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Inclusione finanziaria: lo smartphone non è tutto

L’inclusione finanziaria, il permettere a più persone l’accesso ai servizi bancari, è considerato da alcuni anni un elemento fondamentale per sradicare la povertà. Per questo, negli ultimi anni, tante realtà basate su servizi digitali sono nate per arrivare dove i canali tradizionali non intervengono a causa dei costi eccessivi. Tuttavia, come ci spiega Gianluca Iazzolino, ricercatore dell’università di Oxford e consulente per il Fondo delle Nazioni Unite per lo Sviluppo dei Capitali all’interno del programma mobile money for the poor, “le potenzialità dei servizi di mobile money possono prendere una piega preoccupante che va a  creare ulteriori esclusioni sociali invece di ottenere una piena inclusione”. Data l’importanza dell’inclusione finanziaria e la sua forte componente digitale, Ong 2.0 ha inserito un modulo sul tema, condotto proprio da Iazzolino, all’interno corso ICT Innovations for Development.

di Federico Rivara

iazzolinoIazzolino avvisa subito dei rischi del settore. “Oggi” spiega “la tendenza degli attori che forniscono servizi finanziari digitali è quella di non limitarsi solamente al mobile money (il trasferimento in maniera digitale di denaro utilizzabile tramite telefoni cellulari) ma di offrire ulteriori servizi finanziari quali assicurazioni e prestiti”La ragione è semplice: questi servizi portano maggiore profitti agli operatori che li forniscono.

I rischi di questo sistema però sono molteplici e possono essere ricondotti a un tema molto attuale: la circolazione e disponibilità di moltissimi dati. I servizi finanziari menzionati permettono di tracciare i dati degli utenti. Di conseguenza, le compagnie della tecno-finanza possono avere una conoscenza molto precisa del credit scoring (il grado d’insolvibilità) dei clienti. “I nuovi esclusi sono quindi coloro che non hanno entrate fisse provenienti da canali informali, come spesso succede in tante realtà in paesi africani”. Coloro che sono invisibili e non producono dati evidenti, rischiano di essere esclusi, per esempio, da una politica poiché non contemplati.

In maniera similare, spiega Iazzolino, entrare come operatore indipendente all’interno del business è realistico solamente per chi ha già avviato altre attività. Per esempio, nei mercati over the counter (mercati non regolamentati secondo le norme ufficiali di una determinata area) delle rimesse, l’agente che si pone tra un utente e una compagnia è spesso una persona che ha già avviato altre attività imprenditoriali.

m-pesa

La ricerca del profitto, come introdotto in precedenza, è alla base dello sviluppo di nuove piattaforme. Tuttavia gli introiti di questo settore difficilmente ricadono sulle aree in cui si opera. E’ il caso di M-Pesa, un servizio che permette il trasferimento di denaro tramite cellulare. Oggi M-Pesa è una realtà consolidata che ha raggiunto milioni di clienti sia in Africa sia in Europa. Questo servizio è nato dalla rete mobile Safaricom il cui azionista principale è Vodafone, con sede a Londra, dove entrano i maggiori guadagni.

Le potenzialità del digitale e dei pagamenti online possono arrivare a tutti i livelli. Infatti, sempre più diffusi sono i trasferimenti government-to-persons payments attraverso i quali i governi possono pagare, ad esempio, gli stipendi e le pensioni dei propri cittadini, riducendo i costi di transazione. L’autorità e il ruolo dello stato però devono essere centrali altrimenti si rischia di concedere alcuni servizi ad attori che si collocano tra lo stato e i cittadini con un potere molto importante. In Nigeria, per esempio, MasterCard ha intuito un’opportunità nelle carte d’identità della popolazione. MasterCard infatti ha lanciato un programma con l’obbiettivo di rilasciare 120 milioni di carte d’identità nel paese africano più popoloso in grado di permettere pagamenti elettronici. Da un lato, queste organizzazioni permettono di superare un problema molto grande dei paesi africani in cui i servizi anagrafici sono spesso approssimativi. Dall’altra parte, sistemi come quello descritto possono mettere sotto scacco gli stati centrali che concedono grandi poteri a soggetti esterni.

