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Da Kampala alle altre città africane: aria pulita con sensori e Intelligenza Artificiale

AirQo si propone di contribuire al miglioramento della qualità dell’aria nelle aree urbane, utilizzando tecnologie a basso costo per il rilevamento delle sostanze inquinanti, al fine di fornire prove scientifiche ai policy-makers e aiutarli nella gestione dell’inquinamento atmosferico. Il progetto è nato grazie al sostegno della SIDA – Swedish International Development Cooperation Agency, che vede una partnership tra la Makerere University di Kampala e l’Ambasciata di Svezia in Uganda.

di Luca Indemini

In Africa, l’inquinamento atmosferico è più mortale della malnutrizione o dell’acqua non potabile. Già nel 2016 l’OECD Development Centre evidenziava come i decessi causati dall’inquinamento fossero 712mila all’anno, contro i 542mila da acque non sicure, e i 275mila causati da malnutrizione. A peggiorare la situazione, la maggior parte delle città nei paesi a basso reddito non effettua alcun monitoraggio regolare della qualità dell’aria.

Mappa dei rilevamenti di AirQo

Per affrontare il problema la Makerere University ha sviluppato strumenti e metodi a basso costo per monitorare regolarmente la qualità dell’aria nelle aree urbane, così da fornire informazioni in tempo reale sulle fonti e sull’entità dell’inquinamento a Kampala, sulle sponde del Lago Vittoria. «Mi sono interessato al monitoraggio della qualità dell’aria a causa della mia passione per le soluzioni tecnologiche mirate ad aiutare a migliorare la vita delle persone – ci racconta Engineer Bainomugisha, Head, Department of Computer Science at Makerere University e team leader del progetto AirQo –. Abbiamo iniziato a lavorare ad AirQo tra il 2015 e il 2016. Abbiamo cominciato con prototipi piuttosto rudimentali, costruiti con materiali recuperato in loco e creando degli strumenti di monitoraggio per l’inquinamento atmosferico a basso costo.»

Sensore di AirQo installato su un Bora bora

I dispositivi di rilevamento, a energia solare, sono stati installati in luoghi strategici, vicino alle principali scuole per tutelare ragazzi e studenti; e per avere un monitoraggio il più possibile capillare, alcuni sono stati installati sui Boda boda, i moto-taxi che operano nei dintorni di Kampala. In questo modo è possibile effettuare rilevamenti anche nelle aree più remote. Con oltre due milioni di registrazioni annuali relative alle emissioni inquinanti nei dintorni della capitale, AirQO possiede uno dei più grandi dataset sullo stato della qualità dell’aria.

La mobile app di AirQo

Mescolando queste tecnologie low cost con l’Intelligenza Artificiale, AirQo genera e quantifica i dati sull’inquinamento atmosferico, restituendoli attraverso la sua app mobile, disponibile per iOS e per Android.

Google Artificial Intelligence Impact Challenge

Quest’anno, AirQo è stato selezionato da Google.org tra i 20 migliori progetti di utilizzo dell’intelligenza artificiale per affrontare le sfide sociali, nell’ambito del Google Artificial Intelligence Impact Challenge 2019. All’invito lanciato da Google.org, che metteva in palio un grant complessivo di 25 milioni di dollari, hanno risposto più di 2500 associazioni provenienti da 119 paesi, distribuite sui 6 continenti. Tra queste domande, sono state selezionate 20 associazioni da supportare e il dipartimento di informatica della Makerere University ha ottenuto 1,3 milioni di dollari per incrementare il progetto AirQo.

Il team di AirQo, con al centro Engineer Bainomugisha

La fase di startup de progetto è stata però tutt’altro che facile, come sottolinea Engineer Bainomugisha: «I materiali necessari non si trovano facilmente qui da noi e era quindi necessario trovare fondi. Questo ha significato che dovevamo usare i nostri fondi personali per acquistare i componenti e costruire i prototipi. Nella prima fase, era anche difficile trovare il supporto degli stakeholder, perché la maggior parte voleva vedere almeno un prototipo, prima di supportare il progetto.»

Si è cominciato con una ventina di kit, distribuiti nella città di Kampala, che hanno permesso di effettuare le prime misurazioni. I risultati sono stati utilizzati da un lato per informare i cittadini e diffondere una cultura sulla tutela dell’ambiente, dall’altro per fornire evidenze scientifiche ai policy-maker e provare a favorire politiche di contenimento dell’inquinamento. Nel giro di poco tempo, i sensori sono saliti a oltre 50 e sono stati distribuiti anche in altre aree urbane, quali Mbale, Manafwa, Bududa.

