ormai strumenti alla portata di tutti, anche dei più piccoli. Per quetso motivo, sempre più spesso le ong impegnate in progetti di educazione alla cittadinanza mondiale si avvalgono di strumenti digitali per far apprendere e riflettere i ragazzi giocando e divertendosi. Le applicazioni per cellulare e tablet, ad esempio, sono sempre più spesso utilizzate per parlare ai ragazzi di temi importanti e attuali.

Come nel progetto Eathink: eat local, think global, “un progetto cofinanziato dall’Unione Europea che vuole formare e coinvolgere gli insegnanti e gli studenti delle scuole primarie e secondarie per promuovere e rafforzare gli strumenti critici di educazione e formazione per rispondere alle sfide dello sviluppo globale. Il focus del progetto insisterà sulla sovranità e sulla sicurezza alimentare per ragionare sulla sostenibilità e sul consumo critico”.

LA-TORTA-DI-ROBIN-7Tra le numerose attività previste nel progetto, gli educatori di EAThink si sono messi alla prova nell’ideazione di due applicazioni mobili dedicate ai temi dell’alimentazione sostenibili. Le app sono facilmente scaricabili a questo link

“La torta di Robin”un percorso interattivo in cui Robin, il/la protagonista, deve ottenere gli ingredienti per cucinare la torta di mele più buona del mondo: buona per la salute, buona con l’ambiente e rispettosa degli altri. Passando per mercati agricoli, allevamenti e botteghe, Robin imparerà che solo con gli ingredienti più genuini, prodotti in modo equo e solidale potrà sfornare una torta davvero deliziosa .

“EAThink Game” permette a chi gioca  di scoprire e vivere in prima persona il percorso del cibo dalla produzione al consumo. EAThink Game infatti è composto da tre mini-giochi: uno sulla coltivazione, uno sulla vendita e il terzo sull’acquisto, i tre momenti fondamentali della filiera alimentare. Nel primo livello bisogna coltivare in modo naturale e sostenibile, evitando gli OGM e le sostanze dannose. Nel secondo livello il giocatore deve vendere i suoi prodotti, ma solamente a km0, freschi e fair trade. Nell’ultimo livello, quello dell’acquisto, bisogna invece acquistare i prodotti sani e sostenibili, buoni per la tua salute e per il mondo.

Sempre nell’ambito dell’alimentazione è stata sviluppata l’app “Bimbi in cucina”, un gioco per insegnare ai più piccoli le buone abitudini per una corretta alimentazione e uno stile di vita salutare. Tra quiz, ricette e preparazioni digitali, chi gioca deve diventare “mago chef”, imparando trucchi e ricette, scegliendo gli ingredienti più sani e sfidando online altri cuochi virtuali.

Meteoheroes-gransasso-big-32itswrtilsqeesyimsa2oCon lo scopo di sensibilizzare i più piccoli rispetto alla sostenibilità, all’ecologia e all’ambiente nasce il progetto “Meteo Heroes”. Nel videogioco per dispositivi mobile i sei bambini protagonisti scoprono di avere il potere di scatenare i fenomeni atmosferici, e impareranno a farlo per salvare la Terra, minacciata dai cattivi comportamenti ambientali.

 

Un altro strumento interessante rivolto ai più piccoli è “Gro Recycling”: un’applicazione che insegna ai bambini più piccoli l’importanza della raccolta differenziata. recycling900pxIl gioco consiste nel dare da mangiare ogni rifiuto al contenitore giusto, così da poter riutilizzare la spazzatura per produrre dei nuovi oggetti.

painting-with-time-climate-change2Sempre in tema ambientale, ma per ragazzi più grandi, è stata sviluppata “Painting With Time – Climate Change Edition”: l’app vuole mostrare in modo intuitivo, visivamente gli effetti che i cambiamenti climatici avrebbero sul nostro pianeta. Tramite il confronto di due foto dello stesso scenario scattate in due momenti diversi è possibile notare i mutamenti che il panorama ha subito a causa del tempo e dei cambiamenti climatici.

Nell’applicazione sono proposti 17 confronti ma è possibile anche crearne di nuovi grazie alle indicazioni di un tutorial.

 

 

 

 

Photo credit: Gwenaël Piaser

Tecnologie differenti per un’educazione che cambia

Anche il quarto modulo del corso ICT Innovations for Development si è da poco concluso. Il docente Alfred Assey Mukasa durante tre incontri ha cercato di identificare e valutare insieme ai partecipanti le sfide globali dell’educazione, analizzando il ruolo che le ICT svolgono nella risoluzione dei problemi e delle difficoltà che oggi si incontrano in quest’ambito.

