Tanzania, musica e social media contro la corruzione

Abbattere il muro del silenzio con la musica per parlare di corruzione durante un concerto, alla luce del sole. Tornare a casa, scaricare le canzoni dal cellulare, inviarle ai propri amici e continuare la discussione su Facebook. Chanjo, una campagna contro la corruzione che ha fatto il giro della Tanzania, ha innescato un circuito offline-online che ha diffuso la voce dei tanzaniani attraverso microfoni e social media.

[Serena Carta – dalla rubrica ICT4dev]

Il Global Corruption Barometer (2013) inserisce la Tanzania tra i 14 paesi più corrotti al mondo. Si tratta di una corruzione “sistemica” e “istituzionalizzata”, ci dicono i ricercatori, che ha intaccato i valori, la morale e l’etica della società tanzaniana pervadendone ogni suo aspetto. Le forze di polizia e giudiziarie sono in cima alla piramide delle istituzioni più corrotte, seguite dai servizi pubblici medici ed educativi e le associazioni della società civile. Nel 2007 il Governo di Kikwete ha istituito il Prevention and combating of corruption bureau, un ufficio appositamente dedicato alla prevenzione e contrasto della corruzione, il cui impatto però è ancora tutto da dimostrare.

La musica: vaccino contro la corruzione

Senza aspettarsi cambiamenti dall’alto, nel 2010 il musicista Vitali Maembe ha prodotto un disco intitolato Chanjo, “vaccino” in swahili. Lui stesso vittima della corruzione sin dalla scuola elementare, Maembe ha provato a sviluppare un proprio antidoto contro quella che definisce una “malattia sociale”, usando la musica come strumento simbolico di lotta (come Fela Kuti, Youssou N’Dour o Thomas Mapfumo hanno fatto prima di lui). Il suo iniziale one-man-tour nelle scuole per “vaccinarie i bambini” è diventato una vera e propria campagna nazionale che tra il 2011 e il 2012 ha fatto il giro della Tanzania. Il progetto – Chanjo: una campagna contro la corruzione attraverso la musica, i telefoni cellulari e i social media – è stato supportato finanziariamente dallo Spider center di Stoccolma e organizzato dalla Jua arts foundation for children, una piccola ong creta dallo stesso Maembe con la collaborazione di alcuni colleghi artisti.

“Le persone sono stanche della corruzione, ma non sanno come combatterla. Aspettano che altri facciano qualcosa. Alcuni non si rendono conto che è un crimine, un problema, una malattia. Chanjo invita le persone a svegliarsi, a vedere le cose da un altro punto di vista, a non aspettarsi che la soluzione arrivi dal governo ma ad attivarsi per essere loro stessi motore di cambiamento” ha spiegato Diana Kamara, artista coinvolta nella campagna insieme a Maembe. Per più di un anno la band ha suonato nelle piazze di città e villaggi, combinando performance musicali con momenti di dibattito pubblico. Sono state le singole canzoni a provocare le discussioni, durante le quali era Maembe a moderare e a spronare il pubblico a prendere il microfono e a condividere le proprie idee sulla corruzione a partire dalle esperienze personali.

Un documentario etnografico realizzato da un team di ricercatori dello Spider center ci aiuta a capire il grado di coinvolgimento raggiunto dal progetto. “In un contesto dove non è semplice discutere di problematiche sociali, il progetto Chanjo ha rafforzato la capacità delle persone di prendere la parola ed esprimersi pubblicamente, raccontando la frustrazione, la rabbia e la disperazione causate da una corruzione dilagante” ha scritto la prof.ssa Paula Uilmonen nell’articolo Mediated agency: music and media against corruption in Tanzania (2013).

Il ruolo delle ICT

Oltre ai concerti dal vivo, il team di Chanjo ha aperto un blog e una pagina Facebook che ha aggiornato con foto e video raccolti durante il tour. E’ stato inoltre sempre incoraggiato il download delle canzoni, liberamente disponibili sul web, e la loro condivisione tramite i telefoni cellulari, che in Tanzania vengono comunemente usati per ascoltare la musica. “La combinazione creativa di metodi interattivi e partecipativi offline e un uso strategico dei media digitali ha permesso alla campagna di dilatarsi nello spazio e nel tempo, raggiungendo un pubblico più vasto. L’unione di online e offline, di nuovo e di vecchio, è stata così vincente” ha scritto la Uilmonen.

La voce delle persone, amplificata da un’ICT semplice come il microfono, è rimbalzata e si è diffusa su Facebook, che si dimostrato essere molto più efficace del blog per l’interazione tra ascoltatori e musicisti (secondo l’Internet world stats, gli utenti di Facebook in Tanzania nel 2012 erano poco più di 700.000, il 12% della popolazione online). Il blog è servito da piattaforma su cui caricare le canzoni e su cui sviluppare una narrazione visuale del tour, immortalato da video camere e macchine fotografiche, offrendo così al pubblico la (rara e preziosa) possibilità di rivedersi e riascoltarsi. I telefoni cellulari, utilissimi al team di Chanjo per organizzare la logistica dei concerti, sono stati usati dai cittadini per scaricare e riascoltare le canzoni, condividerle, registrare i concerti e quindi avere un ruolo ancora più attivo durante le performance. L’unione vincente di online e offline di cui ha scritto la Uilmomen, che ha permesso di moltiplicare la dimensione e l’impatto spazio-temporale del progetto Chanjo, trova forse la sua espressione più interessante nell’autobus con cui i musicisti hanno viaggiato per la Tanzania: “L’autobus stesso è stato usato per comunicare, diventando una vera e propria ‘piattaforma mobile’: oltre agli slogan contro la corruzione e il nome della band, sui suoi lati era dipinto anche l’indirizzo del blog”.

Chanjo ha permesso a un gran numero di tanzaniani di avere un ruolo da protagonisti nella lotta contro la corruzione. Difficile misurarne l’impatto, dal momento che l’obiettivo principale della campagna era quello della prevenzione e sensibilizzazione. “Quel che è certo” – per usare le parole del musicista Hussein Masimbi – “è che se la corruzione sarà sconfitta, Chanjo avrà avuto un importanza fondamentale; se invece la situazione non cambierà, Chanjo sarà ricordato per aver provato a combatterla”.

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