Dati di rilevamento sulla collina di Naguru a Kampala

«Adesso, grazie al grant di Google, siamo in una fase di rapida crescita – commenta Bainomugisha –. Iniziamo a distribuire più sensori e ad applicare l’intelligenza artificiale per ricavare informazioni approfondite e prevedere l’inquinamento atmosferico, in aree dove non abbiamo sensori. Il nostro sogno è che la nostra tecnologia possa contribuire a pulire l’aria in tutte le città africane

In Kenya, Internet volerà nella stratosfera

Google è in trattativa con gli operatori delle telecomunicazioni in Kenya per consentire l’accesso a Internet anche nelle zone rurali, grazie all’uso di grandi mongolfiere sospese nella stratosfera.

di Viviana Brun

 

Il nome del progetto è Loon, termine che coniuga volo e follia, nato con l’obiettivo di fornire l’accesso a Internet nelle aree rurali del pianeta. Per farlo, Google ha sperimentato l’uso di palloni aerostatici a energia solare posizionati nella stratosfera. Queste enormi mongolfiere, grandi quanto un campo da tennis, sono progettate per restare in volo per circa 3 mesi a un’altezza di circa 20 km sul livello del mare, in uno spazio sicuro al di sopra degli eventi atmosferici e fuori dalle rotte degli aerei.

Non è la prima volta che questo sistema viene utilizzato. In Perù ad esempio, proprio i palloni aerostatici hanno portato la connessione nelle aree montane. In Porto Rico, nel 2007 questa tecnologia ha permesso di ristabilire velocemente l’accesso alla rete Internet dopo l’uragano.

Ogni pallone è in grado di fornire connettività a un’area di 5.000 km quadrati. Per ottenere questo risultato, il progetto Loon collabora con società di telecomunicazioni che condividono uno spazio nello spettro radio, permettendo ai palloni di collegarsi alle proprie reti e di ritrasmettere a terra il segnale.

Grazie a un accordo con Telkom Kenya, il team di Loon si è impegnato a diffondere il segnale Internet, fornito dalla società di telecomunicazioni, in alcune delle regioni più isolate del Kenya, rimaste finore escluse dall’accesso alla rete.

La situazione kenyana e i possibili rischi per l’economia locale

Il Kenya è uno dei Paesi africani in cui il numero di utenti connesso alla rete è più alto. I dati di Wearesocial del 2018 infatti sottolineano come l’86% dei kenyani sia online. La capacità di navigazione però è limitata ad alcunee aree geografiche. A Nairobi e in molte altre zone metropolitane del Paese la connessione a Internet è molto buona, ma cosa accede quando ci si sposta?

In un territorio molto vasto, con ampie zone di savana, è difficile riuscire a realizzare un’infrastruttura in grado di portare la connessione tramite fibra ottica o ripetitori in ogni angolo dello Stato. In questo modo, ampie porzioni di territorio restano inevitabilmente isolate. Il sistema di palloni aerostatici può superare facilmente questi ostacoli fisici. Restano però alcuni dubbi sulle conseguenze a livello enomico e commerciale.

Il possibile accordo tra Google e grandi società di telecomunicazione come Telkom Kenya, e i canali di accesso preferenziale che le grandi aziende internazionali hanno con il governo locale, rischiano di sfavorire lo sviluppo delle imprese kenyane e di rafforzare la dipendenza del Paese dalla tecnologia straniera e dalle sue strategie commerciali.

Come sottolinea Ken Banks, esperto di connettività africana intervistato sul tema dalla BBC,  “Una volta che queste reti sono state installate e la dipendenza (da un operatore) ha raggiunto un livello critico, gli utenti sono in balia dei cambiamenti nella strategia aziendale, nei prezzi, nei termini e nelle condizioni… Questo sarebbe forse meno un problema se ci fosse più di un fornitore – se si potesse semplicemente cambiare rete – ma se Loon e Telkom hanno monopoli in queste aree, questa potrebbe rappresentare una bomba a orologeria“.

Se si vuole aumentare la partecipazione delle persone online, non basta infatti investire sulla tecnologia e su una rete di qualità (4G). Come afferma Nanjira Sambuli, direttrice del settore advocacy per la World Wide Web Foundation, bisogna anche rendere questa reta economicamente accessibile.

