Articoli

L’economia circolare e l’Internet delle cose: nuove prospettive di sviluppo sostenibile

“Digital technologies are driving a profound transformation of our economy. Guiding this wave of change by applying circular economy principles could create value, and generate wider benefits for society. Intelligent assets are a key building block of a system capable of ushering in a new era of growth and development, increasingly decoupled from resource constraints”.

– Dame Ellen MacArthur, Founder, Ellen MacArthur Foundation

 

L'”Internet delle cose” sta diventando sempre più un elemento dirompente nella trasformazione dell’economia mondiale. Con fino a 50 miliardi di dispositivi collegati via Internet entro il 2020 si prospetta una ‘quarta rivoluzione industriale’, ma questa porterà ad un’ulteriore accelerazione dell’economia estrattiva, ‘lineare’ di oggi, o consentirà la transizione verso una società in cui la creazione di valore è sempre più disaccoppiata dal consumo di risorse?

E’ questa la domanda di fondo che si pone il  nuovo rapporto, Intelligent Assets: Unlocking the circular economy potential pubblicato l’8 febbraio dal World Economic Forum e la MacArthur Ellen Foundation, e che concentra l’attenzione sull’abbinamento dei principi dell’economia circolare con le informazioni generate dai dispositivi intelligenti.

L’economia circolare al centro delle politiche europee già da qualche anno è quella forma di produzione che implica un utilizzo ridotto e più efficiente delle risorse nei processi produttivi, aumentando in modo esponenziale i tassi di riciclo in modo da gravare sempre meno sul capitale naturale. E’ sostanzialmente un’economia “che si rigenera da sola”, un sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro.
La seconda tendenza riguarda invece la digitalizzazione dell’industria e, a cascata, quella degli oggetti di uso quotidiano interconnessi tra loro in quella che è già stata ribattezzata “l’Internet delle cose”. Entrambe le tendenze promettono di rivoluzionare la nostra vita nell’arco di pochi anni, ma sono finora sempre state analizzate separatamente. Che cosa accadrebbe combinandone insieme gli sviluppi?

Schermata 2016-02-22 alle 17.42.24
Questo abbinamento, secondo gli autori del rapporto, è la chiave per un’innovazione che sganci la produzione dall’economia estrattiva e possa portare a vasti benefici sociali.

Completato da punti di vista indipendenti di pensatori leader nel settore, come Kenneth Cukier (The Economist), Bernard Meyerson (IBM) e Nicolas Cary (Blockchain), il rapporto presenta 20 applicazioni early-stage nel settore manifatturiero, dell’energia dell’ambiente, delle infrastrutture, della gestione dei rifiuti, dell’agricoltura e della pesca.

Di cui diverse specifiche anche per i paesi in via di sviluppo, come la possibilità di accesso all’energia prodotta e distribuita in modo reticolare bypassando i grandi investimenti infrastrutturali.

Schermata 2016-02-22 alle 17.42.08

 

Tuttavia usare il pieno potenziale di queste trasformazioni sistemiche richiede nuovi meccanismi di collaborazione che colleghino l’innovazione e la regolamentazione per gestire questioni complesse, come la sicurezza e la privacy, la compatibilità dei sistemi, e la proprietà intellettuale. E per questo è assolutamente necessario il lavoro congiunto tra imprese ed enti pubblici.

Ma gli autori del rapporto sono ottimisti, ci sono prospettive concrete per lo sviluppo rapido di queste direzioni: la conoscenza e la comprensione dell’economia circolare tra imprenditori e politici è in crescita, come dimostrato dal recente pacchetto di economia circolare della Commissione europea e gli associati annunci di finanziamento; le aziende sempre più chiedono quale ruolo dovrebbero svolgere nella trasformazione digitale emergente, e i governi sono alla ricerca disperata di nuove ambiti di sviluppo economico che non depauperino le già scarse risorse nazionali.

Leggi il rapporto completo

 

Maker, un movimento di artigiani digitali a servizio della cooperazione

Immaginate un mondo in cui sviluppatori di software, esperti di stampanti 3D e di fabbricazione digitale lavorino a fianco dei cooperanti per portare aiuti umanitari nelle aree più remote del mondo. Vi sembra impossibile? Per l’agenzia di cooperazione Usaid, l’equivalente della nostra Cooperazione italiana allo sviluppo, questo mondo è già realtà.

Tanto che ha aperto un profilo sulla piattaforma Github e ad aprile ha lanciato il Global Fab Award. Un contest, in collaborazione con la Banca Mondiale, la Intel Corporation e la Fab Foundation, con l’obiettivo di “scoprire i progetti più innovativi sviluppati da maker internazionali negli ultimi anni, sostenere lo sviluppo locale e incoraggiare il cambiamento nelle comunità che ospitano fablab, maker space e hackerspace, dimostrando il potenziale della fabbricazione digitale e dei progetti open source”.

E nella speciale sessione del premio intitolata “Sensor for global development” sono stati incoraggiati progetti che includessero idee per utilizzare la tecnologia dei sensori, parte integrante dell’evoluzione dell’internet delle cose, in cui gli oggetti interagiscono tra loro e con gli esseri umani tramite applicazioni che ne ricevono i segnali e ci comunicano informazioni.

Per dare un’idea di cosa siamo parlando, pensate a sensori indossabili come Shine (wearable technology, un altro settore in crescita dell’internet of things) che, ad esempio, forniscono feedback sulla propria salute a chi li indossa. Oppure sensori di rilevamento sulla qualità dell’aria, come Birdi, che percepisce quando l’aria in casa è “viziata” e manda un alert al tuo telefono per avvisarti di aprire le finestre. L’internet delle cose può migliorare le nostre vite in molte direzioni, ma c’è un diviario globale che deve essere colmato, e l’agenzia di sviluppo Usaid ne è consapevole.

Un gap notato anche da Juliana Rotich, fondatrice della piattaforma di crowdmapping Ushahidi, osservando il mondo su Thingful, una directory che mappa gli oggetti connessi nel mondo: «Quando ho visto la mappa non ho potuto fare a meno di pensare quella che oggi chiamiamo la “rivoluzione industriale dell’internet delle cose” non è distribuita equamente tra paesi e continenti».

thingful

 

Anche se proprio in queste aree del mondo l’impiego di sensori potrebbe migliorare le condizioni di vita della popolazione, con applicazioni che vanno dall’agricoltura all’accesso all’acqua potabile, producendo informazioni utili anche per le organizzazioni non governative che lavorano sul campo.

Ad aggiudicarsi i 10mila dollari del premio finale, consegnato alla conferenza internazionale dei fablab a Barcellona, è stato il “Momo” (mobile monitor) realizzato da Ben Armstrong, un sensore per monitorare l’avanzamento delle infrastrutture nei paesi in via di sviluppo, con un’estensione applicabile anche ai pozzi per segnalarne i guasti.

Tra gli altri finalisti di Sensors for Global Development Fab Award segnaliamo Fresh air, un network di sensori di qualità dell’aria per monitorare l’inquinamento urbano in Benin realizzato dall’italiano Marco Zennaro; il GrowerBot, “social gardening assistant” che può fornire informazioni accurate su come ottimizzare la produttività di orti in piccola scala, e Safecast un sensore open source per la misurazione dei livelli di radiazione.

 

Leggi anche:

Mobile money, in Africa supera i conti bancari tradizionali

Quando la cooperazione si fa con gli sms