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Language Aid: la piattaforma torinese di supporto linguistico per i migranti

Language Aid è un progetto ambizioso e innovativo che mette in comunicazione organizzazioni di vario tipo che lavorano con i migranti con mediatori linguistici e traduttori. Questo servizio di traduzione si basa sui principi di gratuità e universalità ed è nato da un’idea di Algoritmo Associates, s.r.l. torinese. Abbiamo chiesto a Guido Mandarino, CEO dell’impresa e ideatore del progetto, di raccontarci di più a proposito degli obiettivi e delle funzionalità della piattaforma. 

Anna Filippucci

Uno dei problemi più importanti sperimentato dalle Ong o dalle associazioni che si occupano di integrazione di migranti o rifugiati è quello linguistico. Ciò è particolarmente evidente quando occorre compilare documenti ufficiali, o intraprendere procedure burocratiche complesse e iter propriamente italiani. La situazione si fa poi ancora più complessa quando gli stranieri arrivati in territorio italiano non sono alfabetizzati – e quindi non sanno nè leggere nè scrivere – in nessuna lingua. In tutti questi casi, l’intervento di un consulente esterno, un mediatore, è necessario. Tuttavia, non sempre il servizio di traduzione e mediazione è così immediatamente disponibile.

Ma le cose stanno cambiando, e ancora una volta la risposta sta in una tecnologia innovativa pensata per aiutare il settore sociale. Si chiama Language Aid, ed è una piattaforma fruibile via smartphone e computer, realizzata per fornire un supporto veloce e accessibile a tutte le organizzazioni che necessitino una traduzione più o meno urgentemente. Il servizio è disponibile in 30 lingue diverse, che vanno dal Pashtun, l’Urdu, il Farsi, fino all’inglese e le altre lingue veicolari. 

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L’idea della piattaforma prende forma nella mente di alcuni tecnici informatici, specializzati in traduzioni tecniche principalmente per conto di aziende o privati, riuniti in una s.r.l con sede a Torino e chiamata Algoritmo Associates. Quest’ultima si è fatta promotrice del progetto della piattaforma, realizzata con il supporto di informatici e programmatori. I due principi di funzionamento di Language Aid sono la gratuità e l’universalità. Qualsiasi organizzazione può accreditarsi e richiedere una traduzione urgente e gratuita ai mediatori e traduttori, a loro volta inseriti nella piattaforma. 

L’immagine di copertina della piattaforma è un ponte, non a caso. Language Aid vuole infatti essere l’anello di congiunzione tra i mediatori linguistici e le organizzazioni che necessitano il loro servizio. “Essendo lo status lavorativo del mediatore molto precario e poco chiaro, la piattaforma costituisce una modalità accessibile di inserimento nel mercato del lavoro. Quando non si tratta di traduzioni urgenti per situazioni emergenziali, ma di consulenze più approfondite e specifiche, come per esempio la traduzione di intere cartelle mediche, o di documenti giuridici processuali, che richiedono la conoscenza di un lessico molto tecnico, si può instaurare – tra mediatore e organizzazione richiedente – un vero e proprio rapporto professionale”, spiega Guido Mandarino, CEO di A.A. In questi casi, Language Aid è lo strumento che permette a domanda e offerta di incontrarsi, ma sulla piattaforma non avviene poi nessuna transazione economica. 

Sezione del sito dedicata ai traduttori/mediatori.

I mediatori sono “reclutati” direttamente presso enti di formazione dei mediatori interculturali, oppure associazioni di migranti presenti sul territorio nazionale, grazie alla rete delle comunità dei migranti (sul torinese, le due più grandi sono la comunità somala e quella pakistana), nelle Case di quartiere e nei centri interculturali. “Quando si potrà di nuovo, ci piacerebbe anche andare a fare volantinaggio in Barriera di Milano e Aurora a Torino”, mi dice speranzoso Guido. 

Per quanto riguarda la ricerca delle organizzazioni che possano aver bisogno del servizio, Algoritmo Associates si è mossa in due direzioni: una prima, più orizzontale, consiste nell’individuazione, sul territorio locale, di realtà possibilmente interessate: dalla Città Metropolitana di Torino, alle ASL, le diverse istituzioni del Comune, il mondo variegato della Chiesa Cattolica e protestante, i sindacati, le cooperative sociali, la prefettura, il Banco Alimentare, al Sermig. A oggi sono già ben 300 i terminali individuati nell’Area torinese. Questa operazione di ricerca, preliminare alla messa online della piattaforma, ha permesso di fare uno screening delle esigenze dei diversi enti e organizzare il servizio di conseguenza. Quando un’organizzazione si interessa alle traduzioni di Language Aid può infatti selezionare tra diversi ambiti e tipologie di documenti. La seconda direzione, definita da Guido più “verticale” consiste nel prendere contatto direttamente con associazioni e sindacati di braccianti, oppure organizzazioni di supporto medico, su tutto il territorio italiano, così da richiedere direttamente a loro quale tipo di servizio abbiano bisogno e organizzare una prestazione immediata

Sezione del sito dedicata alle organizzazioni.