Questi progetti pongono un occhio di riguardo alla cosiddetta base della piramide, composta dalle persone più povere del pianeta che hanno potere d’acquisto, conoscenza e capacità imprenditoriali. Ciò che ancora non è arrivato completamente è il mercato. Non a caso, secondo Iazzolino, “l’inclusione finanziaria è stata messa al centro dell’agenda dello sviluppo nella Dichiarazione di Maya, avvenuta nel 2011, in un momento in cui è aumentata la consapevolezza del fatto che i mercati del nord del mondo fossero saturi a differenza di quelli del sud”.

“Conoscere gli strumenti  tecnologici che permettono l’inclusione finanziaria oggi è necessario per comprendere come si possa creare un sistema flessibile che vada incontro alle esigenze di tutti”. Il dibattito è da affrontare adesso, momento in cui questa industria si sta allargando sempre più velocemente. Conoscere casi specifici, esercitarsi nel disegnare strategie di trasferimento di denaro utili nel mondo della cooperazione e sviluppo e comprendere come l’inclusione finanziaria può arrivare a tutti sono alcuni degli argomenti che verranno trattati nel modulo ICT for financial inclusion condotto da Gianluca Iazzolino.

Photo credit: whiteafrican Mobile Phone with Money in Kenya via photopin (license)

 

India, donne e ICT: le barriere economiche responsabili del “gender digital divide”

I telefoni cellulari sono una delle ICT (tecnologie di comunicazione e informazione) tra le più diffuse nei Paesi in via di sviluppo. In India, ad esempio, nel dicembre 2013 si registrarono più di 900 milioni di abbonamenti di telefonia mobile (fonte Telecom Regulatory Authority of India, 2014). Ciononostante, nella società indiana a maggioranza maschile – con 940 donne ogni 1000 uomini – solo il 30 % dei proprietari di telefoni mobili è di genere femminile, vi è quindi un divario di genere nell’accesso alle tecnologie.

In “Inequalities creating economic barriers to owning mobile phones in India – Factors responsible for the gender digital divide” (Disuguaglianze che creano barriere economiche nell’accesso ai telefoni cellulari in India. Fattori responsabili del gender digital divide), Devendra Potnis, ricercatrice dell’Università del Tennessee, ha indagato i fattori responsabili dell’impossibilità per 245 donne dei quartieri poveri, con un reddito di circa 2 dollari al giorno, di possedere un proprio telefono cellulare.
Più del 90 % delle intervistate ha incontrato almeno 2 barriere economiche, tra quelle elencate qui di seguito, che le hanno impedito di possedere un telefono cellulare, tra quelli più economici da 15 dollari, acquistabili anche a rate da 1 dollaro al mese.

1. Entrate economiche scarse e incostanti

La maggior parte delle intervistate non ha una fonte di reddito costante. Molto spesso le loro entrate giornaliere dipendono da lavori stagionali, o sono influenzati da fattori quali la disponibilità di lavoro nelle vicinanze, le condizioni meteo, i festival stagionali, la richiesta di specifiche competenze in giorni particolari, l’essere informati sulle possibilità lavorative, l’abilità di trovarsi nel posto giusto al momento giusto.

2. Pochi risparmi personali

Nella società indiana, principalmente dominata dagli uomini, non è sicuro per le donne, qualsiasi sia la loro età, vivere da sole. In questa condizione, vivere con marito o un suocero diventa necessario per le donne indipendentemente dallo stato sociale. Il risultato è che le donne finiscono per condividere i propri risparmi con altri.

3. Mancanza di sostegno finanziario da parte dei mariti

Un’intervistata di più o meno 40 anni, sposata da 20, si è lamenta dicendo: “Le donne possono morire di lavoro per le loro famiglie, ma non è ancora abbastanza per gli uomini… Gli uomini sono davvero pigri… Se un uomo non lavora gli altri pensano ‘perché allora dovremmo farlo noi?’ e così le donne finisco per farsi carico dell’intero onere finanziario della famiglia“.

4. Il costo di possedere e mantenere un telefonino

Alcune intervistate non possono permettersi di avere un telefono, di ricaricarlo regolarmente, o di usare un dispositivo pre pagato. I mariti si rifiutano di comprare un telefono alle casalinghe, dato che non hanno entrate economiche.

5. Basso reddito delle famiglie

I suoceri non consentono alle donne istruite di diventare finanziariamente indipendenti ma le costringono a stare a casa o a partecipare all’azienda di famiglia con ritorni finanziari insufficienti.