Di Laura Andreoli

 

Secondo la Global Partnership for Education l’educazione oggi si trova ad affrontare 10 sfide fondamentali:

1. Mancanza di accesso;

2. Scarso investimento nell’educazione, solamente una parte dell’investimento totale nell’ambito umanitario;

3. Conflitti globali e disastri naturali, che incidono sull’educazione;

4. Deficit di finanziamento anche a livello nazionale;

5. Squilibrio di genere nell’accesso all’educazione;

6. Costo dell’educazione eccessivamente alto nei Paesi in via di sviluppo;

7. Scarsità di insegnanti;

8. Insufficienza di classi e infrastrutture per l’educazione;

9. Insegnanti non sufficientemente qualificati, che portano a scarsa alfabetizzazione anche dopo quattro anni di scuola;

10. Disabilità e bisogni speciali, che spesso impediscono l’accesso all’educazione, soprattutto nei PVS.

 

Ma le sfide non finiscono qui. Nel mondo globalizzato di oggi, infatti, il contenuto dell’educazione continua ad ampliarsi e a modificarsi, così come i suoi strumenti e le tecnologie a sua disposizione. Essa rischia di diventare quasi obsoleta di fronte a cambiamenti così profondi e così rapidi e di fronte a un eccesso di informazioni tipico dei giorni nostri.

Alfred ha spiegato che per vincere queste sfide è necessario lavorare per la creazione di un’educazione che sia:

• Trasformazionale

• Distruttiva/creativa

• Misurabile

• Modulare

• Personalizzata

• Per il cambiamento comportamentale.

 

L’educazione deve quindi essere in grado di mutare e di adattarsi ai cambiamenti che il mondo oggi affronta, superando i modelli obsoleti che non rispondono più alle necessità degli allievi. Deve costruirsi sulla persona come singolo individuo con le sue specificità e come membro di una società di cui fa parte e a cui deve dare il suo contributo. “La scuola è fatta per l’istruzione, ma l’educazione, quella deve formare le persone ad essere cittadini e cittadini del mondo” riassume esaustivamente il docente.

Gli obiettivi dell’educazione del ventunesimo secolo quindi sono vari e complessi:

1. Aiutare l’allievo ad essere in grado di crescere e di raggiungere il suo massimo sviluppo come essere umano; l’educazione deve sviluppare i talenti innati dell’individuo e fare in modo che possa contribuire al miglioramento del contesto in cui si trova.

2. Rendere l’allievo “una persona ben istruita” per il ventunesimo secolo; non si parla solo di scuola e di istruzione, ma di educare una persona alla cultura, all’esistenza globale, ai problemi globali, al problem solving, ad agire e prendere iniziative. Si tratta di formare la persona nella sua interezza, affinché voglia e possa migliore e apportare un contributo positivo nella società in cui vive.

3. Risvegliare l’interiorità dell’allievo, sviluppandone curiosità e creatività; l’insegnante non dovrebbe quindi essere veicolo di conoscenze e nozioni, ma dovrebbe invece insegnare allo studente come imparare, come essere curioso.

4. Rimuovere la paura dell’apprendimento; essa nasce spesso dalla grande quantità di informazioni e tecnologie disponibili e utilizzabili che disorientano l’allievo.

5. L’insegnante deve preparare l’allievo ad imparare, deve offrirgli gli strumenti e le indicazioni per poterlo fare.

 

Dopo questa prima analisi del docente e un confronto tra i partecipanti sulla situazione attuale dell’educazione, Alfred si è concentrato sull’approfondimento delle possibili risposte tecnologiche e innovative alle sfide che l’educazione si trova ad affrontare.
Le ICT infatti sono state utilizzate in diversi modi e in molte occasioni anche nell’ambito dell’educazione: un esempio semplice e immediato è l’utilizzo dei computer nelle scuole; le ormai note piattaforme online per le università; i learning spaces, le aule virtuali di ultima generazione; l’utilizzo di strumenti tecnologici come lo smartphone o il tablet in aula, per ridurre la distanza che gli studenti vivono tra la scuola e la vita di tutti i giorni, portando in classe oggetti che utilizzano quotidianamente.
Gli esempi delle nuove tecnologie e delle loro applicazioni nell’educazione sono innumerevoli e variano a seconda del contesto in cui vengono utilizzate e delle problematiche cui devono rispondere.