Le funzionalità oggi disponibili sulla piattaforma sono: 

  • traduzione da testo a testo
  • traduzione da audio a testo e viceversa
  • traduzione audio-audio. Quest’ultima, per lo stato attuale della tecnologia è la più complessa, poiché l’Intelligenza Artificiale non è ancora perfettamente in grado di operare il cosiddetto “Natural Language Processing” e quindi rilevare chiaramente tutte le parole.

Le ultime due funzionalità si potrebbero rivelare molto utili anche se applicate a progetti di cooperazione internazionale. “Ci stiamo muovendo in questo senso, per supportare le Ong e associazioni che operano direttamente nei paesi del Sud del mondo. In questi casi si somma anche una problematica tecnica, dovuta all’assenza di tecnologie avanzate nei paesi in cui si fa cooperazione, oppure alla mancanza di un’alimentazione elettrica continua. Una soluzione che stiamo sperimentando è quella di combinare tecnologie più obsolete, con altre di ultima generazione, per fornire un servizio ad hoc ai progetti di cooperazione e adattare la piattaforma a esigenze specifiche”.

Insomma, il progetto è in continua evoluzione. Guido parla anche di un tentativo futuro di creare un servizio “di mediazione culturale on demand uno a uno”, che consista nel mettere in contatto diretto (tramite telefono) persone con urgenza di traduzione e mediatori. L’obiettivo è comunque sempre quello di permettere a coloro che arrivano sul territorio italiano di superare per lo meno l’ostacolo linguistico, così da poter avere un’esperienza di integrazione il più possibile facilitata. “Io la vedo come una parziale compensazione del danno subito, anche a causa nostra”, afferma Guido, che in questo progetto crede moltissimo.

Migranti con lo Smartphone

coverLe nuove tecnologie digitali non sono affatto un lusso destinato agli abitanti dei paesi più ricchi né un gadget a servizio di un futile intrattenimento: sono piuttosto un bene di prima necessità, in modo particolare per i più poveri, che le utilizzano per soddisfare importanti bisogni primari, tra cui il bisogno, sempre più impellente, di avere a disposizione informazioni e di instaurare comunicazione.

Le mappe degli smartphone, le applicazioni di posizionamento globale, i social media, la messaggistica WhatsApp, solo per citarne alcuni, sono diventati strumenti essenziali per portare a compimento in modo sicuro ed efficace il progetto migratorio. Le reti social, il crowdsourcing, il crowdmapping e i big data stanno apportando significativi cambiamenti nel modo in cui vengono gestite le crisi migratorie.

 

Autore: GianMarco Schiesaro

Anno: 2018

Lingua: italiano

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Barriere linguistiche: come la tecnologia viene incontro ai migranti

Da tempo ormai i migranti sfruttano la rete e le sue possibilità per affrontare e superare le difficoltà che incontrano nel loro percorso, ma anche per restare connessi con i propri affetti e la propria identità. E se fosse invece la rete stessa a venire incontro ai migranti? Se fossero nel web le risposte più efficaci alla crisi migratoria che stiamo vivendo? Continua a leggere

La nuova cultura dell’accoglienza è grassroots e partecipativa.

Una volta arrivati in un nuovo Paese, i migranti si trovano a dover affrontare una nuova sfida: come e dove reperire tutte le informazioni relative all’accoglienza, alla burocrazia, ai servizi sanitari. Per fortuna, anche in questo campo la tecnologia si sta rivelando un alleato prezioso, permettendo in vari modi l’accesso a informazioni aggiornate e verificate.

di Camilla Fogli

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Refunite: la tecnologia incontra il ricongiungimento familiare

Secondo i dati raccolti da UNHCR e Frontex nel 2016 sono stati circa 181.000 i rifugiati arrivati via mare sulle coste europee, e tra questi ben 26.000 sono minori non accompagnati. I dati Eurostat riportano poi che nel 2015 sono stati quasi 400mila i minori non accompagnati che hanno fatto richiesta di asilo in Europa. Questo panorama mostra come uno dei problemi legato alla crisi migratoria che stiamo vivendo è anche legato alla separazione delle famiglie.

di Camilla Fogli

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HiHere, un’app per innovare l’accoglienza

Hi Here, la prima piattaforma social per aiutare i rifugiati e richiedenti asilo nel loro percorso di integrazione. Un’app nata dal lavoro di un team multidisciplinare, che ha voluto creare una soluzione innovativa per far fronte all’emergenza migratoria migliorando il sistema di accoglienza in Italia.