Secondo quanto stabilito dalla Commissione per lo sviluppo sostenibile della banda larga dell’ONU durante il World Economic Forum 20181 GB di dati mobili non dovrebbe costare più del 2% del reddito nazionale lordo pro capite mensile. Questo è la condizione che la Commissione ha individuato per riuscire a collegare il 50% del mondo ancora offline. Oggi in Africa, 1 GB di dati costa in media il 18% del reddito mensile.

 

 

 

Photo credits: Pixabay

 

Che cosa sa Google di te? Scoprilo in 5 mosse

Quali sono le informazioni che condividi sul web? Hai tutto sotto controllo o su Internet c’è molto più di quel che pensi?

Se hai un account Google, in quest’articolo potresti scoprire 5 modi in cui il grande colosso del web sa che cosa fai, dove vai e quali preferenze hai.

 

Google conosce i tuoi interessi

Dalle classiche ricerche attraverso il motore di ricerca ai video su Youtube: tutte le tua attività parlano di te. Google raccoglie così numerose informazioni sui tuoi gusti e sulle tue preferenze. Anche le conversazioni via posta elettronica vengono vagliate, ma vengono utilizzate unicamente per annunci all’interno del servizio stesso.

Scopri come ti vede Google.

Cosa puoi fare
Puoi scegliere se basare gli annunci proposti da Google sui tuoi interessi. In caso tu non voglia il colosso informa della possibilità di non ricevere annunci basati sulle tue ricerche, in ogni caso però ti verranno proposti contenuti riguardo al tuo paese di provenienza e alle informazioni fornite in precedenza.

Google sa dove vai. E se lo ricorda anche.

GPS e Google Maps sono una gigantesca fonte di informazioni che ci aiuta quotidianamente a spostarci. Ogni volta in cui ripassiamo una strada, ogni volta in cui non sappiamo dove andare e interroghiamo Google, quest’ultimo lo registra. Oltre ovviamente a sapere quasi sicuramente dove abiti e dove lavori.

Non ti ricordi dove sei andato l’anno scorso per Pasqua? Google sì. Scopri come.

Cosa puoi fare
Puoi disattivare la memorizzazione dei tuoi spostamenti, proprio nella pagina segnalata qui sopra.

La tua attività sul web: chi hai cercato, che siti hai visitato.

Nonostante tu sia stato molto attento a cancellare la cronologia dal tuo pc, Google ha memorizzato le tue ricerche altrove.

Qui puoi trovare la cronologia delle tue ricerche su Google, qui invece tutto quello che hai visto e ascoltato grazie a Youtube.

Cosa puoi fare
Per eliminare questi dati è necessario andare sulla serie di tre pallini verticali posizionata in alto a destra, cliccandoci sopra selezionare “Opzioni di eliminazione” e scegliere l’opzione di eliminazione consona alle proprie necessità.

Tutti i servizi che ci sono intorno a te

Non è ancora finita. Se hai un account Android, ovviamente Google ha rilevato tutti i servizi di cui fai uso (Calendario, Drive, collezione di fotografie, etc.).

Te ne sfugge qualcuno? Google e la sua dashboard ti aiuteranno a recuperarli.

Cosa puoi fare
Google ti consente di impostare un promemoria che ti inviti a controllare ogni mese la tua dashboard, in modo da poter monitorare in maniera costante e veloce le attività del tuo account.

Quali applicazioni hanno accesso ai tuoi dati?

In numerosi casi, l’utilizzo di alcuni servizi corrisponde alla concessione da parte dell’utente al prestatore del servizio dell’accesso ai propri dati.
Ma quali sono le app collegate al tuo account?

Eccole.

Cosa puoi fare
Non vuoi più che una di queste app abbiano accesso ai tuoi dati? Ti basterà eliminarla.

E infine… un’ultima astuzia: scarica tutti i tuoi dati e conosci la tua immagine online.

Tutte le informazioni che Google colleziona sul nostro conto vengono raggruppate. È possibile scaricarle, selezionando i dati che ci interessano tra album di foto, documenti, elenchi di contatti.

 


Fonte: Archimag.

Photocredits: Sciax2.

Quali sono le intenzioni di Google nel continente africano?

A inizio aprile Google ha premiato le migliori esperienze africane che attraverso i suoi prodotti (da Google Maps a YouTube) hanno creato un impatto positivo sulla vita dei propri concittadini. Alla competizione Africa Connected hanno partecipato più di 2 mila persone da 35 paesi dell’Africa subsahariana. I cinque vincitori si sono aggiudicati 25 mila dollari e assistenza futura da parte di Google per implementare il proprio progetto. Filantropia? Quali interessi ha Big G nel continente africano?

[Serena Carta – dalla rubrica ICT4dev]

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