6. Persone a carico

La maggior parte delle intervistate ha dichiarato di dover mantenere più di tre persone in famiglia: “Ci sono più bocche da sfamare che mani per lavorare. Ma i bambini sono un dono di Dio. Possiamo forse insultare l’Onnipotente? Con la piccola attività che svolgo in strada non guadagno quasi nulla. Non posso permettermi un telefono cellulare”.

7. Imprevisti e spese familiari improvvise

Spese mediche impreviste, la mancanza di un’assicurazione fornita dai datori di lavoro, le calamità naturali, le epidemie ricorrenti, etc. sono fattori causa di spese impreviste soprattutto nelle famiglie numerose. A causa della mancanza di celle frigorifere o di spazi in cui stoccare le verdure, numerose piccole imprese femminili sono costrette a buttare via grandi quantità di cibo marcio o rovinato, perdendo così una grande parte del fatturato e rendendo più complicato l’acquisto di un telefono cellulare.

8. Debiti ereditati

Le famiglie di alcune delle intervistate sono povere da generazioni. La dipendenza dagli uomini della famiglia, le ricorrenti perdite finanziarie dovute al fallimento di iniziative imprenditoriali, l’incapacità delle intervistate di pagare i debiti contratti per matrimoni, agricoltura, imprese e per ragioni di salute e i prestiti contratti con tassi di interesse usurari (dal 100 fino al 400%) espongono le donne al circolo vizioso del debito.

Durante il suo studio Deventra ha notato che la maggior parte delle barriere economiche che impediscono alle donne di possedere un proprio telefono cellulare sono il risultato delle norme socio-culturali e dei valori della società maschilista in cui vivono. Per esempio, la società rende impossibile alle donne vivere da sole; a volte le ragazze finiscono per sposarsi contro la loro volontà; le vedove vivono con i loro suoceri o con le famiglie dei loro fratelli e sono costrette a dividere con loro i pochi risparmi.
Nonostante siano economicamente indipendenti, in India le donne non sono libere di prendere decisioni finanziarie. Se potessero vivere e decidere autonomamente, numerose delle intervistaste avrebbero già acquistato un telefono cellulare con i loro piccoli risparmi.

In conclusione, Deventra sostiene che non sia possibile combattere il digital divide di genere in India senza mettere in discussione le preestistenti norme socioculturali, i valori e le pratiche che mettono le donne in una situazione di svantaggio rispetto agli uomini. È necessario innanzitutto intervenire a supporto delle donne perché possano superare le disuguaglianze di base che le penalizzano economicamente.


 

Articolo tradotto da ICT Works.
Autrice Devendra Potnis, University of Tennessee.

Photo credits: Trocaire.

World Development Report 2016: l’impatto delle tecnologie digitali sullo sviluppo mondiale

Internet influenza profondamente la vita di miliardi di persone. Il Rapporto Mondiale sullo Sviluppo (World Development Report 2016) della Banca Mondiale esamina l’impatto delle tecnologie digitali e del web sulla crescita economica, sul miglioramento delle condizioni sociali e sull’efficienza dei servizi pubblici a livello mondiale, rivolgendo un’attenzione particolare ai Paesi in via di sviluppo.

di Viviana Brun

 

6000 tweet ogni secondo, 100 ore di video caricati ogni minuto, 240 milioni di ricerche su Google ogni ora, 106 miliardi di email inviate ogni giorno (Internet Live Stats): la rivoluzione digitale ha cambiato la vita quotidiana di miliardi di persone nel mondo, mentre altrettante restano ancora escluse.

La rapidità di diffusione di Internet nei Paesi in via di sviluppo non ha precedenti. Secondo i dati riportati dalla Banca Mondiale, nei Paesi in via di sviluppo l’uso dei telefoni cellulari si è diffuso a tal punto che oggi sono più le famiglie che posseggono un telefono cellulare rispetto a quelle che hanno accesso all’elettricità e ai servizi igienici.

World development Report 2016

Il numero di utenti connessi a Internet è triplicato nell’ultimo decennio passando da un miliardi nel 2005 ai 3,2 miliardi di utenti stimati a fine 2015. Con il diminuire del prezzo degli smartphone, secondo le previsioni di Schmidt (2013) e Cerf (2014) un miliardo di nuovi utenti si connetterà alla rete entro il 2020, accedendo così a un ampio bacino di informazioni e di idee.