L’idea originale del progetto nasce durante una ricerca sui sistemi di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in Sud Italia, svolta da Martina Manara e Caterina Pedò. Le due giovani architette sono riuscite, in qualche mese di ricerca sul campo, a individuare gli aspetti più critici del sistema di accoglienza italiano per poi proporre un progetto che ne integrasse le soluzioni.

In particolare, le due studentessa hanno individuato alcuni bisogni fondamentali dei migranti che non vengono attualmente soddisfatti dalle varie realtà che si occupano di accoglienza.

  • Legami sociali, con chi resta nel paese d’origine, con migranti e rifugiati di una stessa etnia, con le comunità locali.
  • Informazione, soprattutto in tema di servizi locali di accoglienza e diritto di asilo.
  • Opportunità, spesso a causa del loro isolamento sociale e della scarsità di conoscenze.
  • Voce, i richiedenti asilo hanno spesso difficoltà a farsi sentire: da altri rifugiati, dalle istituzioni e dalla società in generale.

Inoltre, durante la ricerca, è risultato evidente come la maggior parte dei richiedenti asilo investa i propri risparmi nell’acquisto di uno smartphone per potersi connettere negli appositi punti di accesso al wi-fi . Connettendosi i migranti hanno la possibilità di: rintracciare e comunicare con familiari o amici, condividere commenti e informazioni sui territori ospitanti, così come sul diritto d’asilo e sui servizi di accoglienza locali.

Perché allora non creare uno strumento che renda tutto ciò più facile e diretto? Ecco Hi Here, l’app che permette ai migranti di condividere la propria esperienza, raccogliere informazioni essenziali sul diritto d’asilo e stabilire nuovi legami sociali.

Uno degli aspetti più interessanti è che chiunque, richiedenti asilo, realtà locali, ong, può mettere a disposizione il proprio tempo o le proprie abilità a vantaggio degli altri, per dare il proprio contributo all’integrazione.

L’applicazione è stata strutturata in sezioni, ognuna in grado di rispondere ad una delle mancanze individuate.

hihere 1Aiuta i richiedenti asilo a ricostruire i legami sociali interrotti. Gli utenti hanno infatti la possibilità di creare un profilo, registrare i propri dati personali e mappare il proprio itinerario. Grazie ad un motore di ricerca interno possono poi rintracciare e riconnettersi con gli amici e i familiari dispersi, filtrando gli altri utenti secondo determinati criteri.

hihere 2  Fornisce una piattaforma per comunicare ed informare. Da un lato, le diverse ong e associazioni hanno una bacheca a disposizione su cui possono postare annunci e notizie. Dall’altro, una serie di semplici tutorial disponibili in quattro lingue, illustrano le basi della legislazione e della burocrazia italiana in materia di asilo. 

hihere 4

 

Crea una comunità di richiedenti asilo che forniscono reciproco supporto tra loro. Gli utenti possono postare annunci per offrire o cercare aiuto, condividere eventi e ogni altro tipo di opportunità, eludendo il senso di isolamento e favorendo processi di integrazione.

 

hihere 3

Permette ai richiedenti asilo di farsi sentire. Tutti gli utenti, infatti, possono dare valutazioni, scrivere commenti e postare foto sui servizi e le organizzazioni locali. Così, attraverso Hi Here, i richiedenti asilo forniscono un servizio di monitoraggio dal basso, avendo la possibilità di segnalare buone pratiche e casi critici.

 

Photo Credit: www.hihere.eu

 

Un hackathon con e per i migranti, seconda tappa

Prosegue il percorso di Migrathon 2017, dopo l’hackathon di Torino dello scorso dicembre, un nuovo appuntamento a Dakar, dal 3 al 5 marzo, con un hackathon tutto senegalese. Una maratona digitale di tre giorni, in cui gruppi misti di migranti, web  designer e informatici, svilupperanno e contestualizzeranno ulteriormente il primo modello di piattaforma digitale per l’informazione e il sostegno dei migranti interni in Africa Occidentale ideato a Torino e fruibile anche da telefoni di prima generazione e in assenza di connessione internet. Continua a leggere