Il docente si è soffermato in particolare sui MOOC – Massive Open Online Courses. I corsi aperti online su larga scala sono finalizzati ad una partecipazione illimitata e i partecipanti vi hanno libero accesso tramite il web; l’audience può essere quindi particolarmente numeroso e geograficamente dislocato, avendo eliminato il limite della presenza in aula.MOOC_poster_mathplourde

Certamente i MOOC costituiscono un esempio di come il rapido sviluppo tecnologico apra le porte a nuove possibilità nell’educazione, che oggi sta cambiando completamente forma, abbandonando gli schemi dell’educazione tradizionale.
Tuttavia, dalla discussione in aula (virtuale) è emerso che il cambiamento tecnologico e l’utilizzo di nuove apparecchiature e di strumenti innovativi come i MOOC spesso costituiscono una caratteristica tipica dei Paesi sviluppati e che quindi rispondono alle sfide specifiche di questi contesti.
In contesti più poveri, al contrario, spesso l’educazione deve invece affrontare problematiche come l’impossibilità di accedere all’istruzione, le differenze di genere, la mancanza di infrastrutture, ecc.
Nei Paesi che vivono queste difficoltà anche le soluzioni sono differenti; alcuni partecipanti del corso hanno riportato alcune loro esperienze, raccontando che le tecnologie realmente utili in quei Paesi sono i learning centers, strutture in cui chi sono resi disponibili dei computer comunitari e una connessione internet che le persone possono utilizzare, ad esempio per seguire dei corsi o per ricercare informazioni, sistemi che permettano di seguire lezioni dallo smartphone, anche senza connessione internet, applicazioni che utilizzano gli sms per trasmettere informazioni e che le traducono lingua locale, in modo che tutti possano comprenderle.

Una soluzione innovativa che risponda alle difficoltà dei contesti più poveri è nata proprio in Africa, a Nairobi, Kenya. Il KIO KIT, ideato e creato dalla Brck, “può trasformare qualsiasi classe in una classe digitale in pochi minuti“. Esso offre ai bambini che vivono in Paesi poveri la possibilità di imparare e divertirsi, utilizzando dei tablet che funzionano anche senza connessione internet, grazie ad una piattaforma integrata con diverse sezioni e materie di studio. Il KIO KIT è “un esempio di ciò che succede quando l’Africa progetta una soluzione per le scuole africane“.

 

gvSIG Educa: insegnare il GIS in maniera divertente

Ho sempre creduto che la formazione rivesta un ruolo fondamentale nei progetti di cooperazione allo sviluppo nel rendere sostenibili nel tempo gli obiettivi raggiunti.

di Giuliano Ramat

 

Nel settore del GIS ci si scontra spesso con una scarsa abitudine a leggere una mappa, a capire un’immagine dal satellite (stile Google Earth per intenderci) dovuta al fatto che in molti Paesi, soprattutto nel Sud del mondo, studiare la geografia, prendere in mano una mappa e giocarci o vedere la propria città dall’alto non sono sempre attività comuni e diffuse. Spesso ho riscontrato come le persone, incluso il personale tecnico, sapessero benissimo andare dal punto A al punto B ma che incontrassero difficoltà insormontabili a tracciare su una mappa il percorso fatto a piedi.

Il progetto gvSIG Batovì, realizzato in Uruguay nel 2011 con l’appoggio del governo locale, ha provato ed è riuscito a insegnare la geografia in maniera divertente a numerosi studenti dai 10 ai 18 anni delle zone rurali grazie all’uso di una soluzione GIS open source. L’idea è tanto semplice quanto geniale: da una parte, realizzare un software GIS a misura di adolescente con icone simpatiche e non accademiche, tali da rendere lo studio quasi un gioco; dall’altra, formare i docenti in modo da produrre facilmente “pacchetti” di mappe e immagini che possano essere condivisi con e fra gli studenti. Grazie al design accattivante e semplificato dei comandi, per gli studenti è più semplice apprendere sia la geografia che le basi per l’uso del GIS. I computer necessari per far girare questo programma non devono essere necessariamente dell’ultimissimo tipo e questo permette anche di ridurre sensibilmente l’investimento da parte della struttura didattica e/o dell’ente governativo coinvolto. Il successo di questa iniziativa è confermato non solo dal blog in cui vengono regolarmente pubblicate notizie ma anche dal recente tentativo di allargare l’iniziativa dall’Uruguay al resto del mondo tramite una sorta di evoluzione di gvSIG Batovì: gvSIG Educa.

giuliano blog 2Si tratta di un prototipo di GIS Open Source specifico per l’istruzione primaria e secondaria, presentato ufficialmente durante le recenti 11me Giornate Internazionali di gvSIG a Valencia, che amplia la possibilità di caricare e condividere informazioni da parte dei docenti, aumenta il numero di estensioni da usare per “giocare” con i dati geografici e supera i limiti legati al sistema operativo non standard che erano presenti in gvSIG Batovì. Si tratta sicuramente di un interessante strumento didattico con grandi potenzialità di uso nei progetti di cooperazione internazionale per il suo essere multilingua, multipiattaforma e soprattutto open source ma, come tutti i prototipi, ha bisogno di essere testato per potersi migliorare.

Per chiunque volesse usarlo, provarlo e contribuirne al miglioramento all’interno dei propri progetti e attività, è possibile contattare gli sviluppatori dell’Associazione gvSIG per ottenere il supporto necessario.