In Bangladesh, India, Perù e Uganda sono in molti a utilizzare i portali unici per registrare certificati di nascita, patenti di guida e documenti catastali, senza dover percorrere lunghe distanze, visitare diversi uffici governativi o pagare tangenti. In Kenya milioni di persone usano il proprio cellulare per pagare le bollette o scambiarsi il denaro con servizi come M-pesa.

 

 

Gli esempi positivi di questo tipo sono molti, ciò che manca però è un’analisi ampia e rigorosa dell’impatto delle tecnologie digitali sullo sviluppo economico e sociale nei Paesi in via di sviluppo. Il World Development Report 2016 nasce proprio con l’intento di colmare questo vuoto e di analizzare in quale modo le imprese, i cittadini e i governi possono trarre benefici, in termini di sviluppo, dalle tecnologie digitali. La scarsa conoscenza di questo impatto infatti è un ostacolo importante nella pianificazione di politiche in grado di aiutare i Paesi in via di sviluppo a trarre il massimo vantaggio da queste tecnologie.

Il World Development Report è stato presentato il 14 gennaio 2016 all’International Finance Corporation (IFC) di Washington. Qui trovi la registrazione dell’evento.

Inoltre, con i dati del World Development Report, la Banca Mondiale ha realizzato una mappa sull’uso del digitale nel mondo. Si chiama “Digital Adoption Index Map” e la puoi consultare qui.

 

Tecnologia: una nuova ancora di salvezza per i rifugiati

Immagina di essere un rifugiato che sta abbandonando la sua casa per sempre. Di certo hai bisogno di aiuto, ma le tue richieste oggi potrebbero essere molto diverse da come sarebbero state anche solo 10 anni fa.

“Oggi ciò che le persone richiedono con più insistenza, non sono cibo, riparo, acqua e assistenza sanitaria, ma è di connettersi al wifi”, afferma Melita Šunjić, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Šunjić ha iniziato a lavorare con i rifugiati siriani nei campi di Amman in Giordania, molti di loro provenivano dalle aree rurali e portavano con sé telefoni cellulari di vecchia generazione.

“I rifugiati che vediamo oggi arrivare in Europa, rappresentano una realtà completamente diversa”, continua la Šunjić ,”appartengono alla classe media urbana. In pratica, ogni famiglia ha almeno uno smartphone. Per ogni 20 persone ci sono circa 3 smartphone”. I rifugiati usano i telefoni per chiamare casa e per mappare le rotte del loro viaggio. Addirittura i contrabbandieri hanno la loro pagina su Facebook.

“Non ricordo una crisi o un gruppo di rifugiati per cui la tecnologia moderna abbia ricoperto un ruolo così importante”, ha detto Šunjić.

Dato che i rifugiati dalla Siria continuano a fluire verso l’Europa, le organizzazioni umanitarie si stanno preparando per quello che si preannuncia come un inverno difficile. Emily Eros, che si occupa di mappatura GIS per la Croce Rossa Americana, ha riportato che la sua organizzazione sta lavorando sulle forniture di base, come cibo, acqua e strutture di accoglienza, ma si sta anche impegnando per aiutare i rifugiati a rimanere connessi. “Non è facile, non è solo questione di mettere in piedi una postazione wifi, serve anche qualcuno in grado di risolvere i problemi qualora si presentino”.

“Le nuove richieste da soddisfare sono allo stesso tempo difficili e stimolanti”, ha dichiarato Kate Coyer, direttrice del progetto Società Civile e Tecnologia presso l’Università dell’Europa Centrale in Ungheria, che contribuisce a fornire ai rifugiati postazioni di ricarica e accessi wifi. “Esistono due tipi di problemi ” prosegue Kate Coyer “uno è quello di portare il wifi nei diversi luoghi e l’altro è quello di portare l’elettricità, in modo da consentire alle persone di ricaricare i propri telefoni cellulari”.

Dato che i confini e i percorsi cambiano costantemente, diventa sempre più importante per i rifugiati e le organizzazioni umanitarie restare in contatto e condividere le informazioni.

L’accesso alla tecnologia, all’informazione e alla comunicazione”, ha detto Šunjić, “sta iniziando a essere considerato come una componente essenziale degli aiuti umanitari“.

 

Tratto da: Marketplace World

Photo credits: AKOVOS HATZISTAVROU/AFP/Getty Images – “Alcuni rifugiati, al loro arrivo sull’isola greca di Lesbo il 21 settembre 2015, utilizzano i telefoni cellulari per scattare delle foto alla mappa”.

 

Ong 2.0 al Primo Festival dell’Informatica Sociale

Prenderà il via sabato 3 ottobre a Treviso il primo Festival dell’Informatica Sociale, organizzato da Informatici Senza Frontiere; due giornate ricche di appuntamenti, con oltre 40 tra incontri con ospiti e relatori di spicco dell’ICT e del sociale, laboratori per ragazzi, genitori, anziani e persone con disabilità, oltre a mostre, spettacoli musicali e teatrali.

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ICT for Development Contributing to the Millennium Development Goals

Schermata 2015-09-04 alle 15.15.39Gli insegnamenti ricavati da 17 progetti del programma InfoDev della Banca Mondiale

Autore: World Bank

Anno: 2003

Lingua: inglese

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Open Badges e Bestr: uno nuovo modo per valorizzare le tue skills

Corsi e formazioni forniscono ogni giorno competenze e nuove capacità nelle persone che li frequentano. Ma come vedere riconosciute e valorizzate le skills acquisite in modo che esse diventino note e condivisibili? Con Open Badge e Bestr ecco che arriva il certificato 2.0.

Di Eloisa Spinazzola

Nell’era dell’informazione oltre a essere sempre maggiore il numero di dati che acquisiamo ogni giorno, crescono in maniera costante le competenze che accumuliamo attraverso partecipazione a eventi, corsi online, formazioni specifiche, spesso su argomenti a cui siamo affezionati, anche se non fanno sempre parte del nostro lavoro. Senza contare che è sempre maggiore è la possibilità di venire a conoscenza di summer school, workshop, weekend intensivi.

A volte, però a fermare la nostra voglia di imparare è la necessità di un riconoscimento che molto spesso manca.
Ed ecco che arriva Bestr a risolvere il problema. Un progetto firmato da Mozilla e Cineca che aiuta gli utenti non solo a condividere le proprie skills e le proprie capacità con il resto del mondo, ma che rilascia una serie di attestati – chiamati Open Badges – che affermano l’acquisizione di competenze attraverso la frequenza a corsi o formazioni – non necessariamente formali – di enti consorziati con il progetto.

Il lancio del progetto
Il progetto vede la luce oggi, in occasione della presentazione del “Giardino delle imprese” un progetto educativo volto a rinnovare il tessuto produttivo del paese. A seguito di questo percorso non formale, i partecipanti riceveranno i primi Open Badges rilasciati dalla piattaforma per poter condividere con coetanei e interessati le nuove conoscenze.

Open Badges, cosa sono e a cosa servono
Se gli open badges fossero solo degli attestati non ci sarebbe nulla di nuovo. In realtà sono delle schede elettroniche sotto forma di immagine, condivisibili e contenenti una serie di metadati legati all’ente di formazione e al corso stesso. Il loro compito è quello di far risaltare competenze acquisite, riconosciute attraverso l’iscrizione a uno standard condiviso.

Bestr, molto più di una piattaforma
E se gli Open Badge sono più di un attestato, Bestr sarà molto più di una piattaforma di conferimento credenziali e capacità. Infatti una volta che la piattaforma sarà completamente attiva – ci vorrà ancora un po’ ma non troppo -, ogni utente avrà la possibilità di crearsi un profilo dove raccogliere tutte le competenze acquisite e gli attestati rilasciati dai vari enti di formazione formale e informale che saranno consorziati con il progetto.  Inoltre Bestr fungerà come luogo di incontro e scambio tra learners, imprese e formatori. Esso permetterà ai primi di crearsi percorsi ad hoc che valorizzino le singole esperienze, alle seconde di trovare soluzioni per le proprie esigenze e supporterà gli ultimi nella promozione e nella diffusione delle loro attività di diffusione delle conoscenze.

Una novità anche per Ong 2.0
Tra gli enti pilota del progetto ci sarà anche Ong 2.0. Valore aggiunto della nuova offerta formativa sarà il rilascio degli Open Badge per i diversi corsi previsti. In questo modo i partecipanti potranno condividere con le loro reti il proprio certificato digitale di competenze sfruttandone il potenziale innovativo e sociale.  Perché la condivisione sia sempre l’inizio di un volano di conoscenza collettiva.

Cartomalaria: i giovani mappano le aree a rischio per sradicare la malaria in Burkina Faso

Questi giovani geotaggano con i telefoni cellulari un deposito di spazzatura in un quartiere di Ouagadougou in Burkina Faso.

Di Florent Youzan

Siamo nel 2015, e fatti corredati di cifre continuiamo ad allertare il mondo e in particolare l’Africa.
Se c’è una malattia insidiosa che flagella silenziosamente l’Africa, è la malaria. Quasi la metà della popolazione mondiale, 3,2 miliardi di persone sono a rischio di questa malattia. E le persone che vivono nei paesi poveri sono le più vulnerabili. Ogni minuto un bambino muore di malaria! Nel 2013, il 90% dei decessi per malaria si è verificato in Africa.

Come combattere questa piaga? A Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, giovani appassionati di digitale e di cartografia, provenienti dal Ouagalab, un FabLab nel cuore di Ouagadougou, hanno deciso di lanciare Cartomalaria, un ambizioso progetto di digitalizzazione delle coordinate di tutte le aree geografiche a rischio, in cui si sviluppa il vettore della malaria. Cartomalaria mira a produrre in modo collaborativo una mappa tematica di dati aperti, liberamente riutilizzabili da parte dei cittadini, organizzazioni e istituzioni impegnate nella lotta contro la malaria in Burkina Faso.

 

Ogni anno 1,3 milioni di persone, di cui il 90% bambini sotto i 5 anni muoiono di malaria, partendo da questo dato i giovani del Ouagalab hanno deciso di agire. Le aree a rischio di malaria da acquisire e georeferenziare nel progetto Cartomalaria sono aree favorevoli allo sviluppo dell’anofele femmina, vettore della malattia. Questi sono di solito discariche, scarichi, pozzanghere stagnanti.

 

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Cartomalaria identificherà queste zone e faciliterà la creazione di campagne di sensibilizzazione locali. I servizi tecnici del comuni e i funzionari della sanità potranno utilizzare questi dati per le loro azioni sul terreno. Carto-malaria potrà anche aiutare a identificare, con dati scientifici e concreti alla mano, le aree di distribuzione di zanzariere trattate sulla base delle zone geolocalizzate come più a rischio. Il progetto prevede inoltre di mappare i centri sanitari, le cliniche e le farmacie per guidare le persone, secondo le loro zone di residenza, verso le strutture più vicine.

Nelle aree individuate come più a rischio, sarà distribuita una applicazione mobile SMS (shortmessage service) per trasmettere alla popolazione informazioni in tempo reale e sensibilizzare sulla malattia tramite SMS vocali. Per i promotori del progetto Carto-malaria, trasmettere messaggi vocali direttamente ai telefoni delle persone, dicendo loro come migliorare l’evacuazione delle acque reflue, come e perché usare le zanzariere e gli insetticidi sono mezzi concreti di prevenzione della malaria. Carto-malaria è un’iniziativa spontanea dei cittadini da sostenere e incoraggiare perché secondo uno studio dell’OMS, “La malaria può portare le famiglie e le comunità in una spirale di impoverimento, che colpisce in modo sproporzionato i poveri e gli emarginati, incapace finanziariamente di sostenere un trattamento o con accesso limitato alle cure sanitarie “.

Ong 2.0 seguirà gli sviluppo del progetto e vi aggiornerà nelle prossime settimane! #ICT4D

[Fonte: FYOUZAN.CI]

Jjiguène Tech Hub a Dakar: donne e ICT per le zone rurali

Il Jjiguene Tech Hub è il primo tech hub di Dakar al femminile. Nel 2011 le fondatrici del centro hanno vinto il WCA Imagine Cup, una competizione internazionale rivolta agli studenti e sponsorizzata da Microsoft che ha premiato soluzioni ICT in grado di apportare un contributo al raggiungimento degli obbiettivi del Millennio.

di Elisabetta Demartis da Dakar

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Agricoltura: il futuro dell’Africa, fra tradizione e innovazione

Agricoltura, pesca, allevamento, accesso al credito per le donne contadine e impiego dei giovani nelle zone rurali: sembrano essere questi antichi mestieri le soluzioni che conterrebbero il segreto per lo sviluppo economico futuro del continente africano.

di Elisabetta Demartis da Dakar (Senegal)

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